“Ricordo un’impronta di scarpa sul davanzale della finestra” dell’ufficio di David Rossi, “mi pare che ci sia una fotografia. Sulla finestra ci sono dei segni che secondo me sono di una impronta di una scarpa. È una mia verifica, poi una consulenza successiva ha dimostrato come Rossi è uscito dalla finestra. Produrrò la fotografia, questo è il ricordo che ho”. Lo ha detto il magistrato Nicola Marini, al momento procuratore facente funzioni di Siena, rispondendo alla Commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte del capo comunicazione del Monte dei Paschi, trovato senza vita il 6 marzo del 2013 in un vicolo accanto alla sede della banca a Siena. Il presidente Pierantonio Zanettin ha sottolineato l’importanza dell’affermazione, che implicherebbe, se vera, il fatto che Rossi si sia arrampicato sul davanzale di propria iniziativa. La sera del 6 marzo Marini era il pubblico ministero di turno: gli altri due magistrati che entrarono nell’ufficio per i primi rilievi nell’immediatezza della morte furono Aldo Natalini e Antonino Nastasi, al tempo impegnati nelle indagini sulle vicende finanziarie sull’istituto, entrambi ascoltati dalla Commissione nelle scorse settimane.

“Se ci fosse stato un solo elemento concreto al quale agganciare un’ipotesi da investigare, diversa da quella suicidaria, lo avremmo fatto. Non c’era motivo di non farlo”, si è giustificato Marini. “Il terrore di aver fatto delle cavolate, le dichiarazioni fatte dalla famiglia, il medico legale che ci dà indicazioni ben chiare su un gesto autosoppressivo, nessuna voce contraria da parte della parte offesa. Se voi leggete tutti gli atti, vi rendete conto che non c’è un’informativa, una dichiarazione, un’ipotesi rappresentata che sia dissonante da un’ipotesi diversa dal suicidio” ha detto. Rivelando che dagli approfondimenti svolti nel 2019 sul computer di Rossi dalla Polizia postale di Genova risulta “che nell’ultimo periodo sul computer di Rossi vengono trovati 35 file relativi alla parola suicidi. Viene fatta una scrematura da parte della Polizia postale relativamente alle date 1 marzo e 6 marzo ristretta alle parole soldi, crisi, suicidio”, ha spiegato. “Uno degli ultimi dati che stava leggendo Rossi e messo nella posta eliminata è del 6 marzo 2013 alle ore 16.39 e riguardava un dato molto importante, la circostanza che otto suicidi al mese avvengono per ragioni economiche. Questo è un dato che stava leggendo”.

A proposito del ritrovamento nel cestino dell’ufficio di alcuni fazzoletti sporchi di sangue, non sequestrati, mai analizzati e in seguito distrutti, il magistrato – confermando quanto già detto dai suoi colleghi – dice che non vennero ritenuti necessari alle indagini, avviate sulla pista del suicidio: “Ne ho appreso l’esistenza quando ho visto le foto del fascicolo depositato della polizia scientifica. Non li avevo notati durante il primo sopralluogo. Il medico legale non li ha ritenuti utili, così come nemmeno il consulente di parte. Nel bagno abbiamo trovato una cartina di cerotto, abbiamo trovato cerotti nel cestino e sui polsi abbiamo trovato segni di cerotto”. Tutto ciò, dice, “non può che portarci ad una sola conclusione, che quel sangue poteva essere una tamponatura del sanguinamento di vecchie o nuove cicatrici che Rossi si era autoinferto“.

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