E' emerso anche il ruolo svolto dalla Cina. Non solo come Paese pronto ad assorbire parte dei flussi commerciali di Mosca per annacquare le conseguenze delle sanzioni che Unione europea e Stati uniti hanno messo appunto, ma anche come timoniere verso una tregua adesso auspicata da tutti. Una strategia che, però, nasconde la volontà di Pechino di indebolire il fronte guidato dagli Usa
Mentre l’avanzata in Donbass delle truppe filo-russe sembra essere inarrestabile e i militari di Mosca sono ormai a Kiev pronti a piegare le ultime, deboli resistenze dell’esercito ucraino, la possibile svolta della guerra è arrivata in poche ore. Uno scambio di messaggi a distanza tra l’esecutivo russo e quello ucraino ha aperto le porte a un nuovo tavolo negoziale tra le parti, sempre a Minsk. Grande timoniere, dietro le quinte, la Cina di Xi Jinping che prima ha appoggiato il Cremlino in funzione anti-americana e, adesso, tenta di ristabilire una tregua per evitare una totale destabilizzazione dell’area.
In mattinata era stato il ministro degli Esteri russo, Serghej Lavrov, a riportare il tema dei nuovi colloqui in cima all’agenda dei due Paesi rivali ribadendo, come successo anche nelle ore passate, la volontà di Mosca di risolvere la questione per vie diplomatiche, prima di una vera e propria presa di Kiev che provocherebbe un numero ben più alto di vittime rispetto a quello registrato fino ad ora: la Russia è pronta a negoziare con l’Ucraina se “depone le armi”, ha dichiarato. Ieri sera, però, dalla presidenza di Kiev non era arrivata alcuna risposta, con Volodymyr Zelensky impegnato a spingere la popolazione a imbracciare le armi, imponendo la mobilitazione generale. Oggi, al nuovo stimolo di Lavrov, dall’altra parte è arrivata la risposta: “Voglio fare appello ancora una volta al presidente della Federazione russa perché si sieda al tavolo del negoziato e fermi la morte delle persone”, ha detto Zelensky in uno degli ultimi videomessaggi pubblicati sui suoi profili.
Da questo momento, emerge il ruolo svolto dalla Cina. Non solo come Paese pronto ad assorbire parte dei flussi commerciali di Mosca per annacquare le conseguenze delle sanzioni che Unione europea e Stati Uniti hanno messo a punto, ma anche come timoniere responsabile di portare i due contendenti al tavolo negoziale. Putin ha avuto un colloquio telefonico proprio con il presidente cinese al quale l’instabilità nella regione non piace affatto, pur essendosi schierato dalla parte del suo omologo russo in funzione anti-Usa. Ciò che ne è venuto fuori sono dichiarazioni di apertura da parte dei due leader: “Dovremmo abbandonare la mentalità da Guerra Fredda e rispettare le preoccupazioni legittime in materia di sicurezza di tutti i Paesi”, hanno riaffermato da Pechino facendo così capire che era necessario tornare ad abbassare la tensione, aggiungendo che la Cina “sostiene un accordo negoziato tra Russia e Ucraina”. Un messaggio che suona come un invito per Kiev e come un suggerimento, invece, per Mosca che con le sanzioni pronte a scattare ha rafforzato il proprio legame (e aumentato la sua dipendenza) con Pechino: “È necessario prendere in considerazione e rispettare le legittime preoccupazioni per la sicurezza dei Paesi e, attraverso i negoziati, formare un meccanismo equilibrato, efficace e sostenibile per garantire la sicurezza europea”, ha detto Xi. Dal Cremlino hanno voluto far sapere che Xi Jinping ha sottolineato nel suo colloquio con Putin “l’inammissibilità dell’uso di sanzioni illegittime per servire gli interessi egoistici di alcuni Paesi“.
Dopo la linea tracciata da Pechino, arrivano non a caso anche le parole di Vladimir Putin: Mosca è disposta a “colloqui di alto livello con Kiev”, ha annunciato definendo la proposta del presidente ucraino “un passo nella giusta direzione” che “sarà considerato”. La città proposta per gli incontri è Minsk. La capitale bielorussa in mano a uno dei più fedeli alleati dello Zar, Aleksandr Lukashenko, potrebbe quindi essere di nuovo luogo di trattative tra le parti, come nel 2014, quando vennero firmati i mai realmente rispettati Accordi dopo l’invasione della Crimea e la proclamazione unilaterale delle repubbliche separatiste di Donetsk e Luhansk.
Osservatore interessato sono ovviamente gli Stati Uniti ai quali, secondo indiscrezioni diffuse dal New York Times, non è piaciuto l’appoggio di Pechino alla Russia in funzione anti-occidentale, quando da mesi Washington chiedeva alla Repubblica Popolare di avviare un dialogo col Cremlino per dissuaderlo dall’invadere l’Ucraina: per tre mesi, sostengono, funzionari dell’amministrazione Biden hanno avuto una mezza dozzina di incontri con alti funzionari cinesi, di cui l’ultimo mercoledì, presentando informazioni sulle truppe russe ammassate intorno all’Ucraina e “supplicando” un intervento anti-invasione. Il quotidiano, citando funzionari Usa, scrive che ogni volta la parte cinese ha respinto gli appelli, mostrando scetticismo, salvo poi condividere le informazioni con Mosca nel tentativo Usa di seminare discordia e spingere Putin a compiere una mossa che avrebbe indebolito il fronte Nato.