Tutti lo vogliono, tutti lo cercano. E’ il giorno del primo congresso di Azione, il partito fondato da Carlo Calenda. E all’ex ministro che dice che la sua forza politica sarà “la terza scelta tra sovranisti e populisti”, arrivano aperture di credito da sinistra e da destra. Il segretario del Pd Enrico Letta si sbilancia dalla balaustra come un ultrà: “Sono sicuro che insieme faremo grandi cose per il futuro del nostro Paese, che insieme senza ambiguità vinceremo le politiche del 2023 e dopo il voto daremo un governo riformista, democratico e europeista eletto dai cittadini per rendere la politica al servizio del nostro Paese”. Ma non si schermisce nemmeno il ministro per lo Sviluppo, Giancarlo Giorgetti: “Non vi posso promettere come ha fatto Letta che vinceremo insieme le elezioni, ma sono certo che tra noi ci saranno ampi margini di collaborazione“. Antonio Tajani, il vice di Berlusconi, aggiunge che “le riforme sono fondamentali, a partire da quella della giustizia, dove è possibile avere convergenza. Su questo c’è grande sintonia”. E si sa che quando si parla di giustizia in Forza Italia il più è fatto. E lui, Calenda, per ringraziare, apparecchia bene la tavola: “Non dialoghiamo e non accettiamo il confronto con M5s e Fdi: è una scelta netta e definita. Il dialogo parte da valori comuni. Dove nella matrice, nelle radici culturali dei popolari, dei liberali e dei socialdemocratici viene la possibilità di sottomettersi ai sovranisti e ai populisti”. “Con qualunque sistema elettorale non saremo mai alleati con populisti e sovranisti” insiste. Calenda rivendica che il suo partito è il sesto (dicono i sondaggi), aggiunge che si chiama così perché si richiama al partito d’Azione e quindi si rifà a un orientamento liberal-socialista ma allo stesso tempo nega perfino un dialogo con il primo partito in Parlamento e con il primo partito del centrodestra.
Nella lista delle proscrizioni, com’è evidente, manca la Lega. “Penso che se la Lega è quella di governo che accetta il destino comune europeo e diventa un partito popolare italiano insieme a Fi ci si deve dialogare”. Una mappatura che sembra far scorgere all’orizzonte le elezioni del 2023 e il tentativo di anticipare la prosecuzione dell’esperienza attuale del maxi-governo, che per qualcuno nella maggioranza è un’eccezione e per qualcun altro un desiderabile schema fisso. Tra i secondi c’è proprio Calenda: “Se dopo le elezioni del 2023 ci sarà la stessa maggioranza di oggi voglio vedere chi potrà dire: non governa Draghi, governi Michetti. Draghi non vuole fare politica, ma vuole governare”.
Il leader di Azione si rivolge ai dirigenti di partito invitati e seduti in platea, Letta, Tajani, Giorgetti, Speranza, Rosato (non ci sono Salvini e Renzi): “Noi con non saremo mai alleati con i populisti e i sovranisti, la scelta è nel vostro campo”. Certo, c’è il problema della legge elettorale. Servirebbe un proporzionale puro per correre a tutta velocità ognun per sé e poi formare maggioranze a piacimento all’indomani del voto. Ma anche il Rosatellum attualmente in vigore, che è un po’ maggioritario (per finta) e un po’ proporzionale, ha dimostrato che raggiungere una maggioranza in Parlamento è molto complicato: in questa legislatura ci sono stati tre governi, con le combinazioni più fantasiose. E sarà ancora più difficile nel prossimo Parlamento che sarà significativamente ridotto e quindi lascerà meno margini – e più ridotti – agli schieramenti potenzialmente vincenti.
A margine Calenda ne ha per tutti, nel bene e nel male: “Letta è un amico, è una persona che stimo. Bisogna parlarci. Saremo indipendenti”; “La Lega può essere un interlocutore se decide cosa essere. Se è quella di Giorgetti si può dialogare”. Dall’altra parte, invece, “il M5s ha inquinato la politica italiana. Dicendo che uno vale uno hanno distrutto industria 4.0 , la Tap. Io quelle cose non me le dimentico perché un partito che non ha valori non è un interlocutore perché rappresenta un disvalore per l’Italia “. Il posizionamento di Azione, nel frattempo, resta in sospeso: “Dobbiamo decidere se siamo di centro, di sinistra o di destra – dice l’ex ministro – E in Italia farlo è una cosa complicatissima: il M5s è stato di destra, di sinistra e di centro – aggiunge -. La Lega non era pericolosamente vicina al fascismo e adesso ci lavoriamo insieme?”.