Se è stato messo l’articolo nel titolo volevano incantarci con i dettagli. Piccole soddisfazioni crescono con le tre ore di The Batman diretto da Matt Reeves (Cloverfield) e con Robert Pattinson nuovo defilato, malinconico, kurtcobaniano, uomo pipistrello. Altro reboot, del celebre fumetto DC Comics, e finalmente altro regalo. Dono da gustare (per chi può) su grande schermo prima di tutto per una Gotham City gotico flamboyant, sventrata e squagliata in tonalità nere rosso-arancioni, tessitura cromatica che elettrizza e incupisce, oscura il quadro (The Batman afferma ‘Io sono l’ombra”) e fa esplodere all’improvviso particolari (la combustione dai tubi di scappamento di bolidi auto e moto; i neon a intermittenza dei club disco e droga, i fasci di luce dove serve illuminare verità di luoghi e fatti).
Partiamo dallo spazio, dallo sfondo, perché la sinistra dimensione urbano antropologica di The Batman, che filtra con quella del Joker attraverso questa plebe incazzata, white trash che terrorizza i liberal, aggiorna l’archetipo securitario che sorregge la fittizia cupa Gotham City e l’etica della saga tutta. Alla solita accozzaglia di corrotti, il legame è sempre polizia-giustizia-criminalità organizzata, si aggiunge un burattinaio ben più pericoloso, un bianco di umili origini, lasciato ai margini economici e sociali da quei ricchi della città che lui non distingue più tra filantropi (gli Wayne, of course) e cattivi capitalisti (come dargli torto, no?).
L’enigmista/Riddler (Paul Dano, bentornato, con il viso coperto per due ore e mezza) fa fuori uno ad uno tutti i potenti, dal sindaco al procuratore distrettuale, minacciando l’intera città con un attentato epocale di rara perfidia ma di discreta vendetta di classe. Ogni volta un indovinello, ogni volta un maggiore coinvolgimento di quel Batman di cui Riddler conosce evidentemente la vera identità. The Batman inizia in una notte di Halloween con una soggettiva autentica, con tanto di respiro da sotto la maschera, come fossimo in un film d’assalto di Brian De Palma. No more lies, non più bugie, è la cantilena giustizialista del killer, e pian piano della folla, di fronte al ritrovamento del corpo maciullato del sindaco. Caso speciale che richiama in attività Batman dopo una lunga pausa (c’è sempre il batsegnale in cielo, ma è marchio fioco e irregolare), sul luogo del primo delitto, quello del sindaco in carica in crisi per le imminenti elezioni. Anche se la presenza dell’uomo pipistrello voluta dal commissario Gordon (il redivivo Jeffrey Wright) è però malvoluta da qualche agente e dal capo della polizia. Insomma, siamo dalle parti del “guardi Batman non compriamo niente, grazie”.
Atteggiamento ostativo dovuto all’intreccio di corruzione tra istituzioni e un grosso gruppo mafioso che spadroneggia in città per gli affari di droga e prostituzione del Pinguino (Colin Farrell talmente truccato che potevano chiamare Alessandro Borghi e non ce ne saremmo accorti), ma soprattutto del boss Falcone (eh sì, si chiama come il giudice antimafia sic) interpretato da John Turturro. Se poi in mezzo all’uccisione del sindaco non ci fosse la scomparsa di una ragazza entraineuse che abita con la collega Selina (Zoe Kravitz), Batman non incontrerebbe nientemeno che Catwoman (ovviamente la Kravitz) tutta mosse di arti marziali e gattoni che le fanno le fusa in braccio.
L’escalation d’azione e di detection funziona senza un rallentamento che uno, come una macchina oliata in ogni più infinitesimale ingranaggio per almeno un’ora e mezza abbondante. Insomma, un film intero sarebbe già tagliato a dovere. Ma Reeves, allo script con Peter Craig (Hunger games, per dire), vuole addirittura strafare. Intermezzo rallentato con la bomba chez Batman/Bruce Wayne, dove ci rimette quasi tutte le penne il maggiordomo Alfred (Andy Serkis, buffo vederlo in questo ruolo) e finalone di un’oretta buona con lo scontro stop and go tra Riddler, Batman, il neosindaco e tutta la popolazione di Gotham. Mai un attimo di tregua in The Batman così concettualmente amalgamato tra essiccatura dei dialoghi, agilità di montaggio, soundtrack epocale di Michael Giacchino, fino a quelle maschere antispettacolari, semplificate, ottundenti che coprono i visi dei tre protagonisti: lo scafandro con orecchie puntute per Pattinson che vive come una sorta di simbolico peso; la semplice e fascinosa fascetta nera sul nasino e le gote di Catwoman; il marchingegno cinghiato di pelle e occhialoni geek dell’enigmista. Non manca nemmeno qualche grammo sexy, gestito senza svenevolezze tra Batman e Catwoman. Insomma, Warner e DC Comics a questo giro segnano punto pieno. Bravi loro.