“Il cielo in una stanza? Volevo descrivere un orgasmo”. La pallottola del tentato suicidio ferma da 60 anni nel pericardio posteriore, l’amico Tenco (“cotto di psicofarmaci” prima del “suicidio”), l’omaggio di Mahmood e Blanco a Sanremo, Beppe Grillo (“ha creduto di cambiare le cose ma ne è uscito massacrato, una fregatura enorme”), le donne (“il mio grande amore è Paola” – Penzo ndr), e il “divertimento”. Gino Paoli si racconta al Corriere. Uno dei più grandi cantautori italiani, scuola genovese, 87 anni, racconta come ha interpretato la versione del suo celebre brano nella serata delle cover del Festival di Sanremo. “Mi è sembrata una cosa fatta bene, gentile. Rispettava la canzone, l’hanno immersa nel loro mondo ma senza far porcherie”, poi torna a raccontare che Il cielo in una stanza era la descrizione di un orgasmo (“che tu lo faccia con una persona che ami o con l’ultima delle prostitute, non cambia mai, stacco e riattacco che avviene nella tua testa”).
Paoli racconta che l’ultima volta in cui concorse a Sanremo fu 20 anni fa e che fu solo grazie all’amico Pippo Baudo (“da allora nessun amico mi ha più chiamato”). Poi ancora il suicidio di Tenco che all’epoca, dice Paoli, prendeva psicofarmaci pesanti e che quella sera della morte era “cotto come una zucca”: “Fossi sto io con lui gli avrei dato due pedate nel culo e non avrebbe fatto niente”. Infine il tentato suicidio con la pallottola ferma nel cuore (“però non suona più al metal detector, deve essersi arrugginita”): “Nella mia testa mi ero rotto i coglioni non mi stavo divertendo più. Siccome poi mi sono divertito molto, meno male che è andata male”. Chiosa con l’amica Vanoni: “Ornella si è smollata con l’età, perché ora sente l’esigenza di raccontare. Anche cose che sarebbe meglio non dicesse”.