A quasi due mesi dalla scadenza dei termini il Parlamento compie il primo passo. La Commissione Giustizia della Camera ha approvato la riforma dell’ergastolo ostativo, sollecitata lo scorso maggio dalla Corte costituzionale con una ordinanza che ha dichiarato illegittima l’attuale norma. La sentenza risale all’aprile scorso e aveva bocciato il divieto di liberazione condizionale dei condannati per reati di mafia e terrorismo che non collaborano con la giustizia. Si tratta soprattutto di mafiosi stragisti irriducibili come per esempio i fratelli Graviano, condannati per le stragi del 1993.
Il dibattito in commissione – Per questo motivo la Consulta aveva riconosciuto che “l’accoglimento immediato delle questioni rischierebbe di inserirsi in modo inadeguato nell’attuale sistema di contrasto alla criminalità organizzata”. Aveva quindi dato un anno di tempo al Parlamento per intervenire, fissando come termine ultimo il 10 maggio prossimo. Entro quella data la norma uscita dalla commissione deve essere approvata dal Parlamento. “Questo è un ottimo risultato“, ha detto il presidente della commissione Mario Perantoni (M5s). Oggi la Commissione ha approvato la riformulazione di alcuni emendamenti presentati da tutti i gruppi e che prevedevano tutti che fosse il Tribunale di sorveglianza e non il giudice monocratico a decidere sulle richieste di benefici presentate da chi è condannato per reati di Mafia e terrorismo.
A chi può possono essere concessi i benefici carcerari – Nelle precedenti sedute sono stati approvati altri emendamenti che definivano le condizioni per cui i condannati per mafia e terrorismo, pur non avendo collaborato con la giustizia, potevano fare richiesta dei benefici di legge. Secondo la norma approvata i benefici “possono essere concessi ai detenuti e agli internati per i delitti ivi previsti, anche in assenza di collaborazione con la giustizia ai sensi dell’articolo 58-ter o dell’articolo 323-bis del codice penale, purché gli stessi dimostrino l’adempimento delle obbligazioni civili e degli obblighi di riparazione pecuniaria conseguenti alla condanna o l’assoluta impossibilità di tale adempimento e alleghino elementi specifici, diversi e ulteriori rispetto alla regolare condotta carceraria, alla partecipazione del detenuto al percorso rieducativo e alla mera dichiarazione di dissociazione dall’organizzazione criminale di eventuale appartenenza, che consentano di escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva e con il contesto nel quale il reato è stato commesso, nonché il pericolo di ripristino di tali collegamenti, anche indiretti o tramite terzi, tenuto conto delle circostanze personali e ambientali, delle ragioni eventualmente dedotte a sostegno della mancata collaborazione, della revisione critica della condotta criminosa e di ogni altra informazione disponibile. Al fine della concessione dei benefici, il giudice di sorveglianza accerta altresì la sussistenza di iniziative dell’interessato a favore delle vittime, sia nelle forme risarcitorie che in quelle della giustizia riparativa”.