Il grande campione è letale e decisivo anche all'esordio in Europa, ma la squadra di Allegri resta ancora ai suoi schemi - difesa bassa e contropiede - e ai suoi difetti: dopo un lungo forcing degli spagnoli, per la verità sterile, basta una disattenzione per rimandare tutto al ritorno a Torino
È la Juve di Vlahovic. Il grande campione che mancava, che chissà, magari può cambiare addirittura una stagione. Non è però una Juve diversa, almeno per il momento, è sempre la Juve di Allegri: difesa, a volte proprio catenaccio, e contropiede, prima non prenderle poi tutto il resto, che in Europa non basta quasi mai. E così non è ancora una Juve più forte, nemmeno del Villarreal, squadra di seconda fascia spagnola, con grande attitudine europea, è vero, ma con tanti limiti, che non doveva far paura. Soprattutto non dopo un vantaggio immediato che sembrava aver messo in discesa l’andata di questi ottavi di finale. Invece diventa una sofferenza, molto più di quel che dice il punteggio finale: 1-1, buono per il morale e forse anche per la qualificazione, meno per il percorso di crescita della squadra.
Resterà, comunque, lo straordinario debutto europeo di Dusan Vlahovic. Un predestinato, lo sappiamo da tempo, e lui l’ha dimostrato una volta di più. Segnando alla sua prima partita in Champions, ma che dire, alla sua prima palla toccata in Champions, dopo appena 32 secondi. Grazie a un lancio profondo che coglie colpevolmente impreparata la retroguardia spagnola, ma poi lui ci mette tanto del suo, fisica, tecnica, stop di petto e incrocio all’angolino. Un piccolo campionario del suo essere campione, che pure non è bastato a conquistare una vittoria alla portata, per come si era messa.
Tutta la gara è condizionata da questa rete, bellissima e pesante. La mossa tattica di Allegri era schierarsi con una difesa a tre, che poi con Cuadrado e De Sciglio sugli esterni diventa spesso a cinque. Se il piano sembrava già chiaro dalla lettura delle formazioni, figuriamoci dopo il vantaggio immediato. La Juve si chiude quasi per scelta, per difendere bassissima come piace al suo allenatore, lasciando solo davanti Vlahovic come riferimento per ripartire veloci.
Colpito a freddo, il Villarreal comincia a macinare possesso palla. Mette anche in seria difficoltà i bianconeri in almeno due occasioni: Lo Celso a botta sicura si stampa sull’incrocio, Danjuma cerca l’eurogol di tacco ma trova Szczesny. La verità, però, è che il merito maggiore di Allegri (o forse solo di Vlahovic) è stato sottrarre agli avversari il loro piano di gioco preferito, che non è certo di manovra offensiva, ma di contrasti, palle sporche e ripartenze. Senza il peso di Gerard Moreno, infortunato e grande assente del match, i padroni di casa devono affidarsi ai guizzi degli esterni, ma pagano dazio in mezzo all’area. La Juve, invece, allentando i ritmi tiene a bada il furore avversario e va a riposo rischiando poco.
Tanto per ribadire il concetto, a inizio ripresa Allegri si ripresenta con pure Bonucci in campo, al posto di Alex Sandro: difensore per difensore, ma sempre più difensivo. Un errore di Locatelli innesca l’offensiva di Alberto Moreno, un po’ come nel primo tempo Danilo aveva fatto in occasione del legno di Lo Celso. La dimostrazione che il Villarreal è terribilmente a disagio nel dover fare la partita in queste condizioni. Nondimeno, riesce comunque a riprenderla.
Per meriti propri, ma anche per colpe della Juve. Una su tutte: non solo fidarsi della propria difesa, ma quasi compiacersene, che alla lunga non paga mai. Dopo dieci minuti di forcing spagnolo, apparentemente sterile ma logorante, arriva l’errore: una disattenzione collettiva di tutta la retroguardia, e individuale di Rabiot, che perde completamente il taglio di Parejo, pescato tutto solo in mezzo all’area da un comodo passaggio di Capoue, freddo a battere Szczesny.
Il Villarreal si è meritato il pareggio e soprattutto la possibilità di giocarsi la partita che voleva. Nella corrida, nell’equilibrio ora sì che gli spagnoli si esaltano. La Juve è anche fortunata, perché l’arbitro Siebert grazia un intervento killer dello sciagurato Rabiot, che avrebbe meritato il rosso diretto. Nel momento di maggior difficoltà, Vlahovic prova addirittura a vincerla da sola, con un mancino all’angolino tirato fuori praticamente dal nulla, quasi perfetto solo perché stavolta ci arriva la mano del portiere Rulli. Finisce in affanno, con Allegri che strepita a bordo campo e i suoi che senza andarne troppo fieri portano a casa un risultato comunque positivo, ma neanche troppo visto che non c’è più la regola dei gol doppi in trasferta. A Torino servirà di più.