Economia & Lobby

Tra Draghi e i partiti c’è insofferenza: le burocrazie liberiste sono il problema, non la soluzione

di Pietro Francesco Maria De Sarlo

Stando alle cronache di questi giorni aumenta la reciproca insofferenza tra Draghi e i partiti, e persino tra Draghi e alcuni ministri. Oggetto del contendere la richiesta di questi, e dei parlamentari, di leggere gli editti del Migliore prima di approvarli. Pretese assurde in democrazia! Pensate che in un anno di vigilia elettorale i partiti e i politici hanno l’ardire di salvaguardare, almeno in facciata, i legittimi interessi del corpo sociale ed elettorale che li vota. Tutti tranne il Pd, che da decenni rappresenta in Italia le truppe cammellate delle burocrazie liberiste europee e ha un corpo elettorale mitridatizzato. Da sempre sono convinto, invece, che queste, come Draghi, siano il problema e non la soluzione.

Negli anni Novanta, per rispettare i parametri di Maastricht, i governi italiani decisero di (s)vendere il patrimonio pubblico e di cancellare e abbattere tutti gli investimenti in infrastrutture. L’effetto sul rapporto debito/Pil fu immediato e riuscimmo ad entrare nell’euro. Non avendo però modificato la struttura produttiva e non avendo maturato una visione di sviluppo del Paese in poco tempo la nostra economia divenne insostenibile. Come una azienda che non facendo investimenti, licenziando i dipendenti e non avendo nessuna strategia di prodotto o di mercato, alla fine è destinata a portare i libri in tribunale.

Passata la breve euforia della moneta unica il primo stormir di fronde, la crisi dei subprime, fa venire tutti i nodi al pettine rendendo evidente la difficoltà nel governare economie tanto diverse con un’unica moneta e una unica politica monetaria. La colpa fu data ai Piigs (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna) e alla sostenibilità dei loro debiti. Non potendo agire sul cambio e l’inflazione o sui trasferimenti interni, cose con cui l’Italia si è tenuta in qualche modo insieme, nacquero le politiche di rigore. A tutti quelli che danno la colpa di tutto sempre e comunque alla politica e ai partiti ricordo che il 5 agosto 2011, a firma Draghi-Trichet, l’Europa inviò una lettera di prescrizioni al governo Berlusconi. Tutti i punti di quella lettera furono attuati dai governi Monti e Renzi.

La politica, sobbarcandosi tutto l’onere della conseguente impopolarità, i compiti a casa li fece e li fa sempre. Il punto è che erano compiti palesemente sbagliati. Nel 2017 nell’allegato al DEF del governo Gentiloni c’è scritto nero su bianco che quelle politiche, solo dal 2012 al 2015, ci costarono 300 miliardi di Pil, con conseguente aumento del debito pubblico. Ora per prosperare occorre questa riforma della giustizia, liberalizzare le spiagge e la gestione di tutti i beni pubblici, oppure è fondamentale il limite del prelievo di contanti? Si dice che serva per ottenere i fondi del Pnrr, nella presunta certezza che il conseguente aumento di debito produca miracoli. Cosa di cui dubito visto che il Pnrr, di nuovo, non modifica la struttura produttiva del Paese e non prevede infrastrutture significative proprio nell’area a maggior potenziale e che potrebbe diventare il centro logistico del Sud Europa.

Quando il Presidente della Repubblica dice “Poteri economici sovranazionali tendono a prevalere e a imporsi, aggirando il processo democratico”, credo che si riferisca proprio a quelle burocrazie liberiste rappresentate da Mario Draghi che da 30 anni ci somministrano, consapevolmente o meno, ricette sbagliate per fatti concludenti.

Da trent’anni ci raccontiamo che la politica italiana è incapace, quindi occorrono cessioni continue di sovranità all’Europa. Questa ci impone ricette che non funzionano ma che la politica applica. Continuiamo a dar la colpa alla politica e quindi facciamo ulteriori cessioni di sovranità e democrazia: e così via, precipitando in una spirale senza fondo. La salvezza? È come Porta Lodovica del paradosso di Umberto Eco: per questa via non esiste.

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