L’associazione The Good Lobby incoraggia la partecipazione dal basso e promuove campagne per realizzare cambiamenti sociali di lungo termine, promuovendo le collaborazioni fra cittadini, organizzazioni non profit, aziende impegnate nel sociale e professionisti, specialmente del settore legale. Da sempre impegnata per superare il groviglio di interessi tra economia e politica e per arginare il fenomeno delle porte girevoli, nell’appello per estendere la legge sul lobbying anche a enti come i sindacati e Confindustria, l’associazione è affiancata dalla comunità accademica specializzata, con le firme di docenti europei e statunitensi. Una comunità che ha espresso la propria preoccupazione in merito agli emendamenti alla legge sul lobbying che disciplinano gli obblighi di registrazione e trasparenza delle associazioni imprenditoriali e sindacali.

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L’elezione del Presidente della Repubblica si è conclusa e ora il Senato deve prendere in mano la proposta di legge sul lobbying, che ricordiamo è stata approvata alla Camera lo scorso dicembre con 339 voti favorevoli, 49 astenuti e nessun contrario. Non era mai successo in 50 anni che una legge su questo tema venisse votata in Aula.

Ora il Senato avrà la possibilità di correggerne un vulnus importante: l’esclusione delle associazioni imprenditoriali come Confindustria e dei sindacati dagli obblighi di trasparenza previsti dalla normativa. Molti deputati hanno difeso la decisione affermando che questi soggetti in realtà svolgono attività di concertazione. Verissimo, tuttavia fanno anche attività di lobbying, anzi, una fortissima attività di lobbying, a cui devono essere applicate le stesse regole che valgono per tutti gli altri.

A lanciare un appello alla politica italiana su questo aspetto, a sostegno delle richieste della coalizione Lobbying4Change, ci sono anche 42 professori universitari e ricercatori esperti di lobbying e politiche pubbliche europei e americani (qui l’elenco completo). Gli accademici chiedono di affidarsi all’evidenza scientifica. Numerose ricerche dimostrano infatti che restringere il campo di applicazione delle regole di rappresentanza di interessi, attraverso definizioni di lobbying deficitarie ed esenzioni per particolari categorie, mina gravemente la solidità e la legittimità delle norme sulla trasparenza. Il recente lavoro di MacKay e Wozniak sulla regolamentazione del lobbismo nel Regno Unito dimostra proprio come un approccio ristretto alla definizione di lobbying possa portare all’esclusione del 90% dei lobbisti dai requisiti di trasparenza.

Se questo non bastasse, ricerche comparative condotte in quindici Paesi e nell’Unione Europea documentano come i regolamenti di maggior successo e più solidi sono quelli che includono tutte le categorie di organizzazioni politicamente attive, dalle società di consulenza assunte per conto di terzi, alle organizzazioni imprenditoriali, sindacali e non governative. È per questa ragione che i 42 accademici raccomandano vivamente di includere nella disciplina dell’attività di rappresentanza di interessi tutte quelle organizzazioni il cui fine è anche quello di influenzare le politiche pubbliche.

Se l’obiettivo di questa legge è quello di migliorare la trasparenza, la fiducia nelle istituzioni e la partecipazione di interessi privati ​​nella formulazione delle politiche pubbliche, allora è necessario che i requisiti di trasparenza si applichino a tutte le organizzazioni coinvolte in attività di lobbying (associazioni imprenditoriali e sindacali comprese).

Oltre che su questa questione di primaria importanza, ci sono almeno altri due aspetti della legge che devono essere corretti e migliorati.

Per prevenire il fenomeno delle porte girevoli, molto comune in Italia, il periodo di raffreddamento, ovvero il lasso di tempo che chi ha ricoperto un incarico pubblico deve fare passare prima di poter assumere la posizione di lobbista, deve essere di due anni, sia per i membri del governo (per i quali è previsto solo 1 anno), che per i Parlamentari, al momento “graziati” dalle disposizioni previste.

E’ fondamentale, inoltre, includere tra i decisori pubblici anche gli alti dirigenti con potere di firma, in modo da tracciare i loro incontri con i lobbisti e monitorare le attività decisionali che ruoteranno intorno al PNRR, e non solo.

Ci auguriamo davvero che il Senato tenga conto dei fatti e metta l’interesse collettivo davanti ai capricci di qualche categoria. Noi faremo di tutto per farci sentire: voi potete aiutarci firmando la petizione per una regolamentazione del lobbying uguale per tutti.

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