L'ex premier avverte Pd e Leu: "Il M5s è a forte impronta progressista". Ma rilancia: "Facile riempirsi la bocca di riformismo, altro conto è cambiare l'Italia con i fatti". E ricorda le battaglie del Movimento, dal reddito di cittadinanza alla Spazzacorrotti al taglio dei parlamentari e al superbonus
“Creare accozzaglie per puntare solo alla gestione del potere senza la reale prospettiva di un governo che serva davvero a cambiare il Paese a noi non interessa”. La risposta del leader del M5s Giuseppe Conte a Carlo Calenda arriva tramite dichiarazioni fatte filtrare su tutti i giornali, in fotocopia, e non smentite. L’arietta da larghe intese per l’eternità che tira al congresso di Azione non piace affatto all’ex premier. Anche perché i 5 Stelle sono finiti nella lista di proscrizione di Calenda che ha detto che dialoga con tutti – Lega compresa – ma non con grillini e Fratelli d’Italia. Il desiderio più intimo, ovviamente, è replicare questa maggioranza, senza qualche pezzo che non piace, per perpetuare la presenza di Mario Draghi a Palazzo Chigi. Calenda l’ha detto chiaro: “Draghi non vuole fare politica, ma vuole governare“.
Conte risponde a Calenda perché Enrico Letta intenda: “Prendiamo atto dell’arroganza e dei veti, ma li lasciamo ad altri. Il nostro progetto politico è a forte impronta progressista. Su questo dobbiamo confrontarci e ci confronteremo, non sulle chiacchiere. E sul tavolo di confronto saremo forti e orgogliosi delle nostre idee e dei nostri progetti con cui abbiamo trasformato e continueremo a trasformare il Paese”. Il punto del ragionamento dell’ex presidente del Consiglio nella replica a Calenda che invoca le riforme è questo: “Facile riempirsi la bocca di riformismo, altro conto è cambiare l’Italia con i fatti. Le riforme e le scelte più innovative di questi anni portano il nome del M5s: superbonus, digitalizzazione, lotta all’evasione e cashback, reddito di cittadinanza, Spazzacorrotti, tagli dei costi della politica”. E Conte sembra mandare l’ultimo messaggio a Letta: “C’è una differenza sostanziale fra campo largo e campo di battaglia”.
Dal congresso di Azione Calenda va di nuovo a nozze perché l’esclusione dei 5 Stelle è proprio quello che vuole da Letta: “Conte parla di accozzaglia? Penso che abbia ragione: questo campo largo è un’accozzaglia. Francamente poi non so se sceglierebbe oggi di andare comunque a guidare il Movimento. Io non ho niente contro Conte ma abbiamo un modo diverso di vedere il governo”.
Il duello tra l’ex ministro e l’ex premier non è certo alla prima puntata. Già nei mesi scorsi si erano lanciati epiteti di vario genere, “trasformista” da una parte”, “arrogante” (di nuovo) dall’altra. Un paio di settimane fa uno spiraglio di un possibile dialogo sembrava uscire da una frasetta buttata in mezzo a un’intervista da Calenda che aveva definito Conte “una persona che ha un profilo istituzionale e un certo prestigio“. Parole molto distanti, per esempio, da quelle che è solito usare Matteo Renzi. Certo, la conclusione del discorso non si discostava molto nel giudizio: “Non capisco come sia passato per la testa a Conte di mettersi in mezzo a quel branco di matti”.
Il nodo da sciogliere ora rimane tutto in mano a Letta che si è chiuso da solo in un apparente vicolo cieco quando ha entusiasticamente profetizzato che insieme a Calenda “vinceremo le elezioni”. Ma senza il contributo elettorale del M5s, ad oggi, sembra alquanto improbabile.