Di fronte alla insensata e deprecabile azione bellica scatenata da Putin contro l’Ucraina – peraltro con il disegno molto probabile, come afferma l’alto funzionario alla politica estera dell’Unione europea Josep Borell, di riportare i confini russi alla situazione precedente alla caduta del muro di Berlino – si è levata forte la reazione di moltissimi cittadini di ogni parte del mondo che invocano la pace.
Massimo esponente di questa reazione è stato Papa Francesco, che, sia all’assemblea dei vescovi del Mediterraneo, sia all’Angelus di domenica, ha deprecato la guerra, facendo presente che essa non genera soluzioni dei problemi, ma solo morti e rovine.
Per noi italiani vige, imponente, la disposizione dell’articolo 11 della Costituzione, secondo il quale: “L’Italia ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Sennonché, nonostante l’accennata tensione diffusa in tutto il mondo diretta a mantenere la pace, la situazione reale è quella di un inizio di una guerra che promette soltanto un’escalation, essendo molto flebili le luci di una trattativa in una cittadina della Bielorussia tra Putin e i delegati ucraini.
Sta di fatto che, da un lato Putin ha messo in moto il suo piano di deterrenza nucleare, e dall’altro America, Europa e la stessa Italia stanno inviando al Popolo ucraino armi, cibo, medicinali e uomini (per l’Italia sono presenti 1500 militari). Direi che sul piano fattuale è in atto la guerra dagli spazi e dai tempi indefinibili. Essa tuttavia certamente coinvolge l’Europa, che potrebbe divenire campo di battaglia sotto l’onda dei missili, anche nucleari, lanciati dalla Russia.
Inoltre, a quanto pare, le sanzioni economiche adottate dagli Stati Uniti e dall’Europa contro Putin non hanno dato gli effetti sperati, per quanto riguarda le azioni militari, e si sono risolte in un gravissimo danno per le negoziazioni bancarie russe e per la quotazione azionaria del Rublo crollato in un solo giorno del 31%, provocando risultati negativi anche per l’Europa, nella quale si fa molto sentire la carenza energetica e specialmente quella del gas russo, che, per l’Italia, costituisce il 40% delle importazioni di questo combustibile.
Un barlume realistico di speranza proviene dalla possibilità che i magnati russi, i quali si sono impossessati dei beni del Popolo che loro amministravano, si rivoltino contro Putin e, con l’aiuto della Cina di Xi jinping, riescano in qualche modo a temperarne i suoi istinti bellici.
In realtà, a mio avviso, si tratta, benché l’immaginario collettivo non lo avverta, della conclusione del sistema economico capitalistico e neoliberista, il quale, come è noto, si fonda su una crescita continua e illimitata, ed è arrivato al punto in cui queste due condizioni, essendo limitate le risorse della terra, non sono più praticabili.
E questo, beninteso, non riguarda solo il mondo occidentale, ma anche la Russia e la Cina, che da un regime collettivista sono passate anche esse a un regime capitalistico, limitato ai rapporti internazionali per quanto riguarda la Cina, ed esteso anche nel mercato interno per quanto riguarda la Russia.
In questo quadro l’unico pensiero guida per risolvere questa atroce situazione ci viene ancora una volta dalla nostra Costituzione, la quale, non solo, come ho detto, ripudia la guerra, ma pone tra i principi fondamentali anche i diritti fondamentali dell’uomo, imponendo inderogabili principi di solidarietà politica, economica e sociale (art. 2 Cost.).
Ed è sulla base di questo caposaldo dei nostri principi fondamentali che è possibile costruire un sistema economico che, in antitesi a quanto afferma il neoliberismo, distribuisca la ricchezza alla base della piramide sociale, imponendo l’intervento dello Stato nell’economia.
Un modello chiaramente di stampo keynesiano, che certamente non è foriero di guerra, ma è condizione essenziale per l’avvento e il mantenimento della giustizia e della pace fra le Nazioni, poiché elimina dal campo economico l’assurdo principio della concorrenza e dello sviluppo senza fine, sostituendoli con il principio realistico della distribuzione dei beni in modo egualitario tra gli individui e le nazioni.
Come più volte ho detto questo presuppone che ogni Popolo abbia un patrimonio pubblico fuori commercio, al quale è possibile attingere, specie negli stati di emergenza come quello già sperimentato che ha riguardato la sanità e quello ora in corso della guerra.
Il nostro governo purtroppo procede all’incontrario ed elimina dalla proprietà pubblica demaniale del Popolo italiano, proprio in questa gravissima situazione emergenziale, addirittura il servizio del trasporto aereo, concedendolo, a trattativa privata, alla Lufthansa tedesca e alla svizzera MSC crociere.
Con animo sempre più affranto invito tutti a dare attuazione agli articoli 1, 2, 3, 4, 9, 11, 41, 42, 43 e 118 della nostra Costituzione repubblicana e democratica.