In caso contrario non saranno riconosciuti gli sgravi. L’Agenzia delle entrate, per la verifica dell’indicazione del contratto collettivo applicato, si avvarrà dell’Ispettorato nazionale del lavoro, dell’Inps e delle Casse edili. La disposizione non si applica ai lavori già avviati alla data di entrata in vigore del decreto
Insieme alla revisione della stretta sulle frodi arrivano anche norme che obbligano da ora in poi le imprese, per ottenere i bonus edilizi, ad applicare ai lavoratori il contratto nazionale di settore firmato dai sindacati maggiormente rappresentativi. Incentivi per la riqualificazione energetica e sismica e Superbonus dovrebbero così contribuire alla lotta contro le morti sul lavoro. Venerdì il consiglio dei ministri, infatti, ha dato via libera alla norma proposta dal ministro del Lavoro Andrea Orlando in base alla quale i bonus non potranno essere riconosciuti per lavori edili quelli “eseguiti da datori di lavoro che non applicano i contratti collettivi del settore edile, nazionale e territoriali, stipulati dalle associazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”, si legge nel testo. E il contratto collettivo applicato “deve essere indicato nell’atto di affidamento dei lavori e riportato nelle fatture emesse in relazione all’esecuzione dei lavori”.
Secondo Orlando “è un passo importante per il settore e in generale in termini di utilizzo della spesa pubblica per migliorare la qualità del lavoro”. L’intento è quello di assicurare il rispetto dei diritti garantiti dalla contrattazione collettiva su salario, orario, ferie e malattie, ma anche “formazione e maggiore sicurezza“. L’Agenzia delle entrate, per la verifica dell’indicazione del contratto collettivo applicato, si avvarrà dell’Ispettorato nazionale del lavoro, dell’Inps e delle Casse edili. La disposizione non si applica ai lavori già avviati alla data di entrata in vigore del dl.
Tornando alle norme anti frode, il governo ha fatto dietrofront sulla norma che impediva cessioni dei crediti successive alla prima. Correggendo la stretta che di fatto aveva strozzato il mercato dei crediti ceduti, creando incertezza e spingendo alcune banche, ma anche Poste e Cdp, a bloccare temporaneamente le nuove acquisizioni in attesa di un chiarimento. Le cessioni multiple tornano quindi di nuovo possibili, ma con limiti e nuove sanzioni più dure per chi truffa lo Stato. In base alle nuove norme la circolazione dei crediti può riprendere, ma dopo la cessione del primo richiedente, sono consentite soltanto “due ulteriori cessioni” solo se effettuate “a favore di banche e intermediari finanziari iscritti all’albo”. Inoltre “al credito è attribuito un codice identificativo univoco, da indicare nelle comunicazioni delle eventuali successive cessioni”. Le disposizioni si applicano alle cessioni inviate all’Agenzia delle entrate dal primo maggio 2022. Non solo. Per scoraggiare chi tenta di farsi rimborsare spese fittizie o gonfiate, arrivano multe e anche il carcere per il “tecnico abilitato” che, nelle asseverazioni necessarie per ottenere i bonus edilizi, “espone informazioni false o omette di riferire informazioni rilevanti sui requisiti tecnici del progetto di intervento o sulla effettiva realizzazione”, oppure “attesta falsamente la congruità delle spese”. La reclusione va da due a cinque anni e la multa da 50.000 a 100.000 euro. Pena aumentata “se il fatto è commesso per conseguire un ingiusto profitto per sé o per altri”.