L’Europa in Ucraina vive per la prima volta dalla scomparsa dell’Urss la minaccia di un nuovo grande conflitto bellico condotto da una Superpotenza atomica e nulla potrà più essere come prima. Lo scontro non riguarda solo e tanto l’Ucraina, come ci vogliono fare credere: da una parte la Nato, seguendo le aggressive strategie americane, punta a espandersi a est direttamente sulle frontiere russe, e dall’altra parte la Russia di Vladimir Putin pretende, in nome della sua sicurezza, di allargare la sua sfera di influenza e di neutralizzare i Paesi confinanti, cioè i paesi dell’ex Patto di Varsavia. L’Europa in questo scontro rischia di rimanere schiacciata, e l’Italia in particolare perché dipende più degli altri Paesi dal gas russo.
Posta di fronte allo scontro tra Russia e America in Ucraina (la regione europea più grande dopo la Russia, con 40 milioni di abitanti) la Ue dovrà decidere se costruire una forza militare autonoma di difesa sotto l’ombrello atomico francese o se invece restare (quasi) esclusivamente sotto l’ombrello americano, seguendo però così necessariamente e in tutti i campi la politica estera americana. Dovrà quindi decidere se seguire l’America di Biden non solo nello scontro con la Russia ma anche nello scontro economico e commerciale verso la Cina. Il problema è che il Regno di Mezzo potrebbe diventare un formidabile fattore di sviluppo per l’economia europea.
L’Europa dovrà decidere in fretta se intende giocare un ruolo autonomo in questo scenario di scontri multipli. Il presidente francese Macron traina attualmente la “politica di autosufficienza” dell’Europa, apparentemente assecondato dal premier italiano Mario Draghi. Non a caso Macron ha affermato in una recente intervista all’Economist che “stiamo vivendo la morte cerebrale della Nato” e la signora Angela Merkel, di fronte all’ultranazionalismo arrogante di Trump, aveva già dichiarato che “l‘Europa deve cominciare a pensare di forgiare da sola il suo destino”. Si tratta ora di capire che cosa farà il nuovo governo tedesco di Olaf Scholz di fronte al rischio di vedersi tagliate le forniture di gas da parte della Russia di Vladimir Putin.
Anche il governo Draghi è consapevole che uno scontro in Ucraina e un “non accordo” sulla sicurezza europea potrebbe mettere in ginocchio l’economia italiana. Gli europei dovranno decidere se proseguire “l’accerchiamento” della Russia sul fronte occidentale, rischiando un confronto diretto con il gigante militare russo, o se invece concordare con Putin un nuovo patto difensivo che possa garantire la sicurezza di entrambe le parti – cosa ovviamente tutt’altro che facile – e i rifornimenti energetici essenziali per rifornire le industrie europee. In ogni caso i governi europei dovranno prendere delle decisioni che porteranno a una svolta della Ue, in un senso o nell’altro.
Finora la Ue ha avuto successo nell’unificare il mercato continentale, ma ha fatto fiasco sul piano monetario – nel senso che l’architettura e le politiche dell’euro hanno messo in crisi e frenato l’economia dell’eurozona, in particolare quella dei paesi periferici – ed è stato un completo fallimento sul piano politico e istituzionale. Ora però si apre una fase di grande discontinuità. E’ chiaro che a questo punto non solo le stupide regole del Fiscal Compact ma anche quelle di Maastricht (massimo 60% di rapporto debito pubblico/Pil e massimo 3% di deficit su Pil) non hanno più alcuna base reale e vanno buttate alle ortiche.
Nella situazione attuale la Ue non può permettersi che un Paese come l’Italia, con il 150% del debito su Pil, fallisca, e che la Francia, con il 130% di debito su Pil, si trovi in difficoltà. Le politiche monetarie e fiscali dovranno continuare a procedere nel senso dell’espansione, senza curarsi troppo dell’aumento dell’inflazione che certamente in una situazione di conflitto correrà ancora per parecchio tempo sopra il 2%. L’inflazione in Europa oggi raggiunge il 5%: ma la causa della crescita dei prezzi non è purtroppo nell’aumento del potere di acquisto dei cittadini e neppure nelle “spese pazze” per il welfare delle amministrazioni pubbliche.
Questa inflazione è invece causata dall’aumento dei prezzi dell’energia, e di fronte a questa “inflazione da costo” sarebbe suicida che la Bce aumentasse i tassi di interesse: se la Bce alzasse il prezzo del denaro strozzerebbe l’economia e provocherebbe ulteriore disoccupazione e fallimenti a catena senza nemmeno abbattere l’inflazione. Di fronte a una nuova possibile tragedia europea, almeno una nota positiva c’è: in una situazione di crisi energetica e di emergenza nel campo della sicurezza le politiche di austerità dovranno obbligatoriamente essere abbandonate. I governi europei saranno finalmente costretti a cambiare le “stupide regole” di Maastricht. Altrimenti la Ue e l’eurozona si spaccheranno.