Sarà di soli 200 milioni di euro il temuto taglio delle risorse del Recovery plan per l’Italia quando – a giugno – il valore dei trasferimenti a fondo perduto verrà aggiornato sulla base all’andamento del Pil del 2021. In compenso si allarga il rischio che i costi energetici schizzati alle stelle, con il loro impatto sui prezzi delle materie prime, possano ostacolare progetti e investimenti. Un rischio ancora maggiore dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Per questo il governo si prepara a intervenire, ha spiegato il ministro dell’Economia Daniele Franco mercoledì sera durante un’audizione alle commissioni riunite Bilancio, Finanze e Politiche Ue di Camera e Senato, ricordando che “la normativa Ue prevede una procedura di revisione dei contenuti del piano ove sopravvengano fattori che rimettono in discussione gli obiettivi“. L’ultimo allarme arriva dalle Regioni, che hanno scritto al governo esprimendo “preoccupazione in merito alla concreta realizzabilità degli interventi” della mission Salute sia riguardo ai tempi sia perché “i prezzi utilizzati da Agenas per la quantificazione economica dei contributi per gli interventi risalgono al 2018 e appaiono inadeguati alle attuali dinamiche di mercato”.

Parlando dello stato di attuazione del piano, Franco ha ribadito che finora l’Italia ha rispettato tutti gli impegni presi con la Ue. “I risultati previsti per l’attuazione del Pnrr nel 2021 sono stati raggiunti, e abbiamo inviato la prima richiesta alla Commissione europea per 24 miliardi”, ha ricordato. “Ci aspettiamo che il pagamento avvenga nelle prossime settimane”. Per il 2022 gli obiettivi invece diventano 100, “a cui è legata l’erogazione di 46 miliardi” lordi, 40 netti. Fondi che verranno rivisti in maniera molto limitata dalla Ue a giugno in base all’andamento del Pil dei Paesi nel 2021, che vede l’Italia in testa alle performance europee. “Ci aspettiamo che le risorse a disposizione siano ridotte di circa 200 milioni“, mentre “ci saranno aggiustamenti maggiori per altri Paesi”. Certo, “si pone il problema di questi 200 milioni”, ma comunque si tratta di una “entità relativamente limitata” se si pensa che le risorse complessive ammontano 191,5 miliardi di euro senza considerare gli altri fondi come il Just transition e il fondo complementare da 30 miliardi finanziato con soldi nazionali.

Ma il principale problema da tenere sotto controllo è il caro-energia, che certamente avrà un impatto sui progetti. “C’è molta incertezza su quanto a lungo i costi dell’energia resteranno elevati”, e quindi della “dinamica dei costi delle materie prime. E’ presto per avere una quantificazione ma siamo consapevoli che è un problema rilevante e siamo pronti a vedere se questo debba essere affrontato”, ha detto Franco. Ma “al momento è di difficile quantificazione”.

Da Franco sono poi arrivati un mea culpa e un’ammissione sulla oggettiva difficoltà di raggiungere nei prossimi anni tutti gli obiettivi in calendario. “Se ci fosse stato più tempo forse si potevano fare le cose pensandole meglio, con più coinvolgimento degli enti e della società”, ha riconosciuto. “Però le risorse sono state offerte a livello europeo con determinati tempi e quindi l’alternativa era non fare. Capisco che non tutte le scelte, data la velocità con cui sono state fatte, sono state ottimali ma l’alternativa forse era non fare”. Poi ha anche ricordato che “la nostra esperienza nella realizzazione di opere pubbliche, vuoi con risorse nazionali vuoi con risorse europee, non è soddisfacente per quanto riguarda i tempi” e dunque “è ovvio che il Piano rappresenta una sfida complessa, soprattutto per i tempi di attuazione. Di qui l’esigenza di rafforzare la capacità tecnica e amministrativa degli enti pubblici di avere procedure più snelle e, in alcuni casi, un personale più specializzato, che a volte manca alle pubbliche amministrazioni: pensate a tutta la dimensione dell’informatica”.

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