La procura di Termini Imerese (Palermo) ha disposto un maxiblitz con 20 perquisizioni in tutta la penisola per una presunta organizzazione criminale che si sarebbe specializzata nella vendita online di false certificazioni anticovid: principalmente si tratterebbe di falsi Green Pass, venduti a 300 euro ciascuno – prevalentemente tramite alcuni canali di Telegram, capaci di superare i regolari controlli di verifica. Le indagini sono ancora in corso, ma al momento gli indagati sono 25, di cui tre sono siciliani: uno di loro sarebbe un dipendente comunale di Caltanissetta, gli altri due giovani disoccupati no vax, di Agrigento e Palermo.

Sono stati rintracciati anche una quindicina di acquirenti delle false certificazioni, tutti no vax, sparsi tra le province italiane di Roma, Cremona, Aosta, Cosenza, Lucca, Caltanissetta, Agrigento, Palermo, Bologna, Olbia, Bari, Venezia, Treviso, Mantova e Salerno. Tra di loro ci sarebbe anche un esponente delle forze dell’ordine del nord Italia, alcuni gestori di un panificio, un cuoco e diversi minorenni che frequentano la scuola, a cui i genitori hanno acquistato un falso Green Pass per non sottoporli al vaccino.

In base alla ricostruzione della polizia giudiziaria, i venditori procuravano un certificato “rafforzato terza dose” personalizzato, che veniva creato chiedendo una copia della tessera sanitaria e il pagamento dei 300 euro, di solito in criptovaluta, per ciascuna certificazione. La presunta organizzazione criminale avrebbe organizzato il commercio di false certificazioni attraverso l’utilizzo di un accesso al rilascio dei pass del ministero della salute francese: il falso certificato veniva creato e poi incollato su una certificazione italiana.

Erano previsti anche eventuali “sconti famiglia” per chi intendeva acquistare più di un certificato. Gli investigatori stanno vagliando anche i dispositivi telefonici e alcuni conti correnti usati per i pagamenti: sembra che un acquirente abbia pagato 1.300 euro per avere tre falsi green pass. Nelle perquisizioni disposte dalla procura, oltre ai fasulli Green Pass cartacei sono stati rinvenuti una trentina di dispositivi in cui venivano conservate le false certificazioni in formato digitale.

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