di Michele Sanfilippo
E dopo i successi sui palcoscenici di tutto il mondo, specialmente in Italia ed in Arabia Saudita, la popolarità di Renzi è tale che alle prossime elezioni probabilmente non lo voterà neppure sua madre. Per questo il compito di spaccare quella saldatura a (più o meno) sinistra tra Pd e Movimento 5 Stelle, che da così tanto fastidio a Confindustria ed ai suoi mezzi d’informazione, è passato sulle capaci spalle di Carlo Calenda.
Ormai mi capita di vederlo in qualsiasi tg, a qualsiasi ora.
Il mantra, che ripete ovunque e sempre, è: non parlerò mai con i 5 Stelle, che hanno rovinato la politica (che, come tutti sanno, prima che loro si affacciassero sulla scena politica era una fucina di onestà e competenza). Sembra che Letta nipote abbia affermato che alle prossime elezioni il Pd vincerà insieme alle poderose armate di Azione (ma avrà capito che Calenda continua a dire che lui con i 5 Stelle neppure ci parla?).
Sono il primo ad ammettere che il Movimento 5 Stelle è ben lontano dall’aver centrato l’obiettivo di cambiare la politica: spesso per insipienza, per incapacità di dialogo con le (poche) persone migliori del paese. Quasi mai per disonestà.
Lasciamo perdere le capacità politiche di Calenda (basta vedere le ultime elezioni a Roma dove pure godeva di un appoggio mediatico senza precedenti) ma è possibile che il Pd non abbia ancora capito che il Movimento 5 Stelle, come anche quello delle Sardine, sono il segnale evidente, che arriva dal basso, che il paese reale ha bisogno di una politica più vicina ai propri disagi e meno interessata (o legata a doppio filo) ai bisogni di Confindustria?
Se c’è una speranza per il Pd di tornare ad essere un punto di riferimento per i più deboli è proprio quella di intercettare questo segnale e fare in modo che influenzi maggiormente la propria azione politica.
Purtroppo le recenti vicende del passato non lasciano sperare bene.
Ricordo benissimo quando Grillo disse ai dirigenti del Pd che se avessero fatto proprio il programma del Movimento 5 Stelle lui si sarebbe fatto da parte. Piero Fassino, da grande statista dalla lungimiranza incontestabile, rispose: “Se Grillo vuol fare politica – testuali parole – fondi un partito, si presenti alle elezioni e vediamo quanti voti prende”.
Il Pd, o una buona parte di esso, non solo non vuole uno spostamento a sinistra del suo baricentro ma di fatto ostacola la formazione e lo sviluppo di altre forze in grado di dare rappresentanza a quella parte di popolazione che oggi non la trova in alcuna forza politica (ricordo che ad oggi oltre il 40% degli aventi diritti al voto non esprime una preferenza).
Io, come molti altri, sono in attesa di vedere una forza politica, composta da persone capaci, oneste, che sappiano anteporre gli interessi generali a quelli particolari, non compromesse con il passato, che sappia dare voce a tutti i delusi dai partiti (come me) e sappia accendere la speranza di un vero cambiamento soprattutto nelle nuove generazioni.