di Matteo Di Pietrantonio

A cinque anni dall’ultimo Summit, venerdì 18 febbraio si è concluso il vertice tra Unione Europea e Unione Africana, tenutosi con l’obiettivo di riaffermare le relazioni tra i due continenti a partire da un’azione congiunta sulla crisi pandemica.

L’evento avrebbe dovuto segnare un cambio di rotta nella risposta alla pandemia: una svolta che potesse ribilanciare le differenti capacità di risposta al virus e consentire di superare congiuntamente le sfide di questo momento, che nessun governo può affrontare da solo. Era l’opportunità per unire risorse e visioni, ma anche per pretendere impegni e responsabilità reciproche su politiche di salute globale, ripresa economica ed empowerment giovanile.

La storica importanza di questo vertice deriva non solo dal fatto che non capita frequentemente di vedere al tavolo di negoziazione due istituzioni che rappresentano ben 82 nazioni, ma soprattutto dai temi oggetto di discussione tra le parti, con effetti diretti sulla vita quotidiana di oltre un miliardo di cittadini e cittadine. La discrepanza degli attori che si sono seduti al tavolo è lampante: da una parte l’Unione Europea, con il 71.7% della popolazione che ha completato il ciclo vaccinale e un investimento medio del 18% del proprio Pil a supporto della ripresa economica dalla pandemia; dall’altra l’Unione Africana, con l’12.33% di doppie dosi distribuite e meno del 2% del Pil speso in sostegno dei propri cittadini e cittadine.

Questo summit era il momento per concretizzare le promesse espresse in numerosi vertici multilaterali dei mesi precedenti e per superare la pandemia con uno sforzo congiunto, riconoscendo con le azioni, e non con la sola retorica, che nessuno potrà dirsi al sicuro finché non lo saremo tutti. I risultati, racchiusi nella dichiarazione finale del Summit, si sono rivelati tuttavia deludenti e non all’altezza della portata di questa crisi.

L’Ue ha fatto alcuni buoni, ma piccoli, passi in avanti: ha destinato metà degli investimenti del Global Gateway per il 2021-2027 all’Africa – per un valore totale di 150 miliardi di dollari – e ha preso impegni concreti a sostegno dei sistemi sanitari africani, finanziandone il rafforzamento, impegnando 100 milioni di euro per sostenere l’Agenzia africana per i medicinali nei prossimi cinque anni e approvando una quota di 425 milioni di euro per garantire la fornitura di vaccini. Ma tutto questo, sebbene positivo, non risponde alle necessità più urgenti e cruciali dei paesi africani.

Infatti, prima del vertice, i leader dell’Unione Africana erano stati chiari sulla richiesta che le nazioni più ricche redistribuissero 100 miliardi di dollari in Diritti Speciali di Prelievo per sostenere la ripresa economica del continente. L’Unione Europea, purtroppo, ha ampiamente ignorato questo appello. Un simile approccio è stato seguito riguardo alla richiesta della sospensione temporanea dei diritti di proprietà intellettuale sui vaccini Covid-19, che consentirebbe di aumentarne la produzione in Africa, agevolarne la distribuzione e salvare numerosissime vite.

L’Africa, infatti, importa il 99% dei suoi vaccini, e, in questa situazione d’emergenza, è di vitale importanza che il continente non dipenda da altri per la propria sicurezza sanitaria. Tuttavia, dopo due anni di pandemia, nessun accordo significativo è stato trovato sul trasferimento della tecnologia necessaria a consentire l’immediata produzione dei vaccini, il che rende legittima la domanda: le vite degli africani e delle africane valgono davvero meno della tutela a tutti i costi dell’innovazione e del profitto delle aziende farmaceutiche? Con appena un decimo della popolazione africana completamente vaccinata, la conclusione è che questo vertice ha fatto poco per affrontare il bisogno di dare un’immediata risposta a questa crisi, a oltre 700 giorni dal suo inizio.

Come giovane attivista, mi sento completamente deluso dalla cecità dimostrata dai nostri leader: penso che un partenariato tra Europa e Africa veramente giusto e inclusivo debba essere basato sulla mutua cooperazione, non sulla selettiva messa in pratica di alcune richieste. È fondamentale che le due parti agiscano insieme per superare questa e le future sfide che, come il cambiamento climatico e le crescenti disuguaglianze, ci troviamo davanti: mi aspetto che le persone e il loro benessere vengano anteposte al profitto.

Riconosco che una pandemia sia di complicata gestione ma abbiamo tutti gli strumenti per lasciarci la crisi alle spalle: è arrivato il momento di usarli. Mi aspetto uno sforzo in più dalla leadership italiana ed europea a sostegno delle nazioni più vulnerabili alle conseguenze di questo virus. L’augurio è che già nel prossimo incontro tra i leader del G7 vengano prese misure urgenti per raggiungere concretamente l’obiettivo prefissato di immunizzare il 70% delle popolazioni di ogni paese entro la metà di quest’anno. I progressi non possono attendere, ne va delle nostre vite e del nostro futuro comune.

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