Cala il sipario sulla Settimana della Moda milanese. Quella che aveva tutta l’aria di essere la Fashion Week della ripartenza – tra grandi ritorni in calendario e presenze più numerose – si è conclusa in realtà decisamente sottotono e non poteva essere altrimenti viste le notizie che arrivano dalla guerra in Ucraina, con l’invasione decisa da Putin iniziata proprio nel secondo giorno di sfilate. In un attimo, le immagini dei carri armati russi per le strade di Kiev hanno spazzato via tutta l’euforia e gli entusiasmi dei primi giorni di presentazioni, facendoci guardare con occhi diversi a quel tran-tran reso iconico nell’immaginario comune da Il Diavolo Veste Prada, fatto di code fuori dalle location per verificare gli inviti esclusivi, traffico in tilt, folle adoranti armate di smartphone per immortalare il vip o l’influencer di turno e addetti ai lavori sempre sull’orlo di una crisi di nervi.
Questo, però, ha consentito di soffermarsi a mente più lucida sulle collezioni, rimettendo al centro quei prodotti grazie ai quali la moda è la seconda voce del Pil italiano. Le tendenze che emergono da quanto visto in passerella sono molteplici ma si possono facilmente ridurre in filoni, uno fra tutti quello di un ritorno al minimalismo anni ’90. Lo abbiamo visto da Ennio Capasa, che è tornato a sfilare dopo l’esperienza rivoluzionaria di Costume National, conclusasi nel 2016 e ha inaugurato la Fashion Week presentando la sua “collezione zero” sul palco del Teatro degli Arcimboldi di Milano, in un backstage senza soluzione di continuità. “È la collezione fondante del brand, quella che ne esprime al meglio i valori: la sartorialità made in Italy, la tecnologia, ma anche la sostenibilità”, ha spiegato lo stilista presentando il suo nuovo progetto. Il futuro del marchio Capasa prenderà forma nei prossimi mesi: “Lo sviluppo di questo brand non può prescindere da temi come la sostenibilità e la tecnologia. Nella mia idea ci sono piccole collezioni, piattaforme online dove vendere, affittare, rivendere o riciclare gli abiti una volta usati, così da dare vita a una vera e propria community che dovrà sentirsi attivamente coinvolta”. Pochi look estremamente curati che guardano all’evoluzione dei tempi moderni, proprio come da Ferragamo, che ha optato per una presentazione nella suggestiva Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale, in Piazza Duomo, nell’attesa di tornare a sfilare con l’arrivo del nuovo direttore creativo. Per l’Autunno/Inverno 2022 propone una tendenza alla “casualization”, con contaminazioni di tessuti e materiali attenti alla sostenibilità ambientale che vanno a comporre un guardaroba condiviso per lui e per lei, sempre nel segno dell’eleganza che contraddistingue il brand fiorentino. Menzione speciale per gli accessori, le borse in primis e tra queste il nuovo modello a mezzaluna con maxicatena gioiello. Nella versione celeste, è subito must-have.
Minimalismo anche in passerella da Prada, in quella che è stata definita come la collezione in cui Miuccia Prada ha preso il sopravvento su Raf Simons. E, effettivamente, sembra proprio che le cose siano andate così, un po’ come era stato già per la collezione Uomo presentata lo scorso gennaio: il risultato è un’affermazione dei principi fondanti dell’estetica di Prada, con al centro la donna e il suo ruolo nella società contemporanea. “Questa collezione riguarda la storia delle donne – scrive la stilista nelle sue note -, la storia delle persone, non quella della moda. Usare questi capi, attingere dalla storia, ci mette in contatto con le vite del passato: vogliamo riviverle, vogliamo che ci ispirino, vogliamo imparare dalle vite delle persone”. Tutto questo si traduce in pezzi iconici rivisitati in chiave contemporanea: le gonne pencil direttamente dal ruggente 1996, i blazer e gli abiti-cappotto, i capispalla importanti e le sottovesti leggerissime, impreziosite da ricami e perline. E poi la canottiera bianca, che ha fatto tanto scalpore e che abbiamo ritrovato anche da Bottega Veneta, tornata a sfilare sulle passerelle milanesi dopo una lunga assenza. Con l’occasione, c’è stato il debutto del nuovo direttore creativo, Matthieu Blazy, che ha scelto come primo look proprio jeans e canotta bianca. Una dichiarazione d’intenti: comodità, essenzialità e minimalismo d’impronta sartoriale. Tanta pelle, dei tocchi di colore, e il focus del brand che resta sugli accessori: cattura l’attenzione una borsa trapuntata con le borchie. È Bottega o Valentino?
A proposito di collab, Gucci ha colto tutti di sorpresa portando in passerella un inedito mix tra lo stile di Alessandro Michele e il paradigma di Adidas. E così, ecco che l’iconica borsa Diana si tempesta di borchie e si orna con il logo del brand sportivo, che contamina anche i più formali completi sartoriali e rende la tuta un surreale capo da sera. “Pensavo al suit maschile e a quello sportivo, è un incrocio molto desiderato anche da me – ha spiegato il direttore creativo Michele –. In fondo, la tuta è il suit più antico e chic del nostro guardaroba”. In una sala completamente foderata di specchi che riflettono e distorcono la realtà, viene il dubbio che i capi di Adidas x Gucci siano in realtà solo un frutto della nostra fantasia. E invece no, è tutto vero, le tre strisce si fondono con la doppia G e danno vita a capi che già sono cult, consacrati dalla presenza di tutti gli idoli pop del momento, da Achille Lauro ai Ferragnez passando per Rihanna con tanto di pancione in bella vista. E mr. Stansmith, in prima fila, approva.
Strizza l’occhio alle nuove generazioni anche Donatella Versace: “Ragazze come Avanti, Anyier e Tilly incarnano perfettamente la donna Versace grazie all’attitude tipico delle nuove generazioni, diventando simbolo della diversità di genere, colore e origine. Rappresentano l’energia che caratterizza tutta la collezione basata su contrasti e tensioni, come un elastico teso sul punto di rilasciare la sua energia. Quella sensazione è semplicemente irresistibile per me. Apre a nuove possibilità ed è capace di far accadere qualsiasi cosa”, ha osservato la stilista presentando la sua nuova collezione Autunno/inverno 2022. Tutto ciò si traduce in completi di tweed che si sfilacciano con fare sexy, guanti in lattice e stivali di vernice al ginocchio, bustini e bustier accompagnati da perle – il gioiello simbolo di una certa aristocrazia – che qui si fanno strumento di seduzione, rivisitati in chiave punk. Tacchi a spillo affilatissimi e tanta, tanta, sensualità per una femme fatale che sa giocare con la propria aura di mistero decidendo quando mettere in mostra e quando nascondere. È sicura del suo fascino ed è capace di scatenare il suo potere quando lo desidera.
Principi simili ma in tutt’altra chiave li troviamo anche da Missoni, dove l’intimo si prende la scena, in una costruzione filosofica che spinge a mostrare la propria forza interiore, ad uscire dalla comfort zone. Il capo emblema è questa volta l’accappatoio che, completamente ricamato di cristalli e paillettes, diventa il simbolo speciale del dualismo tra privato e pubblico. Il tutto, confezionato con le intramontabili fantasie che hanno reso celebre nel mondo la manifattura di Sumirago. Elogio della maglieria – e non poteva essere altrimenti – anche da Max Mara, dove Ian Griffiths, ha spiegato come sia stata una mostra dell’artista Sophie Taeuber Arp a dargli l’ispirazione per esorcizzare con la moda quanto vissuto in questi due anni di pandemia di Covid e quando ci attende con la guerra in Ucraina: “Non può che essere la magia, vissuto tutto questo, a invogliare a vestire. Ho visto quei personaggi fiabeschi e subito ho immaginato le mie silhouette”, le sue parole. Così troviamo contrasti di mini e maxi, micro e macro, skinny e oversize, con il Teddy Bear, il tessuto creato per l’omonimo capospalla diventato un must have dell’inverno, che si fa versatile e crea tute, borse ma anche bermuda e t-shirt. Trend topic: i cuissard in maglia di lana con suola in gomma, allo stesso tempo stivali e leggings.
Tutt’altre atmosfere invece da Dolce e Gabbana e Philip Plein, che hanno seguito invece il filone surrealista che guarda al Metaverso. I primi hanno tradotto l’ispirazione in forme e volumi esagerati e silhouette irreali fatte di maxi spalle, punto vita iperaccentuato e fianchi di nuovo accentuati. Il loro modello è una donna-avatar che tenta di prender vita sulla Terra: “Abbiamo chiesto ai nostri sarti di lanciarsi in tagli estremi, di osare, per capire sino a dove potevano spingerci”, hanno confessato Stefano Dolce e Domenico Gabbana. E ci chiediamo anche noi fino a dove può spingersi la moda, dopo aver visto da Philip Plein un robot umanoide all’avanguardia chiamato Romeo 0.1 (il primo mai costruito dei soli tre ‘esemplari’ esistenti al mondo) dare il via alla sfilata di Plein Sport e presentare le sneakers creata per il Metaverso. Tutto molto virtuale ma dal giro d’affari milionario quanto mai reale. Guarda altrove, allo Spazio, anche Fratelli Rossetti, azienda simbolo delle calzature Made in Italy: nella nuova boutique da poco aperta in Galleria Vittorio Emanuele, ha presentato la nuova linea di scarpe e accessori caratterizzata dalla lavorazione “knots”, letteralmente “a nodi” e trasforma le tomaie dei modelli, su tutti il mocassino Brera simbolo della maison, dandogli un tocco modernissimo: la suggestione è quella di una pioggia di frammenti di Quadrantidi, le stelle cadenti dell’inverno, caduti dallo spazio e incastonati nella pelle, ora metallizzata. C’è poi lo scenario post-apocalittico riprodotto da Marni, che stride con i riferimenti onirici di Luisa Beccaria, la quale per la sua nuova collezione si è fatta affiancare dalla figlia Lucilla. Partendo da una tela dai colori liquidi che è quasi uno specchio magico, attraverso il sogno, ha intrapreso in un viaggio verso la leggerezza con abiti di vaporoso chiffon, pizzo e satin, che conducono con delicatezza dal finire dell’estate ai primi freddi dell’inverno.