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Ucraina: pur condannando l’aggressione russa, mi rifiuto di mettere l’elmetto a fianco della Nato

Il mondo è sull’orlo del baratro. L’appello del presidente ucraino a formare una coalizione di guerra contro la Russia rappresenta chiaramente un passo in quella direzione. Sembra concretizzarsi la profezia di Giulietto Chiesa che aveva identificato proprio nell’Ucraina la culla della Terza guerra mondiale. Come affermato dall’Associazione internazionale dei giuristi democratici l’offensiva russa costituisce un’evidente violazione del diritto internazionale. Essa costituisce altresì un’applicazione da manuale della nefasta dottrina dell’autodifesa preventiva, enunciata dagli Stati Uniti, con tanto di tentativi, per la verità non troppo felici, di giustificazione giuridica, con paludati articoli in riviste prestigiose come l’American Journal of International Law e simili, e messa in pratica con grande dispiego di uomini, mezzi e vittime, soprattutto nell’aggressione all’Iraq del 2003.

Putin può quindi tutto sommato essere considerato un emulo di Bush, da questo punto di vista. E sicuramente si tratta di un approccio non compatibile col diritto internazionale vigente che è fondato sul divieto dell’uso della forza e delle aggressioni militari. Putin quindi ha le sue responsabilità e, a giudicare da come stanno messi gli Stati Uniti a circa vent’anni dall’aggressione, sul piano interno come su quello internazionale, si può vaticinare che questa scelta non sarà foriera di conseguenze positive per la Russia e il suo popolo.

Esistono però anche delle differenze che vanno colte rispetto all’aggressione statunitense all’Iraq e ad altri Stati che riguardano il tema della sicurezza per tutti, inclusa ovviamente la Russia. Questa ha subito negli ultimi anni un accerchiamento intollerabile che si è concretizzato con la progressiva espansione della Nato che, con la minacciata adesione dell’Ucraina, si sarebbe allargata fin ben all’interno delle frontiere dell’ex Unione Sovietica. Se vogliamo evitare la catastrofe dobbiamo oggi dissociarci dalla logica implacabile della guerra.

Pur condannando l’aggressione russa all’Ucraina occorre quindi rifiutarsi di mettere l’elmetto e di schierarsi con la Nato come vorrebbero i vanagloriosi leader dell’Occidente, mettendo definitivamente in archivio ogni dialogo. Se un intervento militare dell’Occidente in Ucraina appare oggi folle e impensabile, occorre anche scongiurare l’instaurazione di un clima permanente di scontro fra Est e Ovest.

Per prima cosa occorre che le armi tacciano. E occorre tutelare le popolazioni civili che, come sempre accade, sono le prime e principali vittime degli eventi bellici. Va scongiurato ogni allargamento del conflitto. Le sanzioni minacciate, in particolare, minacciano di trasformarsi in un boomerang e la garanzia della pace è legata allo sviluppo delle relazioni economiche e dell’interscambio commerciale. Altrimenti le uniche industrie destinate a prosperare sono quelle degli armamenti, la cui prosperità verrà fatalmente a coincidere con la distruzione del genere umano.

Occorre poi mettere mano alle radici di fondo del conflitto che sono lo status del Donbass e la neutralizzazione dell’Ucraina. Si tratta dei problemi che costituiscono le cause di fondo del conflitto. Il primo si è determinato a seguito del rovesciamento violento del governo Yanukovich coi cosiddetti moti di Maidan del febbraio 2014 e l’emarginazione della consistente minoranza russofona, che è pari al 25% del complesso della popolazione ucraina e largamente maggioritaria proprio nel Donbass. La soluzione del problema è stata a lungo perseguita mediante i cosiddetti Accordi di Minsk, sotterrati dalla decisione russa di riconoscere le Repubbliche indipendenti del Donbass ma, prima ancora, dal boicottaggio ucraino.

Il secondo tema, quello della neutralizzazione dell’Ucraina, è ancora più importante dato che la Russia ha subito per oltre trent’anni l’espansione verso Est della Nato, avvenuta in aperto dispregio degli impegni assunti dall’Occidente nel momento della riunificazione della Germania. Da questa espansione è nata la legittima preoccupazione della Russia, che paventava l’installazione dei missili nucleari della Nato sul territorio ucraino, preoccupazione peraltro amplificata dagli irresponsabili proclami di Stoltenberg e altri leader occidentali sul diritto dell’Ucraina a scegliersi i propri alleati.

Uno spiraglio positivo pare oggi aprirsi colla dichiarazione del portavoce del presidente ucraino, forse purtroppo tardiva, di accettare la neutralizzazione dell’Ucraina a condizione di ottenere le garanzie della propria sicurezza e anche coll’invito del presidente ucraino Zhelensky, che ha chiesto un negoziato a Putin. Invito che quest’ultimo pare sia fortunatamente disposto ad accogliere.

Non estendere la visuale e l’analisi ai citati problemi di fondo, focalizzandosi solo sulla reazione russa di questi giorni, per quanto a sua volta illegittima, significa compiere un’operazione intellettualmente disonesta, politicamente infruttuosa e del tutto negativa sul piano dei suoi effetti pratici sul bene fondamentale della pace che abbiamo tutti a cuore.

Enunciando la dottrina dell’autodeterminazione dei popoli, le cui conseguenze sullo status dell’Ucraina sono state ingiustamente criticate da Putin qualche giorno fa, il grande leader bolscevico Vladimir Lenin aveva ben chiaro che gli interessi dei popoli e delle classi lavoratrici coincidono fra di loro. Un insegnamento oggi più che mai necessario per affermare le indispensabili ragioni della pace dei fronte ai complotti dei mercanti d’armi, dei burocrati della guerra, dei leader nazionalisti e degli imperialisti di ogni genere.

Per risolvere la crisi occorre urgentemente una Conferenza di pace che affronti il tema della sicurezza dell’area. Di fronte al nullismo dei governanti europei va a mio avviso apprezzata la posizione concreta di quelli cinesi, i quali invitano tutte le parti alla moderazione affermando la necessità di “un concetto di sicurezza comune, globale, cooperativo e sostenibile e per salvaguardare il sistema internazionale con l’Onu al centro” e che stanno operando fattivamente per la pace. Quel che è certo è anche che è tempo che sorga, sulle ceneri della Nato, un soggetto politico autonomo europeo in grado di inserirsi in modo costruttivo nella nuova realtà internazionale multipolare.