di Alessandro Pezzini

Mi chiedo cosa stiano pensando ora “i bimbi di Putin”, quelli che “Putin sta reagendo così perché noi conquistatori occidentali stiamo accerchiando la Russia portando la Nato su tutto il suo confine!”. Per inciso: la Russia ha una linea di confine lunga 22.408 km e la pericolosissima Nato ne occupa circa 1.300, che corrispondono ad Estonia, Lettonia, Lituania (annesse nel 2004) ed un angolino di Norvegia (dal 1949). L’Ucraina e la Georgia sono in stallo, ovvero stanno chiacchierando con la Nato – il che è legittimo in uno Stato di diritto – ma hanno dei problemi interni da risolvere prima di essere prese in effettiva considerazione.

E poi arriva Putin che fa finta di sentirsi in pericolo, dopo aver annesso la Crimea (che si era dichiarata indipendente dall’Ucraina in un referendum illegale) nel 2014, e decide di schierare l’esercito lungo il confine ucraino con motivazioni ben oltre il limite della presa in giro. Tutto il mondo si arma (di santa pazienza) e avvia un dialogo con Putin per cercare di placare i bollenti spiriti, nella via diplomatica che è la strada maestra dei governi Ue. Ricordiamo che il nostro Ministro degli Esteri è Luigi Di Maio, non certo un pluridecorato e pericoloso generale di lungo corso.

Putin riempie tutti di supercazzole e noi rimaniamo convinti di riuscire a far ragionare uno che stravolge la Costituzione del Paese che governa per switchare da un tipo di presidenza all’altro, che nomina suoi successori-fantoccio e poi si riprende il posto, che interviene schierando l’esercito in Bielorussia per parare il fondoschiena a un truffatore amante delle poltrone conquistandosi la sua eterna gratitudine. Insomma: un dittatore.

E l’esercito schierato sul fronte ucraino, messo lì a far capire cosa succederebbe all’Ucraina se entrasse nella Nato e “venduto” come tutela protettiva ad un Paese russofono che sta per essere invaso dall’Occidente, cosa ottiene, per ora? Ottiene che nella regione del Donbass, parte della quale si è unilateralmente dichiarata indipendente dall’Ucraina nel 2014 (dopo che manifestanti filo-russi armati, tra cui militari ufficialmente licenziati dall’esercito russo appena prima di essere inviati in Donbass, hanno occupato i palazzi del potere e conseguentemente si è tenuto un libero e sereno referendum) si inizia a fare un po’ di casino.

E Putin cosa fa? Firma in diretta mondiale un decreto per riconoscere il Donbass sotto la giurisdizione russa e, mentre lo fa, umilia l’Ucraina definendola un Paese mai autonomo, senza una storia propria, fondato da Lenin e strettamente appartenente alla Russia.

Quello che è accaduto ha un significato: la strategia di Putin è quella di annullare ed annettere l’Ucraina pezzo dopo pezzo, regione dopo regione, senza invadere (a suo dire) nessuno. Insomma, il ragionamento è: “Se non riconosco Donbass e Crimea come regioni ucraine, non sto invadendo l’Ucraina, no?”. E ciò che è ancora più preoccupante è che (vedi sopra) Putin ha preannunciato il fatto di non riconoscere l’autonomia dell’Ucraina intera.

È questione di tempo e l’Ucraina potrebbe scomparire del tutto. Anche se la diplomazia internazionale facesse il miracolo, ormai il Donbass è russo e un altro tassello è stato messo nel mosaico. Chi ha un briciolo di memoria storica si sarà accorto che questo modus operandi è il medesimo utilizzato nelle guerre di Cecenia e Georgia. Bisogna dunque fermare duramente le mire napoleoniche di Putin. Il mondo non ha bisogno di un nuovo dittatore, né tantomeno di una nuova guerra mondiale.

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