In genere si lavora lo stesso finché un accidente non ci cade proprio addosso, ma una guerra ha la capacità rara di prendersi ogni pensiero, di farci cambiare faccia. Scrivere aiuta e quel che sta accadendo a Kiev ha effetti sul mondo intero, dunque anche su un’industria dell’auto che sta attraversando il mar Rosso senza riuscire a tenerlo sempre diviso in due.
Vista da questa angolazione, la guerra della Russia in Ucraina sta dando una nuova lezione all’Occidente: la dipendenza energetica da Mosca si paga e si pagherà cara.
L’Europa, e l’Italia in primis, ha ridotto negli anni la sua produzione di gas senza sterzare con ancora più forza per esempio sulle fonti rinnovabili, alternativa possibile. Se a fronte della crisi il presidente del consiglio Mario Draghi evoca addirittura un ritorno al carbone e il presidente francese Emmanuel Macron va in discesa sul nucleare, vuol dire che abbiamo sbagliato due volte affidandoci alla dipendenza dalla Russia e a un Vladimir Putin considerato fin qui un interlocutore evidentemente affidabile.
Carbone e atomo non sono sinonimi di futuro e sicurezza. Con costi destinati a restare alti, la crisi energetica rischia poi di rallentare la transizione verso la decarbonizzazione, di cui la mobilità pubblica e privata è una attrice importante. E l’emergenza climatica con i suoi disastri crescenti se ne sbatterà, andando avanti per la sua strada.
La lezione dell’energia è una bastonata sull’auto che arriva in sequenza a quella dei chip. Stesso schema di gioco: qui per risparmiare, l’occidente ha rinunciato tempo fa a un’abbondante quota parte di produzione traslocandola in Asia. E quando la richiesta di semiconduttori ha superato la domanda per gli effetti della pandemia, l’industria della mobilità è stata costretta a chiudere fabbriche, a ridurre buste paga e profitti.
Ora l’auto si è fermata a Kiev, chissà per quanto. Una città che ricordo bellissima e stralunata per l’improvvisa indipendenza nell’estate del 1991, spedito da un giorno all’altro a raccontare la fine dell’Unione sovietica. E poi da lì a Odessa a cercare i russi nazionalisti per sentire le ragioni della discordia e così su fino ai paesi baltici, con i russi di Riga in Lettonia ancora più duri. Ma anche scrivere oggi di auto, aiuta a non dimenticare.