Ebbene sì ho appena rimosso qualcuno da quelli che eufemisticamente si chiamano ‘amici’ su Facebook. Lo faccio raramente, perché attribuisco ai social una minima importanza nella vita reale, ma in questo caso si è trattato di una inutilmente aspra polemica nata dal caso della ‘ragazza del Righi’.
Riassumo brevemente: una studentessa di 16 anni, in classe, durante un’ora di buco, ma in presenza di una professoressa e dei compagni si è ripresa con il cellulare facendosi un video su Tik Tok con la pancia scoperta. La professoressa, accortasene, l’ha apostrofata ricordandole che non era sulla Salaria, nota arteria romana battuta da signore di facili costumi.
La mia ormai ex ‘amica’ di Facebook è naturalmente scesa lancia in resta in difesa della sedicenne maleducata come hanno fatto del resto molti altri giovani e tutti gli alunni dello stesso liceo, inscenando un flash mob. ‘Violenza verbale’, ‘discriminazione sessuale’, ‘insulto’ le colpe ascritte alla povera prof, per la quale è stata ottenuta addirittura una indagine disciplinare.
La sedicenne invece secondo la mia interlocutrice è una santa che è stata ‘violata’ da quelle parole, come se a scuola non si andasse per imparare – anche a comportarsi – ma per fare quello che ci pare, quando ci pare, come ci pare. La mia ex ‘amica’ ritiene che la povera sedicenne sia stata umiliata e la cosa che la fa più incazzare è che molti si ‘ergano a difesa della professoressa’.
Siamo in presenza di un vero e proprio rivolgimento della morale e della logica. Sembra di rivivere la stagione di Berlusconi, quando l’indagato per gravissimi reati incolpava i giudici di persecuzione, come se non fosse lui a perpetrarli. In questo caso, fortunatamente, non c’è nessun reato se non quello contro il buon gusto, l’educazione, le regole del vivere civile.
Era nientedimeno Nelson Mandela a dire che ‘l’educazione è il grande motore dello sviluppo personale. È grazie all’educazione che la figlia di un contadino può diventare medico, il figlio di un minatore il capo miniera o un bambino nato in una famiglia povera il presidente di una grande nazione.’ Presumo quindi che difficilmente la ragazza in questione diventerà mai presidente di alcunché, proprio perché nessuno avrà mai più il coraggio di dirle come ci si dovrebbe comportare in determinati consessi.
La mia antagonista social ovviamente mi ha accusato di ipocrisia, replicando il trito slogan ‘le donne si possono mettere quello che vogliono’. Certo che possono, quando vanno per strada o dove altro vogliano, ma non ovunque. A nessuno con la panza di fuori viene concesso di entrare in Parlamento, in chiesa, in una moschea, in una sinagoga o in un tempio buddista. Perché sono templi dove si celebrano dei riti. Anche la Scuola lo è. E’ il tempio della conoscenza e a profanarlo non è stata certo la frase della professoressa esasperata dalla sua allieva ma, di questa, la pertinace maleducazione.
Se alla scuola diamo tanto poco valore da ridurla a set per Tik Tok, essa avrà per quello studente sempre un misero valore. Peraltro, cosa vuoi dire ad una che scambia una classe per il Goa? La professoressa ha detto – in maniera molto più delicata – quello che avrebbero esclamato molti genitori nella medesima situazione. Se quelli della sedicenne in questione non lo hanno mai fatto, forse il problema vero non è lei, né la prof, ma sono loro.
Sono perfettamente d’accordo che in questa storia c’è stata una grave mancanza di rispetto, ma non da parte della docente, bensì da parte della ragazza che, vista la sollevazione di scudi in suo favore, non imparerà nulla da quanto accaduto, anzi. In sua difesa c’è solo la sua età, sedici anni.
Più grave è la condizione della mia ex ‘amica’ di Facebook che di anni ne ha il doppio.