Con la guerra di Putin in Ucraina, il timore dei neoconservatori e dei falchi in tutte le capitali occidentali (e cioè i 30 paesi membri della NATO – Roma compresa) è che, negli accelerati cambiamenti di questi giorni in cui si prepara il nuovo ordine mondiale, si stia per rafforzare troppo il fronte autocratico dei regimi forti: la Russia di Vladimir Putin e la Cina di Xi JinPing.

I mediocri esponenti della politichetta nostrana bollano i due leader non liberaldemocratici come dittatori, criminali, assassini (lo disse Joe Biden a Putin), senza capire che la realpolitik impone di considerare razionalmente che quel ‘campo largo’ che si estende da San Pietroburgo a Shanghai potrebbe ricordare l’alleanza sino-sovietica degli anni ’50, ma in realtà è molto più potente e assertivo in questo mondo tri-polare di blocchi geopolitici ed economici, il che comporta rischi sistemici e pericoli ben maggiori di quelli della Guerra Fredda.

Il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg, uno dei simboli del vero potere (tra qualche mese lascerà l’Alleanza Atlantica e andrà – guarda caso – a fare il banchiere centrale in Norvegia), è tra coloro che hanno aizzato e cercato di ricompattare i cosiddetti “democratici” (quelli che occupano l’Afghanistan per 20 anni e poi mollano il paese con ignominia abbandonandolo allo Stato Islamico), mettendo sul tavolo i legami sempre più solidi tra Pechino e Mosca anche in questa fase di guerra in Ucraina: “Fondamentalmente ciò che vediamo è che due potenze autoritarie, Russia e Cina, stanno operando insieme”, ha detto Stoltenberg. La differenza è che la Cina guidata da Xi è un campione mondiale di pragmatismo geopolitico in grado di studiare, analizzare e programmare scenari economici e sociali fino al 2050 e oltre; la Russia di Vladimir Putin mostra, diciamo, qualche inclinazione alla sindrome da doppia personalità, quella di un giocatore di poker che a volte è anche scacchista. Eppure quando si fornisce il 45% del gas all’Europa, cosa fareste voi?

Fatto sta che la Russia venerdì 25 febbraio ha posto il veto a un progetto di risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che deplora l’invasione dell’Ucraina. Gli Stati Uniti, il Regno Unito, la Francia e il Brasile erano tra i paesi promotori; Cina, India ed Emirati Arabi Uniti si sono astenuti. La Cina non ha votato contro ma si è astenuta ed è qui l’essenza della sua dote diplomatica.

Pochi punti vorrei mettere in evidenza.

1) Pechino ha un Pil dieci volte più grande di quello di Mosca, appena $1,7 trilioni, più o meno 2/3 di quello italiano. Pare evidente che la Cina potrà dare una mano a Putin per controbilanciare le inutili sanzioni di Usa e UE, nonostante siano sulla bocca di ogni politico occidentale come bandiera di resistenza anti-russa.

2) Xi Jinping non condivide affatto le “uscite” di Joe Biden (per inciso: secondo me uno dei peggiori presidenti della recente storia americana, debole, indeciso e ostaggio della guerra civile strisciante dei trumpiani), il quale ha definito l’operazione militare della Russia contro Kiev “ingiustificata e non provocata”. Il leader cinese invece concorda in pieno sul fatto che il deep state di Washington ha volutamente, per mesi, ignorato la lunga lista di richieste che Vladimir Putin voleva fossero discusse.

3) La possibilità di una soluzione negoziata è l’esito migliore della guerra in Ucraina, parlare è quel che si doveva fare fin dall’inizio per evitare l’attacco russo contro Kiev. Seduti ad un tavolo, NATO, Russia e Occidente, tipo Yalta. Putin ignora sempre l’Unione Europea volendo bypassare la cacofonia dei 27 stati membri (ecco perché non vuole ricevere Mario Draghi al Cremlino e si è fatto beffe di Emmanuel Macron). Nessuno riconosce il fatto che il leader della Federazione Russa ha chiesto di sedersi intorno a un tavolo per discutere di “sicurezza”, avendo visto raddoppiare i membri NATO da 16 a 30 negli ultimi venti anni. Dal suo punto di vista la forsennata espansione a Est dell’Alleanza Atlantica è aggressiva e non difensiva.

4) Putin in sostanza voleva discutere di sicurezza e assetti militari in Europa. Voleva si parlasse dei missili nucleari NATO in Romania e Polonia, delle basi europee con 100 bombe atomiche americane, comprese le 40 in Italia custodite a Ghedi e Aviano per un patto segreto tra Roma e Washington. Nessuno lo ha ascoltato, lo hanno ridicolizzato ed ecco l’Ucraina.

Noi razionalisti avremmo sperato che l’Occidente trovasse il coraggio politico e fosse all’altezza delle richieste russe, alcune buone altre meno, espresse formalmente da Putin il 15 dicembre 2021, accettando di discutere e forse rivedere congiuntamente l’architettura di sicurezza dell’Europa in modo più equo, giudicando la Russia non come paria ma come interlocutore. Niet.

Alcuni osservatori non mainstream (andrebbero seguiti solo loro e non gli organi della propaganda Cia e Pentagono) sostengono che Joe Biden e i suoi consiglieri nel ramo esecutivo del governo (il segretario di Stato Antoni Blinken in testa) sono ‘pigmei intellettuali’ rispetto ai loro predecessori. L’amministrazione Biden non solo è schiava dei vecchi cliché paranoici da Guerra Fredda, ma si è assunta il grave onere, strategicamente sbagliatissimo, di avere oggi prescelto per l’America due nemici sistemici in contemporanea: la Cina (fa paura soprattutto per la sua superiore forza economica e per la concorrenza da qui ai prossimi 20 anni) e la Russia, per gli americani e per il Congresso il ‘cattivo’ di sempre. Trascinando in questa logica anche gli alleati, deboli e senza carattere, come noi europei.

In questo scenario Xi Jinping è molto cauto e prudente, la Cina è una forza tranquilla e potente, non ha alcuna voglia di minare l’interazione tra le economia cinese e americana. L’attacco alla traballante struttura dell’egemonia globale degli Stati Uniti deve procedere ma molto piano, per gradi, senza traumi. Per questo Pechino ha seguito una linea diplomatica assai accorta sulla guerra in Ucraina, rifiutando di chiamarla “invasione” o di condannare le operazioni militari della Russia. Uno stretto alleato merita rispetto anche nel caso esageri. Nei giorni scorsi Xi ha telefonato a Putin e gli ha detto che è importante “abbandonare la mentalità della guerra fredda, dare importanza e rispettare le ragionevoli preoccupazioni di sicurezza di tutti i paesi, e formare un meccanismo di sicurezza europeo equilibrato, efficace e sostenibile attraverso i negoziati”.

L’ideale sarebbe un’Ucraina neutrale come la Svizzera, sia a Putin che a Xi Jinping andrebbe bene. Ne parlo nel mio ultimo libro “Attacco Nucleare: Modesta proposta per un’Italia senza bombe atomiche americane”, dove racconto anche tutti i dettagli delle operazioni militari congiunte di forze armate di Russia e Cina (decine di migliaia di truppe e mezzi) che si svolgono regolarmente da vari anni: a Vladivostok se ne tenne tempo fa una di enormi proporzioni. Una conferma dell’asse tra i due paesi non-occidentali che però non è l’Asse del male, come Washington lo ha definito. Infatti i media cinesi hanno raccontato con pacatezza e senza isterie lo sviluppo della crisi in Ucraina, spiegando per quale motivo Putin ha delineato le ragioni per cui la Russia ha lanciato la “speciale operazione militare”. “Gli Stati Uniti e la NATO hanno a lungo ignorato le ragionevoli preoccupazioni di sicurezza della Russia, rinnegando ripetutamente i loro impegni, e hanno continuato a portare avanti lo spiegamento militare verso est, sfidando la linea di fondo strategica della Russia”, secondo la televisione di stato cinese CCTV.

Vogliamo allora fare uno sforzo per uscire dalla retorica di Zelensky – un ex comico – che resiste in tuta mimetica in un paese in cui i russi hanno annichilito in pochi minuti tutte le difese aeree e missilistiche, e tentare di guardare oltre?

Vogliamo ricordare che in Ucraina, se la situazione anche per errore sfuggisse di mano, sia la Russia che la NATO potrebbero usare ‘armi nucleari tattiche’ – i russi sono di gran lunga superiori – per cui una guerra atomica ‘locale’ può diventare globale e provocare centinaia di milioni di morti? Russia e Cina stanno andando gradualmente verso un’alleanza strategica di lungo termine che Vladimir Putin e Xi Jinping vedono – ognuno con le proprie macroscopiche differenze – come un’affermazione di autonomia geopolitica, culturale e militare in contrapposizione all’Occidente. Da Roma, da Bruxelles e da Washington dovremmo imparare a convivere, trattare, discutere e cooperare sia con Vladimir che con Xi. E non trattarli da dittatori, ladri, assassini e affamatori dei loro popoli.

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