E TUTT'INTORNO IL MARE - 2/4
“Ho alzato gli occhi, pensieroso. E così, per capire i libri, non bastava saper decifrare le lettere, bisognava anche saper leggere quello che non era scritto”. “E tutt’intorno il mare” di Dominique Fortier (Alter Ego) è uno di quei romanzi che ha bisogno di tempo per decantare. Proprio come un buon vino ha bisogno di arieggiare e riposare prima di esser gustato, anche questo libro necessita dei suoi spazi. È spirituale, emotivo, fortemente introspettivo. Non è uno di quei volumetti da tenere in borsa e sfoderare sul treno piuttosto che nei tempi morti di una sala d’attesa. È bene saperlo prima di approcciarsi a cuor leggero. Ed è bene sapere anche che non ha nulla a che vedere con “Le città di carta“, il precedente lavoro della scrittrice canadese. Assicuratevi quindi di sgomberare la mente da qualsiasi aspettativa o intenzione: così la potenza di questo romanzo vi arriverà dritta al cuore. “E tutt’intorno il mare” è un flusso poetico di due coscienze, una riflessione sul senso della scrittura e della memoria dal sapore antico. Attraverso l’intreccio di due storie, quella di Éloi, un pittore quattrocentesco che decide di rinchiudersi in convento dopo il lutto dell’amata, e quella dell’autrice stessa, si scava nei meandri dell’animo umano, dove la parola è Verità e Vita e i libri sono un’ancora di salvezza a cui aggrapparsi quando ci si ritrova ad annaspare tra le onde gelide dell’Oceano. A fare da sfondo, Mont-Saint-Michel con il suo portato di storia, leggende e misteri. Sta al lettore svelare, pagina dopo pagina, le trame che accomunano e sottendono alle due storie, tra sentimenti puri e segreti. La narrazione è lenta in modo a tratti quasi straziante, delicata e semplicemente struggente: “In quell’anno di grazia 14**, il Monte si ergeva nel mezzo della baia; al centro si stagliava l’abbazia. Nel mezzo di quest’ultima si annidava la chiesa abbaziale attorno al coro. In mezzo al transetto era sdraiato un uomo. Nel cuore di quell’uomo c’era un dolore talmente profondo che la baia non riusciva a contenerlo”. Quel dolore arriva dritto al cuore del lettore, vi si attacca come la sensazione di umido e salmastro di cui sono impregnati i muri dell’abbazia. Voto: 10.