“Mi hanno cucito vivo dentro la carcassa di un cervo. L’hanno svuotato dalle viscere, poi mi hanno lasciato là dentro. Sono svenuto: per la claustrofobia, per la mancanza d’aria, per la brutalità del gesto”. Con queste parole Miguel Bosé racconta nel suo libro uno degli episodi più traumatici della sua vita, quando suo padre lo portò, a soli dieci anni, in una del Mozambico per sottoporlo a una sorta di “rito di passaggio” all’età adulta. S’intitola Il figlio di capitan Tuono e uscirà in libreria in Italia il prossimo 8 marzo (Rizzoli) il volume di memorie che raccoglie aneddoti e retroscena della prima parte della vita del cantante 65enne, icona degli anni ’80. Sì, perché Miguel Bosé ha deciso di raccontare nel libro solo i fatti precedenti al suo esordio nel mondo della musica. Ma non è tutto: da qui nascerà una serie tv, di cui sono già in corso le riprese per Paramount +.
L’arco temporale sono i primi vent’anni di vita di Miguel Bosé, con un focus particolare sulla sua infanzia vissuta con il padre, il torero Luis Miguel Dominguín, maschio alfa di una dinastia di toreri e sex symbol della Spagna visto come “un dio in terra”; e la madre, Lucia Bosé, attrice e Miss Italia, musa del surrealismo e “donna più bella del mondo”. Due “dei” ma anche “due mostri” che gli hanno “reso l’infanzia un inferno”, come lui stesso scrive nel libro. Gli episodi narrati sono quasi surreali, a partire proprio dai racconti sul padre, che si faceva chiamare “maestro” e aveva preso in mano l’educazione del figlio perché “sennò ci diventa frocio”: ” Per essere alla sua altezza avrei dovuto imparare a sparare col fucile, a fare l’amore e a fumare prima di 13 anni”. Da qui l viaggio in Mozambico e il rituale del cervo, fatto per aumentare la sua “scarsa carica di testosterone”.
Non solo: il padre gli aveva anche organizzato un incontro con una ragazza indigena appena 16enne, cosa che lui rifiutò: “Dopo avermela offerta se la prese lui, mentre io ascoltavo terrorizzato le urla di lei rannicchiato intorno al fuoco da campo”. Poi i tradimenti e la separazione dei suoi genitori, culminata con le amicizie della madre Lucia con artisti e intellettuali, in primis Pablo Picasso: “Mio padre e mia madre si sono amati di una passione brutale in una Spagna popolata di personaggi che hanno fatto e disfatto il ventesimo secolo. Il mio libro non è un regolamento di conti contro di loro, ma un esercizio di comprensione. L’ho scritto in modo romanzato, direi cinematografico”. Bosé racconta anche di quando Picasso lo accompagnava a scuola e gli regalava “il primo vestito da ballo”: “Alla recita di fine anno mi feci la pipì sotto, perché ero vestito da nuvola e mi vergognavo. Picasso venne da me e mi disse: sei il più bravo di tutti, sei l’unica nuvola che ha fatto piovere”.