La scena non è quella che ha portato agli onori della cronaca il carcere di Santa Maria Capua Vetere. Ma il sospetto è che all’interno della casa circondariale di “San Pietro”, a Reggio Calabria, un detenuto sia stato pestato dalle guardie. Nei giorni scorsi, la squadra mobile ha notificato tre avvisi di garanzia ad altrettanti appartenenti alla polizia penitenziaria. Per tutti, l’ipotesi accusatoria è di lesioni personali aggravate e tortura. Le indagini, coordinate dal procuratore Giovanni Bombardieri e dal pm Sara Perazzan, puntano a fare luce sui fatti avvenuti il 22 gennaio scorso, lo stesso giorno in cui a Reggio Calabria era presente il ministro della Giustizia Marta Cartabia.

Mentre il guardasigilli inaugurava l’anno giudiziario presso la Scuola Allievi carabinieri, infatti, nel carcere di San Pietro si sarebbe consumato il pestaggio di un detenuto napoletano ritenuto esponente di spicco della Camorra. Si tratta di Alessio Peluso, che a settembre aveva già creato qualche problema all’interno del carcere di Frosinone dove, con un drone, sarebbe riuscito a fare entrare una pistola poi utilizzata contro alcuni detenuti con i quali aveva litigato. Per questo motivo, il giovane di 29 anni nei mesi scorsi è stato trasferito a Reggio Calabria dove sarebbe stato aggredito dalle guardie penitenziarie. Collegato in videoconferenza con il Tribunale di Napoli, pochi giorni dopo il presunto pestaggio, Peluso ha denunciato l’episodio togliendosi la maglietta per fare vedere al giudice i segni dei maltrattamenti subiti all’interno del carcere di San Pietro.

Allertata la Procura di Reggio Calabria, quindi, il sostituto procuratore Perazzan ha aperto un fascicolo. Il pm si è recato alla casa circondariale e ha interrogato il detenuto napoletano che avrebbe confermato la sua versione. Il magistrato, inoltre, ha ordinato alla squadra mobile di sequestrare le immagini registrate dall’impianto di videosorveglianza. Stando a quanto trapela, infatti, sembrerebbe che le telecamere abbiano ripreso almeno parzialmente la scena. Da qui l’iscrizione nel registro degli indagati dei tre agenti della polizia penitenziaria che sono stati già sentiti dal pubblico ministero. Sui loro interrogatori non trapela nulla ma non è escluso che ci possano essere altre guardie penitenziarie coinvolte nella vicenda.

Una brutta storia di cui aveva riferito anche il sindacato Osapp. In una nota stampa inviata ai giornali il 23 gennaio scorso il segretario regionale Maurizio Policaro e il segretario generale aggiunto Pasquale Montesano avevano parlato, infatti, di disordini provocati da “A.P. di origini napoletane” nella casa circondariale. Era ovviamente Alessio Peluso. All’indomani della visita del ministro Cartabia, oltre a segnalare le condizioni del carcere (“gravissima carenza negli organici e insostenibili condizioni di servizio”), i sindacati avevano accusato il detenuto campano di aver “dato origine all’ennesima protesta mettendo a repentaglio l’ordine e la sicurezza dell’istituto”. Una versione completamente diversa da quella di Peluso e sulla quale adesso, grazie ai filmati sequestrati, la Procura della Repubblica di Reggio Calabria dovrà fare chiarezza.

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