La notizia dell’invasione della Russia ai danni dell’Ucraina ha colto il mondo di sorpresa, ribadendogli ancora una volta la sua fragilità. Per chissà quale congiunzione astrale (ci sarebbe da chiederlo a Paolo Fox) è arrivata in piena Settimana della Moda milanese: ancora una volta, così come era stato nel 2020 con il paziente “0” italiano di Covid, la realtà si è abbattuta sulle sfilate. In un attimo, le immagini dei carri armati russi per le strade di Kiev hanno spazzato via tutta l’euforia e gli entusiasmi dei primi giorni di quella che doveva essere la Fashion Week della ripartenza. Solo martedì, da Brunello Cucinelli a Claudio Marenzi di Herno, l’ottimismo era palpabile e si guardava con fiducia ai prossimi mesi: “Stiamo uscendo dall’emergenza pandemica, ricavi in crescita e il mercato risponde bene. C’è voglia di tornare a spendere e si investe sulla qualità dei prodotti Made in Italy”, dicevano gli imprenditori.
Poi in un attimo tutto è cambiato. Il traffico in città, le folle fuori dalle sfilate, i tanti vip internazionali arrivati a Milano – da Kim Kardashian a Rihanna – ci sono apparsi subito vacui. Le story pubblicate su Instagram dai vari influencer, con le notizie dall’Ucraina intervallate a foto e video degli eventi esclusivi, sono diventate in un lampo quantomeno fuoriluogo. “The show must go on”, “lo spettacolo deve continuare”, ha sussurrato qualcuno, rintanandosi in questa bolla dorata sospesa a mezz’aria sopra le vite degli altri. Ma se siamo qui a parlarne oggi è perché tutto questo si traduce in un comparto, quello del lusso, che traina la finanza globale, e in un’industria, quella della moda, che è la seconda voce di introiti per il Pil italiano, con un giro d’affari che nel 2021 ha sfiorato gli 80 miliardi di euro ed era previsto ulteriormente in crescita per quest’anno.
Le ripercussioni della guerra in Ucraina sono state immediate per questo settore che è particolarmente sensibile alle tensioni geopolitiche: nel primo giorno di combattimenti, giovedì 24 febbraio, Moncler ha perso più del 4% a Piazza Affari, idem Salvatore Ferragamo e Brunello Cucinelli. Non è andata meglio a Parigi, dove anche Kering, Lvmh e Hermes hanno registrato un calo di oltre 4 punti percentuali, così come il gruppo Inditex. Record negativo per Richemont, con – 6%, mentre a Hong Kong, Prada ha tenuto botta e, beneficiando del rimbalzo delle borse asiatiche, ha guadagnato l’1,5 per cento. Le perdite sono state recuperate in parte nella seduta di venerdì, grazie al rimbalzo che ha fatto chiudere tutte le Borse europee con il segno “più”. Ma i timori restano: “È difficile in questo momento quantificare il danno per il lusso perché non sono ancora chiari i confini delle sanzioni”, ha detto il presidente della Camera Nazionale della Moda italiana Carlo Capasa a Pambianconews. “E poi queste hanno anche effetti indotti e quindi non si limita al discorso dell’esportazione verso quel Paese ma diventa globale perché rincarano i prodotti a livello globale”, ha aggiunto.
Di effetto a catena ha parlato anche Luca Solca, analista dei beni di lusso di Sanford C. Bernstein, in una nota pubblicata su Business of Fashion e conferme arrivano anche dagli ultimi dati diffusi da Confindustria Moda proprio in occasione della Fashion Week milanese, che attestano come la Russia sia il settimo Paese per le esportazioni de Made in Italy, con un giro d’affari di 374milioni di euro nell’ultimo anno solo per quanto riguarda la moda donna, in crescita di oltre il +17%. A rendere il quadro ancor più complesso ci sono poi gli aumenti dei costi dell’energia, delle materie prime e dei trasporti, oltre che l’inflazione in rialzo. Ma non solo. Le preoccupazioni riguardano anche lo shopping indotto dal turismo, che proprio adesso iniziava a risollevarsi dopo due anni di restrizioni ai viaggi imposte dal Covid: secondo i dati elaborati dall’ufficio studi di Confcommercio Milano, i turisti russi a Milano, in crescita costante negli anni pre-Covid, sono stati oltre 185 mila nel 2019 per uno scontrino medio di 2mila euro a visitatore.