Mascherati da marionette i politici discutono intorno al tavolo verde. Sparano in aria a simboleggiare la dichiarazione di guerra. E’ il 1932 e “Il tavolo verde” del coreografo tedesco Kurt Joss, in scena a Parigi, è il primo grido nella storia del balletto contro le atrocità della guerra. Premonitore. Un grido che si ripete oggi nella realtà. Lanciato a distanza di quasi un secolo dal mondo della danza internazionale. Unito. La notizia dell’ultima ora è quella che riguarda Laurent Hilaire, ex étoile dell’Opéra di Parigi, dal 2017 direttore del corpo di ballo del Teatro Stanislavski di Mosca. Annuncia di essersi dimesso dall’istituzione per protesta contro l’invasione russa dell’Ucraina. “Mi rammarica la decisione, ma il contesto non mi permette più di lavorare con serenità. Ho rassegnato le mie dimissioni. Considerando la situazione, lascio Mosca”. Ma sul profilo Facebook di Alexei Ratmansky, artista russo che dal Bolshoi di Mosca al teatro dell’opera di Odessa è approdato all’American Ballet Theatre di New York, il no alla guerra arriva dai colleghi di ogni parte del mondo.
Il primo a postare è Mikail Baryshnikov, anche a nome del suo Arts Center nella Grande Mela, “a sostegno dei coraggiosi cittadini dell’Ucraina. Combattono per il loro paese e la loro sovranità di fronte all’aggressione nuda da parte delle potenze di governo russe”. Il messaggio del grande ballerino lettone è accorato: “Gli artisti di tutto il mondo comprendono che la libertà – politica, personale e artistica – è fondamentale per una società sana e vivace. Questa è la società che l’Ucraina vuole e merita. Siamo con tutti coloro che combattono”. Gli fa eco l’étoile Alessandra Ferri, che ricorda a tutti: “La consapevolezza che ancora una volta il futuro dell’umanità dipende dalla spietata follia di un uomo è molto inquietante. Io sto con il popolo ucraino”. Ma il suo cuore, dice, va anche alle tante persone in Russia che sono contro la guerra e cercano di alzare la voce ma vengono costrette a tacere.
Con lei anche la ballerina russa Natalia Osipova, che dichiara: “Niente può essere una scusa per la guerra! La vita umana è la cosa più preziosa, ogni persona è il mondo intero!”. Le parole di Manuel Legris, attuale direttore del ballo alla Scala, sono poche ma decise: “Fermate questa guerra inaccettabile”. Fra i coreografi spicca il lucido ragionamento del tedesco Christian Spuck; “Gli ultimi due giorni sono stati surreali. Difficile capire che la guerra è ancora vista come una soluzione a conflitti chiari. Quando capiremo che guerra e violenza non sono mai state una soluzione?”. E poi ci sono Mats Ek, il coreografo svedese che reinventò ‘Giselle’ ambientandola in un manicomio: “Saluto il coraggio del popolo ucraino nella sua battaglia per tenere le proprie case e il proprio patrimonio”, e l’americana Twyla Tharp. “L’assalto all’Ucraina è imperdonabile. Non è il popolo russo o la Russia che invade, è Vladimir Putin. Un attacco vigliacco e non provocato ad un paese indipendente e democratico. È un disperato tentativo di evitare critiche alla propria dittatura”. La sua rabbia è grande: “Putin può sganciare le sue bombe e invadere con i carri armati, diventando più alto sul mucchio delle sue vittime, può coreografare la sua danza della morte al terribile rumore della sua macchina da guerra, applaudito da altri della sua specie, ma alla fine raccoglierà un fiasco”.
La lista dei no alla guerra della danza si accresce ogni ora che passa. Sono le poche frasi del ballerino di origine ucraina Vladimir Malakhov, che danza nel video di Byork “Prayer of the Heart” con Polina Semionova, a toccarci: “Sono sotto shock per tutto quello che sta succedendo in questo momento. Sono molto preoccupato per la mia famiglia, i miei parenti e tutte le persone che sono attualmente lì in Ucraina. Soffro molto. Vorrei che questo orrore e incubo finissero presto e che il mondo prevalga di nuovo su questa terra. Signore aiutami!” Il mondo del balletto è più unito che mai. Perché l’arte è un linguaggio universale e non ha confini di popoli, terre, appartenenze.
Anche dal mondo della lirica arriva il grido contro la guerra di Putin. La prima a farsi sentire è la star delle star. La soprano russa Anna Netrebko, che ha inaugurato anche l’ultima stagione della Scala con il Macbeth dando una prova di eccezionale intensità. Lancia sui social il suo rifiuto totale: “Sono contraria a questa guerra. Sono russa e amo il mio Paese ma ho molti amici in Ucraina e la pena e il dolore ora mi spezzano il cuore. Voglio che questa guerra finisca e che la gente possa vivere in pace. Questo è ciò che spero e per cui prego”. Dal Teatro San Carlo, fra le Fondazioni lirico sinfoniche italiane, una frase dice tutto: la musica unisce il mondo. E’ il messaggio che il soprano ucraino Liudmyla Monastyrska e il mezzosoprano russo Ekaterina Gubanova hanno lanciato dal palco del Teatro con il loro abbraccio al termine dell’ultima replica dell’Aida.
C’è poi la Filarmonica di Parigi, che ha annunciato di aver annullato i concerti con il direttore d’orchestra pro-Putin, Valery Gergiev, già in bilico anche alla Scala di Milano. “L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia induce la Cité de la musique- Philharmonie de Paris a modificare la sua programmazione nei prossimi mesi per solidarietà con il popolo ucraino”. I concerti programmati “il 9 e 10 aprile nella Grande Sala Pierre Boulez sono già annullati”, scrive la FIlarmonica parigina in una nota. E anche il prestigioso Carnegie Hall di New York ha annunciato di aver escluso il direttore d’orchestra vicino a Putin da una serie di rappresentazioni.
Le sirene d’allarme per la pace al teatro Astra di Torino sono invece l’iniziativa di Teatro Piemonte Europa. Far precedere ogni rappresentazione da un suono registrato di sirene come quelle che sentiamo da Kiev e che si sentono in ogni guerra. Un segno di forza della cultura, un suono sinistro che parla di bombe e rifugi. Sirene d’allarme, che sono tornate e risuonare in Europa. La proposta ai teatri italiani: far precedere ogni rappresentazione teatrale dal suono di una sirena seguito da questo messaggio. E hanno già aderito alla proposta numerosi teatri di tutta Italia e altri se ne stanno aggiungendo in queste ore, anche in Germania.
Un concerto per la pace. Un evento che riunirà molti artisti sul palco dell’Arena di Verona si sta cercando di organizzare proprio in questi giorni per primavera. L’anfiteatro intende tornare al centro della musica italiana questa volta non per uno show fine a se stesso ma per far riflettere su quanto sta accadendo in Ucraina. Lo vuole realizzare Gianmarco Mazzi, amministratore unico di Arena di Verona srl e responsabile della programmazione extra lirica. “La guerra è contro la gente – dice – e per noi è inconcepibile che nel 2022 sia scelta come modalità per risolvere qualsiasi tipo di conflitto”.
Poi c’è l’iniziativa del ministero della Cultura guidato da Dario Franceschini, con la campagna digitale “La cultura unisce il mondo”. Coinvolge musei, biblioteche, archivi e istituti culturali statali. Ricorda che l’Italia ripudia la guerra ed esprime la piena e incondizionata solidarietà all’Ucraina.
Con gli hashtag #cultureunitestheworld e #museumsagainstwar il sistema dei musei italiani e la rete degli archivi e delle biblioteche stanno condividendo immagini significative sul dolore e la sofferenza della guerra o, al contrario, l’armonia e la prosperità del tempo di pace. Tante le realtà hanno già aderito. Un elenco lunghissimo.
Dal Museo etrusco di Villa Giulia, con la decorazione del frontone di un tempio che sorgeva nell’antico santuario portuale di Pyrgi raffigurante la lotta bestiale degli alleati Tideo e Capaneo sotto le mura di Tebe, al Museo Archeologico Nazionale di Orvieto, con una testa equina lapidea che ricorda la stravolta espressione del cavallo del Guernica, dal Museo Egizio di Torino, con l’amuleto Ankh di lunga vita e protezione, al Museo di Capodimonte, con l’Allegoria della Giustizia di Giorgio Vasari, dalle statue di Villa Adriana a Tivoli, fino alle opere della Galleria Borghese, del Museo Nazionale Romano, del Museo Omero di Ancona, del Museo delle Navi Romane di Nemi, di Palazzo Grimani a Venezia e di Palazzo Reale di Genova.
Importanti anche le adesioni del mondo degli archivi e delle biblioteche, a partire dalla colomba che reca un ramoscello di ulivo in una ristampa da acquaforte del 1661 di un’iscrizione con stemma di Papa Innocenzo X conservata nella Collezione stampe dell’Archivio di Stato di Roma, fino alle opere degli archivi di Stato di Venezia, di Imperia e di Firenze a quelle del progetto Fumetti nei musei. La campagna è iniziata con l’illuminazione con i colori della bandiera dell’Ucraina del Colosseo, che tornerà ad accendersi insieme a molti altri monumenti e siti del patrimonio culturale italiano.