Per quattro lunghi giorni, il tran tran delle sfilate si era svolto come da programma, nonostante le notizie che arrivano dal fronte. I timori aleggiavano nell'aria ma nessuno aveva avuto il coraggio di parlarne. È toccato a "Re Giorgio" farlo. Lui che la guerra l'ha vissuta sulla sua pelle da bambino e che per questo non vuole rivedere quelle drammatiche immagini
“Qualche ora prima dell’inizio ho pensato: che cosa posso fare per quello che sta succedendo? Non era qualcosa che potevo fare con i soldi e con i vestiti. Un segnale che anche se non ci fermiamo non vogliamo festeggiare. Ho detto: non voglio la musica! Volevo segnalare con il battito del cuore la sofferenza di questi bambini costretti a scappare. Quindi ho pensato che la cosa migliore era dare il segnale che non vogliamo festeggiare, perché c’è qualcosa intorno a noi che ci disturba molto. E dietro le ragazze erano emozionate, più che per qualsiasi musica, erano davvero comprese e i capi ne hanno guadagnato al 100%”. Non trattiene la commozione Giorgio Armani e parla ai giornalisti con la voce incrinata dall’emozione e gli occhi segnati dalle lacrime. Ancora una volta, lo stilista è stato l’unico a rompere la cortina dorata che ha avvolto il mondo della moda in queste giornate di Fashion Week, portando chiaramente il dramma della guerra in Ucraina in passerella. Per quattro lunghi giorni, il tran tran delle sfilate si era svolto come da programma, nonostante le notizie che arrivano dal fronte. I timori aleggiavano nell’aria ma nessuno aveva avuto il coraggio di parlarne. È toccato a “Re Giorgio” farlo. Lui che la guerra l’ha vissuta sulla sua pelle da bambino e che per questo non vuole rivedere quelle drammatiche immagini.
E il Caso, che casuale non è, ha voluto che fosse presente, tra gli invitati, la senatrice a vita Liliana Segre, sopravvissuta ai lager nazisti e testimone instancabile degli orrori della Seconda Guerra Mondiale: “L’ho incontrato alla Prima della Scala ed è stata molto gentile, credo abbia espresso lei – ha spiegato il signor Armani – il desiderio di venire a vedere la sfilata, magari avrà riserve su un certo tipo di moda, anche la mia, ma è un grande onore. Le vorrei chiedere tante cose ma credo che non le chiederò niente – ha confidato poi lo stilista – quando vedo un programma sull’Olocausto non resisto, io devo vedere, rendermi conto di cosa devono avere sofferto questi esseri umani, chiusi lì, in attesa di andare via per fumo: partecipare al loro dolore, anche semplicemente dalla poltrona di casa mia, mi sembra che ne valga la pena”.
Le sue lacrime sincere, il silenzio lacerante che ha avvolto il Teatrino di via Borgonuovo rotto soltanto dal delicato frusciare degli abiti, dai ticchetti metallici degli scatti frenetici dei fotografi e dall’eco solenne dei passi delle modelle in passerella. Sono l’immagine simbolo che affida alla storia una pagina di moda che, inevitabilmente, è diventata molto di più. Proprio come nel 2020, quando per primo decise di non sfilare dopo la notizia del paziente “0” italiano di Covid, ancora una volta Giorgio Armani ha dato una scossa al fashion system. Il pubblico in sala ha accompagnato il momento con un caloroso applauso, ben conscio della portata del momento. Anche il nero supremo, colore per eccellenza della palette armaniana, principe di questa collezione Autunno/Inverno 2022 assume un significato ulteriore. Così come il titolo “Segni di Luce”, quanto mai simbolico: i riflessi magici del velluto, lo scintillio dei cristalli e delle paillettes, si irradiano dall’oscurità di abiti e completi sartoriali facendo breccia nel silenzio e nella penombra che avvolgono la sala. È un distillato di eleganza purissima, quella che si ottiene solo dopo un labor limae di sottrazioni, una lectio magistralis di sobrietà che è dignità dell’essere, che ha nei pantaloni il suo capo simbolo: “Sono perfetti perché coprono ciò che devono e danno slancio quando non c’è, non c’è gonna che equivalga alla modernità di un pantalone”, ha spiegato Armani “È finita – ha osservato – l’era delle virago, ben venga la donna forte e sicura ma elegante, con un’interiorità che deve trapelare“. Un trattato di “misura” nel senso più filosofico del termine, tanto caro ai latini.
Così lei e così lui, mai sopra le righe, con le giacche senza collo, le camicie dai colletti alti, i completi in velluto con giacche impreziosite da soavi ricami, le frange come i raggi del sole invernale da cui scaturiscono teneri bagliori, i pantaloni di paillettes prontamente smorzati dalle bluse monocrome: “È un repertorio di elementi che mette al centro la persona e ne valorizza il carattere, come il ritratto dipinto da un pittore che guarda al reale attraverso il filtro della propria immaginazione, senza lasciare che essa si imponga sul soggetto”, si legge nella nota di accompagnamento alla collezione. Non c’è soluzione di continuità tra giorno e notte: è la luce a dominare, dal mattino fino alla sera, muovendo dagli abiti alle borse di velluto e gli stivali alti come calze, una versione gentile dei cuissardes che Armani ha pensato ispirandosi alla storia d’amore per eccellenza. “Anche ai tempi di Giulietta e Romeo gli uomini indossavano la calzamaglia”, ha chiosato “Re Giorgio”: “Nella moda non si inventa niente, è come le metti insieme, le cose già viste, che conta, facendo scelte precise che eliminano cose superflue: è la donna che si deve vedere, con i suoi occhi e con quelli degli altri”.