“Da alcune settimane è in atto una quotidiana campagna di stampa nei confronti dei magistrati di Catanzaro, che vengono accusati esplicitamente di agire per fini personali, di utilizzare mezzi illeciti, di sottoporre a tortura persone innocenti. Il diritto di critica nei confronti delle iniziative giudiziarie è connotato irrinunciabile del sistema democratico, e può e deve essere esercitato anche in maniera severa, ma non può mai tradursi in invettive gratuite o in aggressioni personali nei confronti di magistrati da anni impegnati nel contrasto al crimine organizzato. Il rischio è quello di delegittimare complessivamente l’azione della magistratura e dello Stato in un territorio difficile come la Calabria, nel quale è fortissima la presenza della criminalità organizzata e la sua capacità di penetrare la società e le istituzioni ad ogni livello. Chiediamo pertanto l’apertura di una pratica a tutela dei magistrati di Catanzaro”. A scriverlo in una nota indirizzata al Comitato di presidenza del Consiglio superiore della magistratura sono i consiglieri togati del gruppo progressista di Area democratica per la giustizia, Alessandra Dal Moro, Elisabetta Chinaglia, Giuseppe Cascini, Mario Suriano e Ciccio Zaccaro.
Il riferimento è in particolare a una serie di articoli pubblicati dal quotidiano Il Riformista dopo la scarcerazione dell’ex deputato di Forza Italia Giancarlo Pittelli, accusato di concorso esterno con la ‘ndrangheta e tra i principali imputati del maxi-processo denominato “Rinascita-Scott”. Contro la decisione del Tribunale di Vibo Valentia, che ha convertito dalla custodia in carcere ai domiciliari la misura nei confronti di Pittelli, il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri e i sostituti Andrea Mancuso, Annamaria Frustaci e Antonio De Bernardo hanno presentato appello il 22 febbraio. Provocando l’ira del direttore del Riformista Piero Sansonetti, che titolava così il proprio editoriale del giorno successivo: “Gratteri si accanisce contro Pittelli: non gli bastano due anni e mezzo di torture, senza prove lo vuole ancora in prigione”. Un articolo che secondo la sezione di Catanzaro dell’associazione nazionale magistrati conteneva “un’aggressione verbale violenta nei confronti del procuratore della Repubblica” attraverso “frasi offensive e non veritiere”, insinuando inoltre “che esista un collegamento tra la carriera in magistratura del procuratore Nicola Gratteri e la crescita della ‘ndrangheta: con l’obiettivo di delegittimare il lavoro di un magistrato, al contrario, quotidianamente impegnato nella lotta alla criminalità organizzata”.