L'ultimo decreto direttoriale prevede che "almeno il 40%" delle risorse coperte dal Recovery, pari a 218 milioni, vadano a ricercatori del Mezzogiorno. Ma la ministra Messa in audizione ha spiegato che se - nell'ipotesi peggiore - non si dovesse centrare il target si andrà a compensazione con i bandi successivi. Dopo le critiche dell'economista Viesti il senatore Pd Stefano chiede chiarimenti al governo
Tre diversi bandi, datati 25 gennaio, 31 gennaio e 2 febbraio. Solo al terzo tentativo, dopo una serie di errori per i quali la ministra Maria Cristina Messa si è ufficialmente scusata in audizione alla Camera, il ministero dell’Università e della Ricerca ha centrato la messa a punto del bando che stanzia 749 milioni di euro, in parte a valere sul Recovery plan, per finanziare i Progetti di rilevante interesse nazionale per il 2022. Il nodo ancora una volta ha riguardato il rispetto del vincolo per cui il 40% dei fondi del Pnrr va riservato alle Regioni del Sud. Il primo decreto direttoriale del Mur infatti non esplicitava quella riserva. Il secondo applicava la quota all’intero stanziamento e non solo ai 550 milioni che saranno rendicontati sul Pnrr. La quadra è stata trovata prevedendo che “almeno” 218 milioni siano destinati ad Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia. Cosa che non ha comunque fermato le polemiche.
La ministra infatti ha precisato che se – nell’ipotesi peggiore – non si dovesse arrivare al 40% in questo bando si andrà a compensazione con quelli successivi. “Tutti i bandi che abbiamo fatto per circa 5 miliardi hanno la quota Sud”, ha ricordato in audizione. “In alcuni casi come quello dei 5 centri nazionali (dedicati alla ricerca di frontiera, ndr) o delle infrastrutture sappiamo ci sarà grande partecipazione del Mezzogiorno. In altri casi li abbiamo specificamente destinati al Mezzogiorno, come per gli ecosistemi dell’innovazione cinque dei quali (su 12) saranno al Sud). Ci sono poi altri bandi come il Prin” e in questo caso “bisogna guardare complessivamente a tutti i progetti”, tenendo in considerazione che “avremo altri progetti come il rientro dei cervelli in cui penso che il Sud possa prendere oltre il 40%”. La cifra totale prevista dal Pnrr per il Programma nazionale di ricerca e il Prin è infatti di 1,8 miliardi complessivi che verranno divisi in più bandi.
Messa ha comunque rivendicato la scelta di rivedere il bando per evitare di fare due graduatorie, una per il Nord e un’altra per il Sud: “Sarebbe stato un messaggio negativo. Si tratta di progetti competitivi, c’è un punteggio minimo sotto il quale non si è finanziati. Penso che i ricercatori del sud saranno invogliati a partecipare in maniera più fitta. E si è passati da una progettualità per grandi filiere a una che comprende progetti più piccoli, da massimo 250mila euro, cosa che dovrebbe aiutare anche chi inizia i percorsi di ricerca”. Sui 749 milioni, circa 223 – il 30% del totale – sono destinati a progetti presentati da professori o ricercatori con meno di 40 anni.
Gianfranco Viesti, professore di Economia all’università di Bari, su Messaggero e Mattino ha lamentato che l’eventuale compensazione con bandi successivi violerebbe l’obbligo di rispettare la quota Sud in ogni singolo bando. Il senatore del Pd Dario Stefàno, presidente della commissione Politiche europee a Palazzo Madama, ha chiesto chiarimenti al governo parlando di “una chiara violazione di un impegno politico e normativo che ha assunto con il Parlamento” e ventilando che “basterebbe anche solo un ricorso al TAR per rendere facilmente impugnabile il bando stesso, allungando i tempi e bloccando l’assegnazione”.