Cronaca

Covid, Remuzzi: “All’inizio non ci abbiamo creduto. La comunità scientifica ha enorme responsabilità nel disastro di questi due anni”

Il direttore dell’istituto Mario Negri di Milano intervistato dal Corriere della Sera ripercorre i due anni di pandemia. Svela di aver assistito alla partita Atalanta-Valencia disputata a San Siro il 19 febbraio che fece diffondere il contagio: "Eravamo ben lontani da una corretta percezione della realtà". Non nega poi di aver avuto paura: "A un certo punto, dissi a uno dei miei più cari amici: qui moriamo tutti"

“È un rimorso che mi porterò dentro per sempre. La comunità scientifica, della quale faccio parte, ha una enorme responsabilità nel disastro di questi due anni”. È quanto dice il direttore dell’istituto Mario Negri, Giuseppe Remuzzi in una intervista al Corriere della Sera parlando dei due anni di pandemia e della reazione che ebbe quando gli fu mostrato lo studio pubblicato il 24 gennaio su Lancet nel quale i colleghi cinesi che avevano studiato i pazienti infettati da un nuovo Coronavirus a Wuhan, annunciavano cosa sarebbe accaduto. “Non ci abbiamo creduto – sottolinea Remuzzi – nel giro al massimo di 72 ore avremmo dovuto dare vita a una mobilitazione, avvertire le autorità, far sentire la nostra voce, parlare con i singoli ricercatori. Invece, abbiamo perso tempo, abbiamo perso almeno quelle 4 settimane che poi furono fatali alla mia Bergamo“.

Remuzzi svela di aver assistito alla partita Atalanta-Valencia disputata a San Siro il 19 febbraio che fece diffondere il contagio: “Non andavo allo stadio da 20 anni – ricorda – racconto questa vicenda per dire come nonostante le conoscenze tecniche che stavamo immagazzinando, eravamo ben lontani da una corretta percezione della realtà. Dopo, è facile per tutti fare i professori. Ma quella sottovalutazione generale rimane l’errore più grande”. Poi, nei giorni in cui Bergamo fu travolta dal virus, non nega di aver avuto paura: “A un certo punto, dissi a uno dei miei più cari amici: qui moriamo tutti“.

Il medico spiega inoltre che un’altra cosa di cui si pente è l’aver partecipato alle trasmissioni televisive che secondo lui contribuiscono solo a diffondere disinformazione: “Non accetterei più l’invito a quei talk show in cui chiamano te, un no vax, due politici e tre influencer, e ti fanno dire una cosa in un minuto, tra decine di voci dissonanti. Non mi piace niente di quel formato, perché non si parla davvero“. Remuzzi, infine, descrive il giorno della vaccinazione come il migliore: “La data precisa è il 27 dicembre 2020 – ricorda – il direttore dell’azienda sanitaria di Bergamo mi chiese di fare il vaccino per primo. Provai una sensazione di grande privilegio, della quale quasi mi vergognavo”.