di Monica Valendino
Condannare una guerra è quasi banale, tanto dovrebbe essere maturo l’essere umano per comprendere che le armi non sono la soluzione di nessun problema ma lo strumento per crearlo. Per cui oggi è impensabile non condannare umanamente l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.
Però siccome il mondo non è perfetto e soprattutto le armi lo governano ancora (e da sempre), occorrerebbe essere un po’ meno ipocriti e valutare la situazione in maniera obiettiva.
“Se vuoi che l’Ucraina non sia membro della Nato e dell’Ue, ma sia un Paese amico dell’Europa e un ponte con la Russia, devi avere una politica coerente con questo obiettivo. Se l’obiettivo è portare l’Ucraina nella Nato, allora crei tensioni irreversibili”: non lo ha detto un simpatizzante di Putin qualsiasi, ma Romano Prodi nel 2015 appena un anno dopo la cosiddetta rivoluzione arancione culminata con l’allontanamento dell’ex presidente Viktor Janukovyč, filo russo. E un anno dopo che la “Verkhovna Rada” aveva approvato il progetto di legge sulla ratifica dell’accordo di associazione tra l’Ucraina e l’Unione europea firmato dal presidente Petro Poroshenko.
Atto che però non prese piede nel vecchio continente tant’è che i Paesi Bassi nel 2016 sulla questione proposero un referendum consultivo il cui risultato fu eloquente e vincolante per il governo dell’Aja: sull’accordo prevalse un No deciso col 61,1% dei suffragi. Da lì è stata approvata una risoluzione dei capi di governo Ue per apportare un interpretazione giuridicamente vincolante, specificando che l’accordo di associazione non impegna l’Ue a concedere all’Ucraina lo status di candidato all’adesione all’Ue, a fornire garanzie di sicurezza, aiuti finanziari militari o libera circolazione all’interno dell’Ue.
Insomma la questione ucraina era vista per quello che è sempre stata: un paese che può essere naturalmente indipendente, ma la cui annessione a Nato o Ue avrebbe creato problemi enormi con Putin. Problemi da sempre denunciati dal presidente russo, ma inascoltati tanto che per mano degli Stati Uniti la forza militare si è spostata sempre più a est.
Nel 2020, quando è scoppiata la pandemia, su molti media russi, ucraini e gerorgiani si puntava il dito contro gli States che a loro dire lavorerebbero su armi batteriologiche proibite nei nuovi laboratori nati negli ultimi anni e che hanno sempre preoccupato l’oligarchia russa. Insomma da tempo si fiutava che se Putin non poteva pensare di mettere un suo presidente fantoccio a Kiev, è altrettanto vero che l’Occidente non doveva pretendere un allargamento dei suoi confini.
Il tempo per trattare c’era e in fin dei conti le richieste di Putin erano obiettivamente accettabili: creazione di Stati cuscinetto neutrali, demilitarizzazione dell’est Europa al pari di un contemporaneo disarmo russo. Ma l’ex presidente Trump che oggi critica il suo successore, non si ricorda che nel 2020 si è ritirato dal trattato “Open skies” sui sorvoli aerei: uno strappo con Mosca e con i partner europei della Nato.
La tensione è quindi saluta ulteriormente. Putin non ha trovato risposte ma solo ulteriori minacce (il patto tra Gran Bretagna e Ucraina e in ultimo la Polonia) e alla fine ha fatto quello che probabilmente gli stessi americani avrebbero fatto. Proviamo a pensare se, per il principio portato avanti da Biden e dall’Ue di autonomia degli stati, per esempio il Messico decidesse di fare un’alleanza strategica con Cina e Russia ospitando missili e armi sul suo territorio: cosa si direbbe? Probabilmente lo stesso che si disse nel 1962 per la crisi cubana.
Per cui se la guerra è da censurare, forse un po’ di autocritica politica in Occidente andrebbe fatta. Per onore della verità e per cercare in futuro di non commettere più gli stessi errori.
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Mondo - 26 Febbraio 2022
La guerra in Ucraina va condannata, ma un po’ di autocritica politica l’Occidente dovrebbe farsela
di Monica Valendino
Condannare una guerra è quasi banale, tanto dovrebbe essere maturo l’essere umano per comprendere che le armi non sono la soluzione di nessun problema ma lo strumento per crearlo. Per cui oggi è impensabile non condannare umanamente l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.
Però siccome il mondo non è perfetto e soprattutto le armi lo governano ancora (e da sempre), occorrerebbe essere un po’ meno ipocriti e valutare la situazione in maniera obiettiva.
“Se vuoi che l’Ucraina non sia membro della Nato e dell’Ue, ma sia un Paese amico dell’Europa e un ponte con la Russia, devi avere una politica coerente con questo obiettivo. Se l’obiettivo è portare l’Ucraina nella Nato, allora crei tensioni irreversibili”: non lo ha detto un simpatizzante di Putin qualsiasi, ma Romano Prodi nel 2015 appena un anno dopo la cosiddetta rivoluzione arancione culminata con l’allontanamento dell’ex presidente Viktor Janukovyč, filo russo. E un anno dopo che la “Verkhovna Rada” aveva approvato il progetto di legge sulla ratifica dell’accordo di associazione tra l’Ucraina e l’Unione europea firmato dal presidente Petro Poroshenko.
Atto che però non prese piede nel vecchio continente tant’è che i Paesi Bassi nel 2016 sulla questione proposero un referendum consultivo il cui risultato fu eloquente e vincolante per il governo dell’Aja: sull’accordo prevalse un No deciso col 61,1% dei suffragi. Da lì è stata approvata una risoluzione dei capi di governo Ue per apportare un interpretazione giuridicamente vincolante, specificando che l’accordo di associazione non impegna l’Ue a concedere all’Ucraina lo status di candidato all’adesione all’Ue, a fornire garanzie di sicurezza, aiuti finanziari militari o libera circolazione all’interno dell’Ue.
Insomma la questione ucraina era vista per quello che è sempre stata: un paese che può essere naturalmente indipendente, ma la cui annessione a Nato o Ue avrebbe creato problemi enormi con Putin. Problemi da sempre denunciati dal presidente russo, ma inascoltati tanto che per mano degli Stati Uniti la forza militare si è spostata sempre più a est.
Nel 2020, quando è scoppiata la pandemia, su molti media russi, ucraini e gerorgiani si puntava il dito contro gli States che a loro dire lavorerebbero su armi batteriologiche proibite nei nuovi laboratori nati negli ultimi anni e che hanno sempre preoccupato l’oligarchia russa. Insomma da tempo si fiutava che se Putin non poteva pensare di mettere un suo presidente fantoccio a Kiev, è altrettanto vero che l’Occidente non doveva pretendere un allargamento dei suoi confini.
Il tempo per trattare c’era e in fin dei conti le richieste di Putin erano obiettivamente accettabili: creazione di Stati cuscinetto neutrali, demilitarizzazione dell’est Europa al pari di un contemporaneo disarmo russo. Ma l’ex presidente Trump che oggi critica il suo successore, non si ricorda che nel 2020 si è ritirato dal trattato “Open skies” sui sorvoli aerei: uno strappo con Mosca e con i partner europei della Nato.
La tensione è quindi saluta ulteriormente. Putin non ha trovato risposte ma solo ulteriori minacce (il patto tra Gran Bretagna e Ucraina e in ultimo la Polonia) e alla fine ha fatto quello che probabilmente gli stessi americani avrebbero fatto. Proviamo a pensare se, per il principio portato avanti da Biden e dall’Ue di autonomia degli stati, per esempio il Messico decidesse di fare un’alleanza strategica con Cina e Russia ospitando missili e armi sul suo territorio: cosa si direbbe? Probabilmente lo stesso che si disse nel 1962 per la crisi cubana.
Per cui se la guerra è da censurare, forse un po’ di autocritica politica in Occidente andrebbe fatta. Per onore della verità e per cercare in futuro di non commettere più gli stessi errori.
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Renzi a Miami da Trump all’evento del fondo saudita. Calenda: “Mi vergogno di averlo fatto eleggere”
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "Le parole di Meloni sull’Ucraina sono state nette e chiare in un contesto molto difficile. Le va riconosciuto". Così il segretario di Azione, Carlo Calenda, da Odessa.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "Amiamo le nostre nazioni. Vogliamo confini sicuri. Preserviamo aziende e cittadini dalla follia della sinistra verde. Difendiamo la famiglia e la vita. Lottiamo contro il wokeismo. Proteggiamo il nostro sacro diritto alla fede e alla libertà di parola. E siamo dalla parte del buon senso. Quindi, in definitiva, la nostra lotta è dura. Ma la scelta è semplice. Ci arrenderemo al declino o combatteremo per invertirlo?". Lo ha detto Giorgia Meloni al Cpac.
"Lasceremo che la nostra civiltà svanisca? O ci alzeremo e la difenderemo? Lasceremo ai nostri figli un mondo più debole o più forte? Vorremo che le nuove generazioni si vergognino delle loro radici? O recupereremo la consapevolezza e l'orgoglio di chi siamo e glielo insegneremo? Ho fatto la mia scelta molto tempo fa e combatto ogni giorno per onorarla. E so che non sono solo in questa battaglia, che siete tutti al mio fianco, che siamo tutti uniti. E credetemi, questo fa tutta la differenza", ha concluso.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "Quando la libertà è a rischio, l'unica cosa che puoi fare è metterla nelle mani più sagge. Ecco perché i conservatori continuano a crescere e stanno diventando sempre più influenti nella politica europea. Ed ecco perché la sinistra è nervosa. E con la vittoria di Trump, la loro irritazione si è trasformata in isteria". Lo ha detto la premier Giorgia Meloni al Cpac.
"Non solo perché i conservatori stanno vincendo, ma perché ora i conservatori stanno collaborando a livello globale. Quando Bill Clinton e Tony Blair crearono una rete liberale di sinistra globale negli anni '90, furono definiti statisti. Oggi, quando Trump, Meloni, Milei o forse Modi parlano, vengono definiti una minaccia per la democrazia. Questo è il doppio standard della sinistra, ma ci siamo abituati. E la buona notizia è che le persone non credono più alle loro bugie".
"Nonostante tutto il fango che ci gettano addosso. I cittadini continuano a votarci semplicemente perché le persone non sono ingenue come le considera l'ultimo. Votano per noi perché difendiamo la libertà", ha ribadito.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "La sinistra radicale vuole cancellare la nostra storia, minare la nostra identità, dividerci per nazionalità, per genere, per ideologia. Ma non saremo divisi perché siamo forti solo quando siamo insieme. E se l'Occidente non può esistere senza l'America, o meglio le Americhe, pensando ai tanti patrioti che lottano per la libertà in America Centrale e Meridionale, allora non può esistere nemmeno senza l'Europa". Lo ha detto la premier Giorgia Meloni al Cpac.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "Il Cpac ha capito prima di molti altri che la battaglia politica e culturale per i valori conservatori non è solo una battaglia americana, è una battaglia occidentale. Perché, amici miei, credo ancora nell'Occidente non solo come spazio geografico, ma come civiltà. Una civiltà nata dalla fusione di filosofia greca, diritto romano e valori cristiani. Una civiltà costruita e difesa nei secoli attraverso il genio, l'energia e i sacrifici di molti". Lo ha detto la premier Giorgia Meloni alla conferenza dei conservatori a Washington.
"La mia domanda per voi è: questa civiltà può ancora difendere i principi e i valori che la definiscono? Può ancora essere orgogliosa di sé stessa e consapevole del suo ruolo? Penso di sì. Quindi dobbiamo dirlo forte e chiaro a coloro che attaccano l'Occidente dall'esterno e a coloro che lo sabotano dall'interno con il virus della cultura della cancellazione e dell'ideologia woke. Dobbiamo dire loro che non ci vergogneremo mai di chi siamo", ha scandito.
"Affermiamo la nostra identità. Affermiamo la nostra identità e lavoriamo per rafforzarla. Perché senza un'identità radicata, non possiamo essere di nuovo grandi", ha concluso la Meloni.
(Adnkronos) - "Il nostro governo - ha detto Meloni - sta lavorando instancabilmente per ripristinare il legittimo posto dell'Italia sulla scena internazionale. Stiamo riformando, modernizzando e rivendicando il nostro ruolo di leader globale".
"Puntiamo a costruire un'Italia che stupisca ancora una volta il mondo. Lasciate che ve lo dica, lo stiamo dimostrando. La macchina della propaganda mainstream prevedeva che un governo conservatore avrebbe isolato l'Italia, cancellandola dalla mappa del mondo, allontanando gli investitori e sopprimendo le libertà fondamentali. Si sbagliavano", ha rivendicato ancora la premier.
"La loro narrazione era falsa. La realtà è che l'Italia sta prosperando. L'occupazione è a livelli record, la nostra economia sta crescendo, la nostra politica fiscale è tornata in carreggiata e il flusso di immigrazione illegale è diminuito del 60% nell'ultimo anno. E, cosa più importante, stiamo espandendo la libertà in ogni aspetto della vita degli italiani", ha concluso.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - L'Italia è "una nazione con un legame profondo e indistruttibile con gli Stati Uniti. E questo legame è forgiato dalla storia e dai principi condivisi. Ed è incarnato dagli innumerevoli americani di discendenza italiana che per generazioni hanno contribuito alla prosperità dell'America". Lo ha detto la premier Giorgia Meloni al Cpac a Washington. "Quindi, a loro, permettimi di dire grazie. Grazie per essere stati ambasciatori eccezionali della passione, della creatività e del genio italiani".