Ha voglia Boris Johnson a fare la faccia feroce guardando Mosca e i suoi oligarchi. Anni e anni di legislazione volutamente permissiva hanno attirato a Londra centinaia di miliardi di dollari dalla Russia. Una giungla di fortune ormai inestricabile e completamente innestata nella finanza britannica. Non più rintracciabile e quindi non sanzionabile. Come raccontava il quotidiano britannico The Times qualche settimana fa, mentre la situazione in Ucraina iniziava a surriscaldarsi, il Dipartimento di Stato Usa ha espresso tutta la sua frustrazione di fronte all’incapacità del governo britannico di mappare i patrimoni riconducibili al Cremlino. “Il denaro russo è ormai così radicato a Londra che la possibilità di colpire Putin con delle sanzioni potrebbe essere ormai definitivamente sfumata“, ha affermato una fonte di Washington che ha aggiunto “Biden ha ipotizzato di sanzionare direttamente il presidente russo, ma concretamente è quasi impossibile. Personalmente Putin non tiene i suoi soldi all’estero, le sue ricchezze sono nei conti dei cleptocrati e un sacco di soldi sono ormai in immobili dei ricchi quartieri londinesi di Knightsbridge e Belgravia“. Ufficiosamente si sa ma non c’è modo di ricondurre ufficialmente questi beni al Cremlino.
Intanto alla Camera dei comuni il testo di legge anti corruzione avanza con esasperante lentezza. Questa mano leggerissima del governo britannico si spiega forse anche con il fatto che da quando Johnson è in carica, il partito conservatore (Tory) ha già ricevuto donazioni per 2 milioni di sterline (2,4 milioni di euro) da ambienti russi. Nei giorni scorsi il premier si è reso protagonista di una gaffe che rasenta il comico costringendo poi il governo a smentire ufficialmente il suo leader. Johnson aveva parlato di fantomatiche sanzioni cui sarebbe già stato sottoposto nel Regno Unito Roman Abramovic: miliardario russo, con passaporto anche israeliano e portoghese, che da anni è di casa a Londra dove possiede fra l’altro la squadra di calcio del Chelsea.
Londra si è conquistata il nomignolo “Londongrad” dopo è stato stimato che, dal 2016, in poi nella capitale del Regno Unito sono affluiti 100 miliardi di sterline (119 miliardi di euro) all’anno di provenienza opaca, molto dei quali dalla Russia. “Londra è la capitale mondiale del riciclaggio di denaro e, a dispetto delle dichiarazioni del governo, la situazione rimane pessima”, ha spiegato al Times il finanziere Bill Browder storico attivista anti Cremlino dopo l’assassinio del suo legale Sergei Magnitsky (la vicenda è narrata nel libro ‘Red Notice’, ndr) . Peraltro gran parte delle varie isolette caraibiche note alle cronache come paradisi fiscali (Cayman, Bermuda, etc), ma che sarebbe più corretto definire giurisdizioni segrete, sono nella sostanza propaggini della City britannica. Nel 2020 il Comitato inglese di intelligence e sicurezza ha pubblicato un rapporto da cui è emerso che i miliardari russi che dovevano le loro fortune ai legami con il Cremlino, e con il presidente Putin in particolare, si erano ormai profondamente radicati a Londra e nella finanza britannica investendoci denaro sottratto di fatto allo Stato. Sempre secondo il rapporto i capitali russi hanno fortemente distorto i valori immobiliari di Londra e creato un esercito di consulenti, avvocati, contabili, p.r. ed agenti immobiliari che si prendono amorevolmente cura degli interessi degli oligarchi.
“Le nuove sanzioni dovrebbero colpire Vladimir Putin la sua mafia nel Cremlino”, svelando “finalmente al mondo e ai russi la ricchezza dei funzionari del Cremlino e degli oligarchi. La Gran Bretagna ha un obbligo particolare in questo senso considerati gli asset dei russi a Londra” scrive oggi il board editoriale del Wall Street Journal in un commento dal titolo il ‘Nuovo disordine mondiale di Putin’.