Tra i beni c'è anche il supermercato più grande della Regione, società, due ville di lusso, una Ferrari. Per gli inquirenti "hanno ottenuto e ottengono ingenti profitti grazie all’intermediazione mafiosa e in violazione delle regole del libero mercato
Ammonta a 800 milioni di euro l’impero degli imprenditori Francesco, Pasqualino e Marcello Perri di Lamezia Terme sequestrato stamattina dalla Guardia di finanza che ha eseguito un provvedimento emesso dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale su richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro guidata dal procuratore Nicola Gratteri. I sigilli sono stati applicati al centro commerciale dei “Due mari”, uno dei più grandi della Calabria. Rientra nei 22 complessi aziendali colpiti dal sequestro finalizzato all’applicazione della confisca prevista dal codice antimafia.
Oltre al centro commerciale, che non chiuderà e sarà affidato a un amministratore giudiziario, sono stati sequestrati anche 19 ipermercati, attività di commercio di autoveicoli e di rivendita di motocicli e ciclomotori. Tra i beni strappati ai Perri ci sono pure attività operanti in altri settori come: la costruzione di edifici residenziali e non residenziali; intermediazione finanziaria; recupero e riciclaggio di cascami e rottami metallici; produzione di gelati; gestione di impianti polivalenti; locazioni immobiliari; partecipazioni in 34 società, attive nei settori della grande distribuzione alimentare, rivendita di autovetture, ottica, commercio al dettaglio di generi alimentari, ristorazione, immobiliare. Ma anche le quote di partecipazione nella squadra di calcio “Vigor Lamezia” e nella squadra di volley “Pallavolo Lamezia”. Un patrimonio sconfinato che comprende, infine, anche 26 fabbricati e 2 ville di lusso, 42 terreni, 19 autoveicoli (tra i quali una Ferrari F355 e una Maserati), 4 motoveicoli di lusso (tra cui una Ducati Desmosedici del valore di 55mila euro), una ditta individuale, operante nel settore della ristorazione e tutti i rapporti bancari intestati ai tre imprenditori o ai loro familiari.
Parte dei beni sequestrati oggi era stata già interessata da un precedente procedimento penale. Al provvedimento del Tribunale, infatti, si arriva grazie alle indagini condotte negli ultimi anni dalla Dda di Catanzaro. Le investigazioni riguardano le vicende patrimoniali e imprenditoriali della famiglia di origine dei tre imprenditori, fin dagli anni ‘80, e si sono avvalse anche delle risultanze legate all’inchiesta “Andromeda”, ancora pendente in fase di giudizio anche nei confronti di uno dei tre imprenditori.
“La proposta avanzata dalla Procura della Repubblica– scrivono i giudici del Tribunale di Catanzaro – è volta a dimostrare come il complesso dei beni facenti parte il patrimonio posseduto dai proposti tragga origine e risalga al patrimonio illecitamente costituito da Antonio Perri, padre dei fratelli Perri, assassinato nel 2003 in un agguato mafioso, commissionato dai vertici della famiglia Torcasio”.
I pm non hanno dubbi: ieri il padre (che ha iniziato come dipendente di una bottega alimentare) e oggi i fratelli Perri “costituiscono gli imprenditori di riferimento delle cosche operanti nel comprensorio lametino, in quanto asservendo le aziende di cui sono titolari agli interessi e alle esigenze dell’associazione ‘ndranghetista, sono legati a quest’ultima da un illecito accordo a prestazioni corrispettive, di reciproco e mutuo vantaggio, per effetto del quale hanno ottenuto e ottengono ingenti profitti grazie all’intermediazione mafiosa e in violazione delle regole del libero mercato. La gestione delle attività commerciali operata dai fratelli Perri, essendo coadiuvata dall’intervento delle cosche di ‘ndrangheta, garantisce agli imprenditori un monopolio di fatto su importanti e strategiche industrie commerciali, inquinando l’imprenditoria non asservita a dinamiche criminali presente sul territorio”. Prima alla cosca De Sensi, poi ai Cannizzaro e da ultimo al clan Iannazzo, secondo gli inquirenti, i Perri avrebbero fornito un “consapevole e concreto contributo alla vita e alle finalità delle famiglie mafiose che imperversano il territorio lametino”.