La surreale auto-segnalazione al ministero della Salute di un dirigente medico distaccato a Napoli Porto: è specializzata in malattie infettive, ha contribuito a scrivere il Piano Pandemico Nazionale ma in un ricorso al garante del ministero denuncia di non avere mansioni da svolgere e di subire mobbing. Si beccò un disciplinare perfino per aver fatto svolgere un "atto medico" a un assistente: teneva la bacchetta di legno in mano
E’ un’infettivologa, ma non lotta contro il Covid. Al più, per assenza di mansioni, lotta contro un “solitario” al computer. Una provocazione, ma mica tanto, perché alla fine lo denuncia, formalmente, al ministero che ogni mese le paga lo stipendio. Questa è la storia di Olivia Callipari, dirigente medico presso l’ufficio periferico di Napoli Porto del ministero della Salute. Una storia diversa da quelle che si sono lette nei giorni delle celebrazioni degli “eroi” in camice bianco. Simile ad altre per vessazioni, demansionamenti, ma con punte d’accanimento tali da apparire abnorme e surreale. Il suo ricorso racconta i tentativi di farla passare per “pazza” e punirla qualunque cosa faccia (o non faccia). Nel 2015, per dire, il direttore dell’ufficio le fa un provvedimento disciplinare per aver “aver consentito a un assistente ai servizi dell’ambulatorio di tenere in mano la bacchetta di legno per indicare le lettere sulla tavola ottometrica”. Per due volte il tribunale del Lavoro di Napoli darà ragione alla dirigente. Nel 2017 il padre ha un ictus cerebrale e, per tale motivo, chiede di essere dispensata dalla reperibilità ma tale richiesta viene negata; quando il padre si aggrava, nel marzo 2021, c’è ormai mezzo mondo in smartworking causa covid, ma a lei viene negato perché, a dire del suo direttore la sua attività non è “smartabile”, benché molti dipendenti d’ufficio siano in smartworking così come colleghi presso gli altri uffici del ministero; anche le ferie le vengono negate per non meglio precisate “esigenze di servizio” e, contemporaneamente, viene “invitata” ad essere sottoposta ad ennesima visita psichiatrica.
Già nel 2018 aveva segnalato al datore di lavoro il profondo stato di costrizione in cui versava e fu invitata a sottoporsi a visita medica, ma anziché presso una struttura psichiatrica pubblica qualificata nella diagnosi di problematiche relative lo stress-lavoro correlate, il direttore la instrada verso lo studio di una psicologa privata, specializzata in disturbi sessuali, che a febbraio 2019 referta: “Ansia patologica e depressione caratterizzata da tratti paranoidi che possono ulteriormente aggravarsi in contesti percepiti come ostili”. La psicologa parla anche di “elevati indici di presenza di ideazioni suicidiarie”. Ma Callipari sembra d’altro avviso e contesta sia la scelta della psicologa sia il referto. Parafrasando Mark Twain, la diagnosi sulle sue “presunte” propensioni suicidarie è fortemente esagerata. Ma pur sempre funzionale a farla trasferire o dichiararla inidonea all’attività lavorativa.
Solo che Callipari, data per pazza ma che pazza forse non è, ha un profilo professionale che qualunque amministratore sano di mente, specie in emergenza sanitaria, valorizzerebbe. Oltre ad essere in possesso di una specializzazione in malattie infettive, di un dottorato di ricerca in scienze virologiche e di un master in epidemiologia applicata (che lo stesso ministero della Salute ha pagato) ha un lungo pregresso d’incarichi di responsabilità alle spalle. Dal 2011 è in servizio all’ufficio territoriale di Napoli Porto dove si occupa di profilassi internazionale, visite per idoneità psicofisica e malattia dei marittimi, ma nel 2014 ha lavorato anche a bordo delle unità navali della Marina Militare nelle operazioni di recupero dei migranti in acque internazionali oltre al coordinamento degli sbarchi nei porti della Campania per Mare Nostrum. Tra il 2008 ed il 2011 si è occupata dell’emergenza rifiuti presso la presidenza del Consiglio e dal 2006 ha lavorato alla Direzione della Prevenzione Sanitaria del ministero occupandosi, tra le altre cose, dell’ultimo Piano pandemico nazionale. Prima ancora è stata punto di contatto per il Centro nazionale delle malattie infettive. Una così te la aspetti in prima linea contro il Sars-Cov-2. E invece si deve occupare di proteggere se stessa dall’ostilità della propria amministrazione. I motivi li ha appena dettagliati in una denuncia di 17 pagine che ha inoltrato al Comitato unico di Garanzia del ministero, l’organo che dal 2015, per regolamento, ha competenza per i casi di “violenza morale e psicologica, discriminazione, mobbing, violazione delle pari opportunità nei luoghi di lavoro”. In realtà due volte, a dicembre 2015 e ancora a novembre 2020, aveva attivato una procedura informale prevista dal “codice di condotta contro le discriminazioni”, senza ricevere neppure una risposta dal ministero. Così ora ha deciso di passare alla via formale.
Perché la situazione, si legge nel ricorso, è insostenibile, profondamente umiliante per un medico. Si legge, nero su bianco, che in ufficio praticamente non fa nulla. Ogni santo giorno manda una mail al responsabile dicendosi disposta a svolgere ogni attività. La risposta a volte neppure arriva. Le attività dell’ufficio vengono oramai svolte tutte dai neoassunti. Tutte le richieste di poter ricominciare a lavorare “o restano senza risposta o esitano in ordini di servizio” per i quali la dottoressa Callipari viene “invitata” ad andare presso altri uffici a svolgere attività “che non ha mai svolto e che non conosce, correndo il rischio di sbagliare e, forse, trovarsi a dover subire un ulteriore provvedimento disciplinare”. Anche le “promozioni” restano un miraggio. Spiega che dal 10 di gennaio, quando è rientrata dal congedo per assistere suo padre poi deceduto, avrà fatto tre vaccinazioni in croce e una visita medica, ma perché lei stessa si è imposta di stare in ambulatorio. Le è stato consentito di fare le ispezioni esterne che nessuno vuole fare, giusto 4 o 5.
Con l’ennesima richiesta, stavolta formale attraverso il “comitato antimobbing”, spera che il ministero della Salute prenda sul serio la vicenda. La denuncia viene raccolta e amplificata dal sindacato DirPubblica che chiede al ministero di intervenire “affinché tutte le azioni discriminatorie e lesive perpetrate a danno della dottoressa Callipari vengano fatte cessare immediatamente”. Qualunque ulteriore atto, “sia esso provvedimento disciplinare, ordine di servizio, trasferimento, ecc la raggiunga sarà considerato ritorsivo e sarà oggetto di denuncia”. Dal ministero, per ora, nessun commento. Qualche mese fa, quando le era stato negato lo smartworking e le ferie (richieste per poter assistere al padre), la dottoressa Callipari si era rivolta, tra gli altri, direttamente al viceministro Pierpaolo Sileri.