La colonna di carri che marcia verso Kiev? “E’ sostanzialmente ferma, dove vada davvero e a far cosa lo capiremo guardando il cielo”. Perché nessuno la colpisce? Perché durante i colloqui si continua a sparare? La guerra pone tante domande che restano senza risposta. Quando a rispondere è un ex militare d’alto livello le ragioni paiono quasi ovvie. Ha questa capacità Fabio Mini, un tempo capo di Stato Maggiore del Comando Nato per il Sud Europa, in pensione da molti anni ma come tutti incollato alle tv e ai siti specialistici che seguono il conflitto fotogramma per fotogramma.
Partiamo da quella colonna nera di carri lunga 65 km che avanza minacciosa verso Kiev. Dove va e perché nessuno la colpisce?
Guardatela bene. Sembra stia marciando da giorni, in realtà non va da nessuna parte. Intanto non esce dalla strada e questo significa che i russi hanno il controllo di quello spazio aereo. E’ nella fase di avvicinamento, ma non si vede ancora la fase di schieramento e sembra ancora ben lontana dalla terza che è l’intervento.
E dove potrebbe attestarsi?
Neppure questo ora è chiaro. Potrebbe circondare Kiev, passare il Dnepr come fare inversione e sparire così come è arrivata, fungendo da minaccia. Se, come probabile, è lì per colpire Kiev entrandoci ce lo dirà prima il cielo. Perché le forze di terra non entreranno nella città senza prima una pioggia di bombe che Dio non sa neppure da dove vengano. Non è militarmente concepibile che quei militari entrino in azione prima.
E perché la vediamo marciare da giorni senza che nessuno la colpisca?
Il modo ci sarebbe, ovviamente, ma l’Ucraina probabilmente non ne ha la capacità. Ci vorrebbe l’aviazione, quella che l’occidente ha potenziato, ma non ha la superiorità aerea necessaria. Ho sentito qualcuno dire che quella colonna è esposta al “rischio di assalti con molotov “, ma è una baggianata: è evidente che i russi controllano tutta la strada e le zone limitrofe, e che nessuno possa anche solo avvicinarsi sperando di uscirne vivo.
Quindi dobbiamo aspettarci una tempesta di bombe?
Guardi la domanda va posta al contrario: perché non c’è stata ancora? Putin poteva radere al suolo Kiev e le altre città senza neppure sporcarsi le mani con arsenali convenzionalissimi, tanto è pieno di missili e bombe. Se non lo ha fatto è perché, probabilmente, confidava che i militari ucraini si alleassero con lui davanti a una prova muscolare di pochi giorni: non è successa né una cosa né l’altra. Del resto parliamo di guerra da giorni, ma i numeri che leggiamo non sono da guerra ma da incursione nemica.
Cosa intende?
Che l’esercito russo si è presentato lì con materiale bellico per fare 15-20mila morti al giorno, mentre le stesse fonti ufficiali ucraine, almeno fino a ieri, parlavano di 130 morti. Lo dico senza nulla togliere alla sofferenza inflitta, alla devastazione che coinvolge i civili ma il dato è sotto gli occhi di tutti. Così come il fatto che l’offensiva proceda su più fronti che non sembrano neppure coordinati. L’impressione, da tecnico militare, è che – sull’onda emotiva e per via della propaganda – vediamo solo le “gocce” di quel che accade a una parte e all’atra, ma la pioggia deve ancora arrivare.
E come se lo spiega?
Siamo nel campo delle ipotesi. Penso che l’escalation tra i due fronti abbia costretto entrambi a modificare i piani e a prendere tempo. Putin, probabilmente, perché non saprebbe come gestire un “dopo” che non si aspettava, compreso lo scenario della devastazione che agli occhi del mondo lo fa apparire folle. Zelensky usa questo tempo per rafforzarsi e sperare che l’esercito s’impantani. Così si spiegano anche i negoziati, quelli che nessuno dei due contendenti vuole davvero: non a caso li fanno gli intermediari e non loro, e non per nulla non fermano il fuoco mentre si svolgono.
Usando social come Twitter Zelensky è riuscito a compattare il suo popolo e richiamare all’ordine le forze occidentali. Perché Putin non ha bombardato le infrastrutture della rete togliendogli quest’arma?
Perché senza Internet anche il suo esercito è isolato ed esposto. Le comunicazioni militari per essere sicure non devono superare i 30 km di raggio o possono venire intercettate, anche se criptate. Senza un cellulare connesso, gli stessi soldati russi si troverebbero isolati, mentre avere un mezzo di comunicazione li rende autosufficienti e li motiva. Li rende anche tracciabili ai loro comandi. Un tempo, azzerare la capacità di comunicazione era fondamentale. Oggi, militarmente parlando, non conviene a nessuno.
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Ucraina, l’ex generale Fabio Mini: “Guardate il cielo, non la lunga colonna di carri. Se sarà attacco a Kiev, arriverà da lì”
Perché Putin non distrugge la rete internet con cui Zelensky compatta i soldati e chiama a raccolta gli alleati? Cosa dice davvero quella colonna di 65 km che marcia in direzione della capitale? Perché si spara durante in negoziati? Risponde l'ex capo di Stato Maggiore del Comando Nato per il Sud Europa
La colonna di carri che marcia verso Kiev? “E’ sostanzialmente ferma, dove vada davvero e a far cosa lo capiremo guardando il cielo”. Perché nessuno la colpisce? Perché durante i colloqui si continua a sparare? La guerra pone tante domande che restano senza risposta. Quando a rispondere è un ex militare d’alto livello le ragioni paiono quasi ovvie. Ha questa capacità Fabio Mini, un tempo capo di Stato Maggiore del Comando Nato per il Sud Europa, in pensione da molti anni ma come tutti incollato alle tv e ai siti specialistici che seguono il conflitto fotogramma per fotogramma.
Partiamo da quella colonna nera di carri lunga 65 km che avanza minacciosa verso Kiev. Dove va e perché nessuno la colpisce?
Guardatela bene. Sembra stia marciando da giorni, in realtà non va da nessuna parte. Intanto non esce dalla strada e questo significa che i russi hanno il controllo di quello spazio aereo. E’ nella fase di avvicinamento, ma non si vede ancora la fase di schieramento e sembra ancora ben lontana dalla terza che è l’intervento.
E dove potrebbe attestarsi?
Neppure questo ora è chiaro. Potrebbe circondare Kiev, passare il Dnepr come fare inversione e sparire così come è arrivata, fungendo da minaccia. Se, come probabile, è lì per colpire Kiev entrandoci ce lo dirà prima il cielo. Perché le forze di terra non entreranno nella città senza prima una pioggia di bombe che Dio non sa neppure da dove vengano. Non è militarmente concepibile che quei militari entrino in azione prima.
E perché la vediamo marciare da giorni senza che nessuno la colpisca?
Il modo ci sarebbe, ovviamente, ma l’Ucraina probabilmente non ne ha la capacità. Ci vorrebbe l’aviazione, quella che l’occidente ha potenziato, ma non ha la superiorità aerea necessaria. Ho sentito qualcuno dire che quella colonna è esposta al “rischio di assalti con molotov “, ma è una baggianata: è evidente che i russi controllano tutta la strada e le zone limitrofe, e che nessuno possa anche solo avvicinarsi sperando di uscirne vivo.
Quindi dobbiamo aspettarci una tempesta di bombe?
Guardi la domanda va posta al contrario: perché non c’è stata ancora? Putin poteva radere al suolo Kiev e le altre città senza neppure sporcarsi le mani con arsenali convenzionalissimi, tanto è pieno di missili e bombe. Se non lo ha fatto è perché, probabilmente, confidava che i militari ucraini si alleassero con lui davanti a una prova muscolare di pochi giorni: non è successa né una cosa né l’altra. Del resto parliamo di guerra da giorni, ma i numeri che leggiamo non sono da guerra ma da incursione nemica.
Cosa intende?
Che l’esercito russo si è presentato lì con materiale bellico per fare 15-20mila morti al giorno, mentre le stesse fonti ufficiali ucraine, almeno fino a ieri, parlavano di 130 morti. Lo dico senza nulla togliere alla sofferenza inflitta, alla devastazione che coinvolge i civili ma il dato è sotto gli occhi di tutti. Così come il fatto che l’offensiva proceda su più fronti che non sembrano neppure coordinati. L’impressione, da tecnico militare, è che – sull’onda emotiva e per via della propaganda – vediamo solo le “gocce” di quel che accade a una parte e all’atra, ma la pioggia deve ancora arrivare.
E come se lo spiega?
Siamo nel campo delle ipotesi. Penso che l’escalation tra i due fronti abbia costretto entrambi a modificare i piani e a prendere tempo. Putin, probabilmente, perché non saprebbe come gestire un “dopo” che non si aspettava, compreso lo scenario della devastazione che agli occhi del mondo lo fa apparire folle. Zelensky usa questo tempo per rafforzarsi e sperare che l’esercito s’impantani. Così si spiegano anche i negoziati, quelli che nessuno dei due contendenti vuole davvero: non a caso li fanno gli intermediari e non loro, e non per nulla non fermano il fuoco mentre si svolgono.
Usando social come Twitter Zelensky è riuscito a compattare il suo popolo e richiamare all’ordine le forze occidentali. Perché Putin non ha bombardato le infrastrutture della rete togliendogli quest’arma?
Perché senza Internet anche il suo esercito è isolato ed esposto. Le comunicazioni militari per essere sicure non devono superare i 30 km di raggio o possono venire intercettate, anche se criptate. Senza un cellulare connesso, gli stessi soldati russi si troverebbero isolati, mentre avere un mezzo di comunicazione li rende autosufficienti e li motiva. Li rende anche tracciabili ai loro comandi. Un tempo, azzerare la capacità di comunicazione era fondamentale. Oggi, militarmente parlando, non conviene a nessuno.
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Ucraina, il Kosovo chiede di entrare nella Nato. La presidente Osmani: “Siamo la seconda linea del fronte”
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Milano, 17 mar. (Adnkronos Salute) - Bergamo, 18 marzo 2020: una lunga colonna di camion militari sfila nella notte. Sono una decina in una città spettrale, le strade svuotate dal lockdown decretato ormai in tutta Italia per provare ad arginare i contagi. A bordo di ciascun veicolo ci sono le bare delle vittime di un virus prima di allora sconosciuto, Sars-CoV-2, in uscita dal Cimitero monumentale.
Quell'immagine - dalla città divenuta uno degli epicentri della prima, tragica ondata di Covid - farà il giro del mondo diventando uno dei simboli iconici della pandemia. Il convoglio imboccava la circonvallazione direzione autostrada, per raggiungere le città italiane che in quei giorni drammatici accettarono di accogliere i defunti destinati alla cremazione. Gli impianti orobici non bastavano più, i morti erano troppi. Sono passati 5 anni da quegli scatti che hanno sconvolto l'Italia, un anniversario tondo che si celebrerà domani. Perché il 18 marzo, il giorno delle bare di Bergamo, è diventato la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'epidemia di coronavirus.
La ricorrenza, istituita il 17 marzo 2021, verrà onorata anche quest'anno. I vescovi della regione hanno annunciato che "le campane di tutti i campanili della Lombardia" suoneranno "a lutto alle 12 di martedì 18 marzo" per "invitare al ricordo, alla preghiera e alla speranza". "A 5 anni dalla fase più acuta della pandemia continuiamo a pregare e a invitare a pregare per i morti e per le famiglie", e "perché tutti possiamo trovare buone ragioni per superare la sofferenza senza dimenticare la lezione di quella tragedia". A Bergamo il punto di partenza delle celebrazioni previste per domani sarà sempre lo stesso: il Cimitero Monumentale, la chiesa di Ognissanti. Si torna dove partirono i camion, per non dimenticare. Esattamente 2 mesi fa, il Comune si era ritrovato a dover precisare numeri e destinazioni di quei veicoli militari con il loro triste carico, ferita mai chiusa, per sgombrare il campo da qualunque eventuale revisione storica. I camion che quel 18 marzo 2020 partirono dal cimitero di Bergamo furono 8 "con 73 persone, divisi in tre carovane: una verso Bologna con 34 defunti, una verso Modena con 31 defunti e una a Varese con 8 defunti".
E la cerimonia dei 5 anni, alla quale sarà presente il ministro per le Disabilità Alessandra Locatelli, sarà ispirata proprio al tema della memoria e a quello della 'scoperta'. La memoria, ha spiegato nei giorni scorsi l'amministrazione comunale di Bergamo, "come atto necessario per onorare e rispettare chi non c'è più e quanto vissuto". La scoperta "come necessità di rielaborare, in una dimensione di comunità la più ampia possibile, l'esperienza collettiva e individuale che il Covid ha rappresentato".
Quest'anno è stato progettato un percorso che attraversa "tre luoghi particolarmente significativi per la città": oltre al Cimitero monumentale, Palazzo Frizzoni che ospiterà il racconto dei cittadini con le testimonianze raccolte in un podcast e il Bosco della Memoria (Parco della Trucca) che esalterà "le parole delle giovani generazioni attraverso un'azione di memoria". La Chiesa di Ognissanti sarà svuotata dai banchi "per rievocare la stessa situazione che nel 2020 la vide trasformata in una camera mortuaria". Installazioni, mostre fotografiche, momenti di ascolto e partecipazione attiva, sono le iniziative scelte per ricordare. Perché la memoria, come evidenziato nella presentazione della Giornata, "è la base per ricostruire".
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Vogliamo il pilastro europeo dell'Alleanza atlantica e non lo delegheremo alla Francia e alla Gran Bretagna". Lo ha affermato il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, nella dichiarazione di voto sulle risoluzioni presentate sulle comunicazioni del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo. "Per avere i granai pieni -ha aggiunto- bisogna avere gli arsenali pieni, la difesa è la premessa della libertà e della democrazia".
Bruxelles, 18 mar. - (Adnkronos) - Le sedici aziende dell’Alleanza “Value of Beauty”, lanciata a febbraio 2024, hanno presentato a Bruxelles uno studio commissionato a Oxford Economics sull’impatto socioeconomico del settore. Il Gruppo L’Oréal, Kiko Milano, Beiersdorf, Iff, e altri grandi marchi dell’industria vogliono inserirsi nello spiraglio aperto dalla Commissione europea per favorire la semplificazione normativa in vari ambiti, e per chiedere un dialogo strategico sul futuro del settore, come già successo per agricoltura e automotive.
Il settore guarda con attenzione alle proposte su una legge europea vincolante per le biotecnologie e alla strategia per la bioeconomia, che la Commissione si impegna a presentare entro la fine dell’anno. Ma guarda con attenzione anche agli sviluppi nelle relazioni commerciali in Occidente alla luce della recente entrata in vigore dei dazi di Washington sull’import dall’Unione europea.
“Cinque delle sette più grandi aziende del settore hanno la loro sede nell’Ue”, ha sottolineato l’amministratore delegato del Gruppo L’Oréal, Nicolas Hieronimus.
A Bruxelles i sedici membri dell’Alleanza chiedono politiche per la produzione sostenibile di ingredienti e la formazione di personale per sbloccare il potenziale del settore. Un aspetto legato, secondo l’amministratore delegato di Kiko Milano, Simone Dominici, all’impatto positivo che la cura del corpo e dell’estetica ha sull’autostima e sulla salute mentale dei consumatori. Aspetti non trascurati dallo studio dell’Oxford Economics presentato all’ombra dei palazzi delle istituzioni europee. Il rapporto mostra che la spesa dei consumatori nell’Ue per i prodotti di bellezza e cura della persona ha superato i 180 miliardi di euro e dato lavoro a oltre tre milioni di persone, un numero che supera il totale della forza lavoro presente in 13 Stati membri dell’Ue. Troppi anche gli oneri per l'industria della cosmetica che rendono necessaria una revisione della direttiva sulle acque reflue. Forte dei 496 milioni di euro generati ogni giorno e dei 3,2 milioni di posti di lavoro, la cordata dei grandi nomi dell’industria della bellezza chiede che tutti i settori che contribuiscono ai microinquinanti nelle acque siano ritenuti responsabili, in linea con il principio “chi inquina paga”.
I riflettori dell’Alleanza, che guarda anche agli interessi di tutti gli attori della filiera - dagli agricoltori ai vetrai, importanti nella catena del valore quanto le case di fragranze - sono rivolti in primis sull’attesa revisione del regolamento Reach (Regulation on the registration, evaluation, authorisation and restriction of chemicals), che regolamenta le sostanze chimiche autorizzate e soggette a restrizione nell’Unione europea. L’Alleanza chiede che a questa iniziativa, annunciata nel 2020 come parte del pacchetto sul Green deal, si aggiunga anche una revisione del regolamento sui prodotti cosmetici.
L’appello ha come obiettivo la riduzione degli oneri amministrativi e lo stimolo all'innovazione, senza sacrificare l’approccio basato sul rischio per la salute e la responsabilità per la tutela dell’ambiente. Trasmette ottimismo l’iniziativa della Commissione di considerare delle esenzioni per alcune imprese colpite dalla direttiva della diligenza dovuta che imponeva oneri considerati sproporzionati alle piccole e medie imprese, la colonna portante del settore.
“Vogliamo impiegare più tempo alla sostenibilità, piuttosto che alla rendicontazione amministrativa”, è stato l’appello degli amministratori delegati durante la conferenza stampa che ha preceduto gli incontri istituzionali al Parlamento europeo, tra cui quello con la presidente dell’istituzione, Roberta Metsola. Lo studio presentato dimostra che una parte consistente della cura per la sostenibilità ambientale passa anche dalla cosmetica. L’Oréal ha già annunciato che entro il 2030 il 100% della plastica utilizzata nelle confezioni sarà ottenuta da fonti riciclate o bio-based.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Mandare soldati in Ucraina mentre ci sono i bombardamenti è una pazzia e l'Italia non farà questa scelta". Lo ha affermato il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, nella dichiarazione di voto sulle risoluzioni presentate sulle comunicazioni al Senato del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Gli inglesi sono usciti dall'Europa e adesso ci convocano una volta a settimana, facessero domanda per rientrare nell'Unione europea". Lo ha affermato il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, nella dichiarazione di voto sulle risoluzioni presentate sulle comunicazioni al Senato del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Dei Servizi segreti non si parla nell'Autogrill, si parla nel Copasir, io all'Autogrill ci vado a comprare il panino". Lo ha affermato il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, nella dichiarazione di voto sulle risoluzioni presentate sulle comunicazioni al Senato del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Da oggi sono autorizzato a dire che la Meloni non smentisce l'utilizzo di intercettazioni preventive nei confronti di un giornalista che attacca il Governo. È una cosa enorme, che ha a che fare con la dignità delle Istituzioni. Se non vi rendete conto che su questa cosa si gioca il futuro della libertà, allora sappiate che c'è qualcuno che lascia agli atti questa frase, perchè quando intercetteranno voi, in modo illegittimo, con i trojan illegali, saremo comunque dalla vostra parte per difendere il vostro diritto di cittadini, mentre voi oggi vi state voltando dal'altra parte". Lo ha affermato Matteo Renzi nella sua dichiarazione di voto sulle risoluzioni sulle comunicazioni al Senato del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo.
"Giorgia Meloni va al Consiglio europeo senza una linea, senza sapere da che parte stare, senza aver avuto il coraggio di rispondere a quella frase che lei stessa aveva detto: 'come diceva Pericle la felicità consiste nella libertà e la libertà dipende dal coraggio'. Se la felicità e la libertà dipendono dal coraggio, Giorgia Meloni -ha concluso l'ex premier- non è felice, non è libera".