La polizia è stata avvertita da un giovane che recupera ferro e vecchi materiali. I resti sono immersi in un liquido per la conservazione medica: secondo una prima ipotesi potrebbero provenire da una biblioteca universitaria, spostati per una ristrutturazione e mai tornati al loro posto
Resti umani e feti conservati all’interno di decine di fusti gialli, etichettati con il simbolo dei rifiuti biologici speciali e abbandonati in un capannone della zona industriale di Granarolo, in provincia di Bologna. È quanto ha scoperto la Squadra Mobile della questura di Bologna mercoledì sera appena arrivata nel magazzino, dopo essere stata chiamata da un ragazzo che recupera ferro e vecchi materiali nelle aziende della zona. La notizia è stata riportata dall’edizione locale del Resto del Carlino. Un ritrovamento macabro, su cui ora gli investigatori stanno cercando di fare piena luce. La polizia è stata chiamata mercoledì da un ragazzo che solitamente recupera ferro e vecchi materiali dalle aziende della zona e si sarebbe accorto del contenuto dei bidoni prima di caricarli sul suo furgone.
I feti erano immersi in un liquido che potrebbe essere formaldeide e i fusti conservati nel magazzino di una ditta di trasporti, traslochi e smaltimento rifiuti. Gli investigatori, ipotizzando uno smaltimento illegale di rifiuti, perché così vengono considerati, hanno cominciato subito a contattare ospedali e le strutture sanitarie, tra i quali il Policlinico Universitario Sant’Orsola, e dai primi accertamenti è emerso che i barili proverrebbero proprio da una struttura universitaria di Bologna, una biblioteca di anatomia, che probabilmente li conservava per motivi di studio e di ricerca. Secondo quanto ricostruito, alcuni anni fa ci fu una ristrutturazione con sgombero dei locali ed è stato in quell’occasione che i contenitori furono trasportati nel capannone della ditta di traslochi, dove sarebbero rimasti fino a mercoledì scorso, quando il ragazzo si è accorto del contenuto. “E’ tutto regolare, è roba di un museo, non c’è niente di nascosto”, ha spiegato il titolare della ditta intervistato dal Tgr Rai Emilia-Romagna, aggiungendo di non aver assolutamente chiesto al giovane di smaltire i rifiuti. “Sono lì in magazzino da non so quanti anni e se avessi voluto liberarmene lo avrei fatto da tanto tempo”, ha aggiunto.
Il rettore dell’Università di Bologna, Giovanni Molari, ha spiegato che “al momento le indagini in corso non consentono una valutazione piena e chiara dell’accaduto e sconsigliano di pronunciarsi, nel doveroso rispetto del lavoro svolto dagli inquirenti. Allo stesso tempo stiamo conducendo le opportune verifiche interne. Naturalmente io per primo ritengo indispensabile fare piena luce sulla vicenda e forniremo il pieno sostegno agli inquirenti”.
L’area, così come i fusti, dopo il sopralluogo dei vigili del fuoco del Nucleo Nbcr, è stata messa sotto sequestro, già convalidato dalla Procura che ipotizza provvisoriamente, in attesa di comprendere meglio i termini della vicenda, un reato legato all’illecito trattamento di rifiuti speciali, a carico del titolare del capannone, che potrebbe essere sentito per chiarire se fosse o meno a conoscenza del contenuto dei barili. Nel ricostruire a ritroso la catena degli eventi, soprattutto il perché i fusti con i feti siano finiti nel capannone dopo la ristrutturazione della biblioteca di anatomia, potrebbero essere accertate altre responsabilità, ma essendo passati tanti anni è possibile che eventuali reati siano prescritti.