Il presidente Usa insiste: "La Russia vuole creare false giustificazioni per una guerra contro Kiev. Non è saggio che Zelensky lasci il Paese". I russi hanno annunciato un nuovo ritiro di carrarmati. E resta aperta la porta alla diplomazia: il 23 incontro Blinken-Lavrov. Ma il Donbass sembra una polveriera - tra esplosioni e scambi di accuse - e Putin dichiara: "Quello che sta accadendo lì è potenzialmente molto pericoloso"
La crisi dell’Ucraina procede col ritmo che l’opinione pubblica mondiale ha imparato a conoscere nelle ultime settimane: fughe in avanti e smentite, comunicati al veleno e annunci di colloqui ed incontri, la propaganda e la controinformazione, il lavoro della diplomazia e le prime tensioni da “guerra guerreggiata”, nel Donbass, regione sotto l’influenza russa già da 8 anni. La giornata di venerdì si è consumata ancora con questa andatura e si è conclusa con l’intervento del presidente degli Stati Uniti Joe Biden dalla Casa Bianca: ha ripetuto quello che ha detto già diverse volte negli ultimi giorni: “Sono convinto che Vladimir Putin ha preso la decisione di invadere”. Il presidente americano non ha cambiato opinione nonostante negli ultimi giorni le manovre delle forze armate russe si siano apparentemente diradate. Mosca, ribadisce Biden, cerca di provocare l’Ucraina e di creare “false giustificazioni” per una guerra contro Kiev. Tanto che “potrebbe non essere saggio” per il presidente ucraino Volomydyr Zelensky lasciare il Paese ora. Prima di parlare, tra l’altro, Biden ha avuto un colloquio di 45 minuti con gli alleati europei “per discutere il rafforzamento militare russo dentro e intorno all’Ucraina: abbiamo concordato sul nostro supporto all’Ucraina, di continuare i nostri sforzi diplomatici, e affermato che siamo pronti a imporre costi massicci alla Russia se dovesse scegliere un ulteriore conflitto”. Il ragionamento di Biden si conclude come tutti quelli degli ultimi tempi: “Non è mai troppo tardi” per la diplomazia.
E infatti la notizia è che il 23 febbraio il segretario di Stato Antony Blinken incontrerà il ministro degli Esteri russo Serghiei Lavrov. “A meno che i russi non invadano l’Ucraina” è la coda della comunicazione della Casa Bianca. L’ipotesi di un’invasione è stata definita dal Lavrov “fake news che fanno sorridere”. “Chiunque sia interessato più o meno alla politica estera – ha aggiunto – ha capito che questo è nient’altro che propaganda. Gli autori di queste storie false devono credere in quello che dicono. Gli piace, e va bene così se loro sono contenti”. E però è il presidente russo Vladimir Putin ad ammettere – attraverso un suo portavoce – che “quello che sta accadendo” nell’Est dell’Ucraina “è molto preoccupante e potenzialmente molto pericoloso”. “La situazione si sta deteriorando”, ha rincarato il Cremlino, convinto che gli occidentali troveranno “una scusa” per infliggere sanzioni a Mosca senza rispondere alle sue istanze sulla sicurezza europea, che Berlino ha liquidato come “richieste da Guerra Fredda“.
Durante la giornata sono proseguiti i colloqui per spingere verso una de-escalation. Il ministro della Difesa russo, Serghiei Shoigu, e il segretario alla Difesa Usa, Lloyd Austin, si sono sentiti al telefono. Tra gli altri Biden ha sentito anche il presidente del Consiglio italiano, Mario Draghi, nel corso del quale i due leader hanno “riaffermato l’impegno alla sovranità e all’integrità territoriale dell’Ucraina” e la prontezza a imporre “severi costi economici se la Russia invade”. Duro l’avvertimento di Berlino: “Se si arrivasse a un’aggressione militare – dichiara la ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock – questa avrebbe massicce conseguenze per la Russia, finanziarie, politiche ed economiche. Siamo pronti come Germania a pagare un alto prezzo economico, anche sul Nord Stream 2“. Giovedì si terrà anche un summit virtuale dei leader dei Paesi del G7.
Il Donbass come una polveriera
E mentre le diplomazie si parlano o cercano di farlo nel territorio ucraino cosa succede? Il Donbass pare una polveriera già in fiamme. Nell’Est, nei territori occupati dai separatisti filo-russi, è scattata un’allerta che ha portato a un ordine di evacuazione di civili. I leader ribelli dell’autoproclamata repubblica hanno motivato l’ordine ribaltando le accuse, cioè accusando Kiev di preparare un’invasione: “Oggi viene organizzata una partenza massiccia e centralizzata della popolazione verso la Federazione Russa, prima di tutto devono essere evacuati donne, bambini e anziani“, ha spiegato Denis Pushilin in un video pubblicato sul suo account Telegram. Dopo questa comunicazione – stando all’agenzia di stampa russa Tass – si è creata una coda lunga fino a 22 chilometri lungo il confine tra Donetsk e la Russia. Lo stesso ordine è stato pronunciato anche a Lugansk. Putin ha disposto il pagamento di una somma di 10mila rubli (circa 120 euro) per ogni persona che verrà evacuata.
Ma non solo. I leader della autoproclamata Repubblica popolare di Lugansk ha fatto appello “a tutti gli uomini” pronti ad imbracciare le armi perché difendano l’entità separatista, accusando l’esercito ucraino di avere aperto il fuoco 30 volte contro il loro territorio “con pezzi di artiglieria, mortai e carri armati“, dice ancora la Tass. Proprio a Luhansk nella serata di venerdì si è verificata un’esplosione che ha provocato un incendio al gasdotto Druzhba.
L’autobomba vicina ai palazzi governativi di Donetsk e lo scambio di accuse
E’ la seconda registrata in giornata. La prima era stata causata da un’autobomba vicino al palazzo governativo dell’autoproclamata Repubblica popolare di Donetsk e apparteneva al capo delle milizie della Dpr, Denis Sinenkov. Kiev ha smentito “categoricamente” gli attacchi e l’intenzione di programmare un’offensiva. Il timore è che in queste aree possa presto deflagrare definitivamente un nuovo sanguinoso conflitto, dopo quello che 8 anni fa ha provocato circa 14mila vittime. Ma in questo continuo gioco a carte coperte delle due parti era stato di nuovo Blinken a parlare di “false provocazioni” della Russia, bollando l’esplosione dell’autobomba come operazione “sotto falsa bandiera”. Nel frattempo, proprio come ha deciso alcuni giorni fa Washington, anche l’ambasciata britannica in Ucraina si trasferirà temporaneamente da Kiev a Leopoli. Da parte sua il governo ucraino smentisce qualsiasi offensiva pianificata nelle regioni separatiste: “Siamo totalmente e unicamente impegnati nella soluzione diplomatica del conflitto”.
I movimenti delle truppe russe – Tutto mentre vicino al confine la Russia ha annunciato un nuovo ritiro di carri armati tra quelli che nelle scorse settimane erano schierati a ridosso del confine con l’Ucraina per svolgere le esercitazioni all’origine della nuova crisi tra i due Paesi. Dopo la decisione di spostare i propri mezzi, smentita da Kiev e da parte dei suoi alleati occidentali, Stati Uniti in primis, il Cremlino sembra voler lanciare un nuovo segnale di distensione: “Un altro treno militare che trasportava personale e attrezzature appartenenti alle unità di carri armati del distretto militare occidentale è tornato alla sua base permanente”, ha affermato il ministero della Difesa in un comunicato. Allo stesso tempo, un portavoce della flotta russa ha annunciato il ritiro di dieci bombardieri Su-24 dalla Crimea. Le unità e i mezzi militari, ha precisato il ministero nella nota, sono arrivate nelle loro “basi permanenti nella regione di Nizhny Novgorod dopo aver completato le previste esercitazioni”. Secondo Kiev, il numero di soldati russi ha raggiunto la soglia dei 149mila. La Russia ha inoltre annunciato che sabato effettuerà, sotto la supervisione del presidente Vladimir Putin, manovre delle sue “forze strategiche”, in particolare con il lancio di missili balistici e da crociera. Da quanto si apprende, comunque, le esercitazioni si terranno in aree della Russia occidentale e meridionale, quindi distanti dalla linea del fronte.