Anche la sua immagine è rubata. Così come è accaduto a Geppi Cucciari. Così come era già successo anche a Chiara Ferragni. L’ultima vittima di un furto d’identità a scopo pubblicitario è Katia Follesa. È stata lei, la comica, conduttrice, attrice amata dal pubblico, l’involontaria testimonial di prodotti per il dimagrimento. Hanno usato le sue foto, le hanno associate a slogan come “dimagrisci anche tu come Katia Follesa”. Così i più ingenui, i meno smaliziati, hanno creduto davvero agli effetti miracolosi di quelle pozioni. Hanno ritenuto che quei consigli provenissero proprio da lei.
Katia adesso è furiosa. Lei per prima sta denunciando questo illecito, questa truffa sui social. Ricorda anche che per questo tipo di reati la legge prevede una pena da due a sei anni di reclusione e una multa da 600 a 3.000. Ma soprattutto lancia l’allarme ai suoi fan: “Attenzione, quella non sono davvero io. Le diete miracolose non esistono”. Proprio per favorire quest’opera di sensibilizzazione, e anche per difendere la sua immagine, Katia ha rilasciato una lunga intervista al Corriere delle Sera, raccontando come gli imbroglioni abbiano iniziato a tessere la loro tela già due anni fa.
“Eravamo in lockdown, la nostra vita ha cominciato a correre prevalentemente sui social. Ed è proprio sui social che ho scovato la frode: un post con me vestita di tutto punto e, tra le mani, la confezione del presunto prodotto miracoloso. Il testo? “Il segreto di come Katya”. Proprio così. Persino con il nome sbagliato, perché quella y non c’entra niente. Ma la foto era la sua, Poi la chicca: “Il mio peso è sceso da 80 a 49 kg, bevo solo la mattina”.
Così la reazione è di incredulità, profanazione e soprattutto rabbia. Il profilo Instagram della Follesa conta ben un milione e 600 mila follower. Lei ne è consapevole e sa che tra di loro ci sono persone che descrive come “fragili, di quelle che cedono a tutto quello che leggono”. Ha deciso di tutelarle in particolare dopo un episodio. L’accusa di una ragazza. Le ha scritto: “Avresti dovuto sbugiardarli prima, avrei evitato di buttare i soldi in quelle inutili gocce”. Lei le ha scritto in privato. “Non lo sopportavo – incalza Katia – oltre al danno la beffa di passare io da carnefice”. Così parte la risposta. “Le ribadii di essere stata vittima di una truffa. E che, per perdere i chili di troppo, bisogna prima volerlo. Poi, in-de-ro-ga-bi-le, è doveroso affidarsi alla professionalità di uno o più medici specialisti”.
Ora Katia ha deciso di far di queste vicende una battaglia personale: “Siamo determinatissimi ad andare avanti finché non avremo trovato i responsabili. Siamo pronti ad arrivare in tribunale”. Non vuole che si approfitti della sua immagine e anche del suo dimagrimento, nato oltre a tutto per precise esigenze di salute. E non vuole che siano le donne i principali bersagli di questi raggiri: “Spesso questa società è una vetrina superficiale in cui moltissimo si riduce a post, stories, schermi televisivi e quant’altro. Siamo ancora considerate più per il nostro aspetto estetico. Il che, ahimè, è più medievale che triste. La determinazione: “Sensibilizzare e denunciare, per noi donne e per le generazioni future. Ho una figlia adolescente: mi batterò sempre anche per tutelare la sua sensibilità e quella delle ragazze come lei”.