Niente processo a Brescia per la revisione della sentenza milanese che aveva portato alla condanna (poi estinta) di Silvio Berlusconi in via definitiva a 4 anni e a 10 milioni di risarcimento all’Agenzia delle Entrate per frode fiscale sui diritti tv Mediaset. La Corte d’Appello di Brescia ha infatti giudicato “inammissibile” la richiesta dell’ex premier, come riporta il Corriere della Sera, perché “non sostenuta da alcuna prova nuova precedentemente esaminata, ma mero tentativo di riproporre deduzioni difensive già affrontate e risolte in senso negativo, il cui esame si risolverebbe in un inammissibile quarto grado di giudizio”.
L’ordinanza, che condanna il leader di Forza Italia a pagare mille euro alla Cassa delle Ammende, è stata adottata il 30 novembre 2021. Berlusconi, stando a quanto riferisce il Corriere, insisteva sul fatto che sentenze successive, come nei processi Mediatrade le assoluzioni di Fedele Confalonieri o del figlio Piersilvio, o come il verdetto del Tribunale civile di Milano su un risarcimento chiesto da Mediaset al coimputato produttore Frank Agrama, fossero entrate in conflitto con la propria condanna. Per i giudici bresciani, si “impone in modo macroscopico il fatto che da un lato queste sentenze hanno valutato la condotta di imputati diversi da Berlusconi, e dall’altro lato hanno riguardato fatti ontologicamente diversi e cronologicamente commessi in periodi diversi“.
Quanto alla circostanza, addotta dall’ex premier, di essere stato in Cassazione nel 2013 “sottratto al proprio giudice naturale, aver subito una indebita compressione dei tempi di difesa, ed essere stato giudicato da un magistrato prevenuto”, ai fini della revisione “non è sufficiente che la violazione di questi principi venga argomentata dal condannato, ma è necessario che risulti accertata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo”, alla quale Berlusconi si è rivolto tempo fa senza avere ad oggi delle risposte.