Lega in stato confusionale dopo l’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo. Perché non si può dimenticare facilmente lo sbilanciamento pro-Putin che ha portato i leghisti veneti a sostenere il leader di Mosca quando venne occupata la Crimea. Al punto che nella black list di Kiev era finito anche il presidente del Consiglio regionale, Roberto Ciambetti, bollato come “indesiderato”. Intanto si scopre che a Verona c’è la sede di uno dei Centri di rappresentanza della Repubblica separatista di Donetsk in Italia (l’altro è a Torino), che ha suscitato l’entusiasmo dei fedelissimi del Carroccio, a cominciare dal deputato Vito Comencini. Inoltre, Verona è la città il cui consiglio comunale nel 2018 aveva revocato la cittadinanza onoraria attribuita nel 2015 al presidente ucraino Poroshenko per il ritrovamento e la restituzione di 17 quadri rubati al museo di Castelvecchio. In quella occasione l’Ucraina aveva bollato i consiglieri come “burattini di Putin“.
Cominciamo dall’ufficialità. Il governatore Luca Zaia è stato durissimo: “Non ci sono giustificazioni, e non ce ne possono essere. È una follia criminale. Ciò che sta accadendo è inaudito, ci troviamo di fronte al bombardamento di una comunità in ragione di dichiarazioni assolutamente insostenibili di indipendenza o altri discorsi del genere”. Alberto Villanova, capogruppo leghista, ha annunciato una risoluzione che “sostiene l’indipendenza e la sovranità dell’Ucraina entro i suoi confini riconosciuti a livello internazionale e condanna l’intervento militare della Russia”. Al contrario, il presidente del Consiglio regionale Ciambetti, leghista difensivo, è parso quasi giustificare l’azione russa, pur respingendo la violenza: “Se si attuassero le regole dell’Onu, cioè il principio di autodeterminazione dei popoli, si eviterebbe che certe situazioni vadano ad incancrenirsi come è successo adesso”. Ciambetti, d’altra parte, condusse una delegazione di politici e imprenditori in Crimea nel 2016, dopo la firma del trattato di adesione della Crimea alla Russia, e consegnò la bandiera con il Leone di San Marco al presidente Vladimir Konstantinov. Inoltre aveva fatto da osservatore per le elezioni russe del 2018 e illustrato la posizione di Matteo Salvini, ai tempi del governo gialloverde, a favore del ritiro delle sanzioni Ue alla Russia. Allora spiegò: “Gli organizzatori del Forum internazionale fra parlamentari alla Duma, a cui ho partecipato, hanno reagito con stupore al cambio di rotta (dell’Italia, ndr). Non ci credevano. Ho dovuto mostrare il contratto Lega-M5s: ne ho fatto copie cartacee e ne ho spedite altre via mail. Il governo giallo-verde è una sorpresa per i russi ed è stato subito ben visto”.
In un successivo comunicato, Ciambetti ha detto di essere stato strumentalizzato e ha rivendicato di aver condannato l’offensiva russa in qualità di delegato italiano del Comitato europeo delle Regioni (Ecr). Ma nel frattempo contro di lui è partita l’offensiva del Partito democratico. La consigliera regionale Vanessa Camani: “Richiamare il principio di autodeterminazione dei popoli per comprendere se non addirittura giustificare l’invasione militare di Putin è pericoloso e inaccettabile”. La vicepresidente del consiglio regionale Francesca Zottis: “Che ci sia ancora nella Lega chi utilizza la retorica delle rivendicazioni territoriali in nome di un supposto principio di “autodeterminazione dei popoli”, come già accaduto nel 2016 quando il Consiglio regionale votò una risoluzione-farsa a favore dell’annessione russa della Crimea, è un bruttissimo segnale”. Nel mirino anche il consigliere Stefano Valdegamberi, eletto con la Lega ed ora nel gruppo Misto regionale, da sempre amico di Mosca. “In Ucraina la guerra c’è da dieci anni”, ha detto. “Nessuno se n’era accorto? Ci sono stati colpi di Stato verso presidenti legittimamente eletti, ci sono stati 12mila morti nel Donbass. Silenzio. Nessuno ha fatto veglie di preghiera”. Il consigliere Pd Andrea Zanoni ha commentato: “I tentativi di Valdegamberi di difendere Putin sono imbarazzanti. Purtroppo è recidivo: ricordo suoi viaggi insieme al presidente Ciambetti, in Crimea, in violazione della legislazione di Kiev e in contrasto con le decisioni dell’Unione europea”.
Intanto le sirene dell’indipendentismo del Donbass si avvertono anche in Veneto. Palmarino Zoccatelli, già Presidente del Comitato Veneto Indipendente, nel 2019 ha aperto a Verona un Centro di Rappresentanza della Repubblica popolare di Donetsk. Ha affermato di voler “suggellare l’amicizia tra il Veneto e il Donbass, dopo la missione di una delegazione veneta nel novembre 2015 a Donetsk”. Zoccatelli è anche presidente dell’associazione Veneto-Russia, la sorella veneta dell’associazione Lombardia-Russia di Gianluca Savoini coinvolta in un’inchiesta per corruzione internazionale. “Savoini non lo scarico, è una brava persona – commentò ai tempi il leghista veneto – abbiamo un collegamento con alcuni parlamentari, come Vito Comencini, per portare avanti l’eliminazione delle sanzioni alla Russia”. Proprio Comencini, veronese, l’8 febbraio scorso ha preso parte a un evento in videoconferenza per festeggiare i due anni di apertura del centro di Zoccatelli, con la partecipazione della ministra degli Esteri della repubblica separatista, Natalia Nikonorova. Il parlamentare, membro della commissione affari esteri della Camera, dichiara: “La decisione della Russia di riconoscere le due Repubbliche secessioniste russofone di Donetsk e Lugansk è stata una scelta drastica, ma è la conseguenza della mancata risoluzione della situazione in Donbass, che si protrae ormai da anni”.