Vuoi per la tensione, o semplicemente per lo stato comatoso delle due contendenti, ne è venuta fuori una partita oscena, uno 0-0 che lascia aperti tutti i discorsi per il futuro e non risolve nulla per il presente. Se Milan-Inter doveva essere una sfida per uscire dalla crisi, si può dire che entrambe le squadre ci sprofondano completamente
Era una semifinale di Coppa Italia, ma solo d’andata. Era un derby, ma fra due milanesi irriconoscibili. Vuoi per la tensione, o semplicemente per lo stato comatoso delle due contendenti, ne è venuta fuori una partita oscena, uno 0-0 che lascia aperti tutti i discorsi per il futuro e non risolve nulla per il presente. Se Milan-Inter doveva essere una sfida per uscire dalla crisi, si può dire che entrambe le squadre ci sprofondano completamente. Inguardabile l’Inter, lenta, sfatta, incapace di segnare da un tempo ormai interminabile. Meglio il Milan, più generoso, convinto, ma davvero modesto nei suoi valori. Con la regola del gol doppio in trasferta ancora in vigore (per l’ultima volta) in Coppa Italia, il risultato avvantaggia leggermente i rossoneri, visto che l’Inter per conquistare la finale dovrà per forza vincere in casa al ritorno. Ma non ci sono consolazioni per nessuno stasera.
Chi si aspettava fuochi d’artificio, è rimasto deluso. Non è partita da spettacolo. Non c’è spazio per gli esperimenti, Pioli e Inzaghi si affidano ai titolarissimi e quel poco di certezze che gli restano: perché una semifinale è sempre una semifinale, e perché un derby non è mai una partita qualsiasi. Figuriamoci nelle condizioni in cui si trovano le due squadre. L’Inter prova a fare la partita dall’inizio, ma il palleggio ormai è impacciato, la squadra stellare ammirata tra novembre e dicembre ormai si è persa. Il Milan invece si rifugia nella sua unica vera arma, il pressing, che un po’ funziona ancora: su una palla persa malamente in uscita da Brozovic, Saelemaekers si ritrova a calciare quasi a porta sguarnita, Handanovic recupera in tempo la posizione. Altrettanto pericolosa la percussione di Theo Hernandez, sempre negli spazi aperti. Un’altra occasione capita dalla lunetta a Krunic, respinto da Skriniar.
Senza più certezze, con gambe pesanti e idee confuse, l’Inter concede tanto, decisamente troppo. Il suo unico merito è quello di continuare a giocare anche nelle mille difficoltà di questi tempi, ma a questi ritmi il piano è monocorde e sterile, come testimonieranno i praticamente zero tiri in porta a fine partita. La regia annebbiata di Brozovic, preso costantemente alle spalle dagli avversari, è un po’ il simbolo della manovra nerazzurra: non si capisce bene se sia l’Inter a non girare quando non gira lui, o viceversa, ma la sostanza non cambia molto. Dall’altra parte, però, al Milan che ha energie e determinazione da vendere, manca sempre l’ultimo passaggio, o proprio l’ultimo tiro, per un po’ di imprecisione o forse semplicemente per quelli che sono i limiti tecnici di una squadra modesta: nella mediocrità assoluta solo Leao sembra avere il guizzo in più degli altri, ma pure lui sbaglia troppo negli ultimi venti metri.
Il punteggio non si sblocca nel primo tempo, e nemmeno nella ripresa, quando se possibile l’Inter fa ancora peggio, ma pure i rossoneri calano alla distanza. Immaginate che spettacolo. Leao impegna Handanovic, Saelemaekers si fa murare a colpo sicuro. Poi nulla. Solo cambi. Tanto per far qualcosa Inzaghi inserisce Vidal e Sanchez, al posto di Barella che non ricarica più le pile e il solito Lautaro. L’argentino ormai è un caso: non segna da tre mesi su azione, non tocca palla e le poche che striscia le sbaglia tutte. Pioli invece prova a vincerla con Rebic, Messias e Diaz: evidentemente troppo poco. Nel finale c’è spazio anche per il rientro di Correa e l’esordio nerazzurro di Gosens. Ma non succede niente. Se ne riparlerà al ritorno. Fra quasi due mesi, il 20 aprile, sarà praticamente un’altra partita. Si spera anche fra due squadre diverse.
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