Dopo quasi 29 anni, secondo la Procura di Firenze, potrebbe avere un volto e un nome la ‘bionda’ delle stragi realizzate dalla mafia nel 1993. Per l’esattezza la donna indagata potrebbe essere coinvolta in particolare nell’attentato del 27 luglio 1993 in via Palestro a Milano, 5 morti. Nelle carte della Procura si fa riferimento anche alla strage fiorentina del 27 maggio 1993. Ieri i Carabinieri della sezione Anticrimine dei Carabinieri del Ros di Firenze, su delega dei due procuratori aggiunti Luca Tescaroli e Luca Turco sotto il coordinamento del procuratore capo Giuseppe Creazzo, hanno perquisito Rosa Belotti, 57 anni, di Bergamo. La donna è accusata di essere “l’esecutrice materiale che ha guidato la Fiat Uno imbottita di esplosivo sottratta alla proprietaria condotta in via Palestro per colpire il Padiglione di Arte Contemporanea quale alto e irripetibile simbolo del patrimonio nazionale”.
Da molti anni i magistrati cercano di individuare la donna o meglio le donne che sono state avvistate da testimoni oculari più o meno attendibili nei luoghi delle stragi e degli attentati avvenuti nel 1993 a Roma (attentato a Maurizio Costanzo 14 maggio e alle Basiliche di San Giorgio al Velabro e San Giovanni, notte tra 27 e 28 luglio), Firenze (27 maggio, Accademia dei Georgofili, 5 morti) e Milano (Pac, 27 luglio, 5 morti) e per i quali sono già stati condannati all’ergastolo i boss di Cosa Nostra. Rosa Belotti potrebbe essere per i pm ‘la bionda di via Palestro’. Di tutte le stragi compiute nel 1993 quella di Milano è effettivamente la più misteriosa. Grazie ai collaboratori di giustizia è stato ricostruito il furto della Fiat Uno grigia e il percorso dell’esplosivo dalla Sicilia al paese di Arluno nell’hinterland milanese ma è rimasta oscura la fase esecutiva della strage.
La ‘bionda di via Palestro’ è uno dei gialli che tormenta gli investigatori da 28 anni e mezzo. Due testimoni, Luca I. e Antonella M. ,poco prima dell’esplosione della Fiat Uno imbottita diT4, pentrite e nitroglicerina hanno visto una ragazza sulla trentina con i capelli biondi che usciva dall’auto dopo aver armeggiato nell’abitacolo. Al posto guida c’era un altro soggetto di sesso maschile non visto bene dai due testimoni. La donna fu notata da Luca I. perché era slanciata e bella e da Antonella M. perché era vestita in modo femminile e appariscente con tacchi alti e cinta vistosa. Poco dopo quegli avvistamenti della bionda sulla Fiat Uno la macchina esplose e via Palestro divenne un inferno. Morirono il vigile urbano, Alessandro Ferrari e i vigili del fuoco Carlo La Catena, Sergio Pasotto e Stefano Picerno insieme a Moussafir Driss, un cittadino marocchino che era lì a riposare su una panchina.
I pm fiorentini che conducono le inchieste per individuare i responsabili ignoti delle stragi e gli attentati del 1993 a Firenze, Roma e Milano sono arrivati a Rosa Belotti partendo da tre elementi: una fotografia, una testimonianza e un software. La storia parte da lontano: l’agente di polizia di Trapani, Antonio Federico, già una dozzina di anni fa portò ai magistrati la foto di una donna trovata durante una perquisizione molto famosa. Quando era di servizio ad Alcamo il 29 settembre del 1993 grazie alla ‘soffiata’ di un confidente, l’allora assistente di Polizia fece sequestrare un arsenale impressionante di armi a due Carabinieri, che secondo gli articoli di stampa dell’epoca, sarebbe stati legati al servizio segreto militare. L’agente Federico ha raccontato ai pm di aver trovato la foto della donna in questione durante quella perquisizione nel settembre 1993 dentro il volume di un’enciclopedia nella libreria del villino di Alcamo nella disponibilità dei due militari.
Che c’entra la foto trovata nell’arsenale di Alcamo con una strage di Cosa Nostra avvenuta due mesi prima a Milano? Come scrivono anche i pm Roberto Scarpinato, Domenico Gozzo e Umberto De Giglio, nelle carte dell’inchiesta per l’omicidio nel 1989 dell’agente di Polizia Nino Agostino e della moglie Ida Castelluccio,: “L’arsenale fu ritenuto appartenere alla struttura Gladio trapanese”. Poiché la Procura di Firenze sta cercando di appurare se nelle stragi ci sia un ruolo di soggetti esterni alla mafia i pm ascoltano con attenzione quando l’agente Federico segnala la somiglianza tra la foto trovata nel deposito delle armi di Alcamo con l’identikit numero 14 elaborato dopo la strage di via Palestro.
Da molti anni varie procure cercavano di dare un nome alla donna ritratta nella foto trovata dall’agente Federico . Ora “a distanza di 28 anni- scrivono i pm di Firenze nel decreto di perquisizione di Rosa Belotti – l’impiego dell’applicativo C-Robot, utilizzato per la comparazione di foto segnaletiche e persone scomparse, ha consentito di identificare l’effige rinvenuta con la foto segnaletica del 1992 ritraente Rosa Belotti, alta 173 cm imprenditrice, pregiudicata per reati concernenti traffici di stupefacenti, legata almeno dal1991 al pluripregiudicato campano Rocco di Lorenzo vicino al clan La Torre di Mondragone ” Il software C-Robot ha fornito un dato affidabile al 67 per cento raffrontando la foto che sarebbe stata trovata nel 1993 e la foto segnaletica della Belotti dell’arresto del 1992. I pm fiorentini annotano anche che la signora Belotti era stata scarcerata nel marzo del 1993. Quindi poteva teoricamente essere a via Palestro quella sera.
Ovviamente si tratta di un’ipotesi di accusa tutta da verificare, basata sulla versione dell’agente Federico e sulla asserita somiglianza tra fa foto di Rosa Belotti e l’identikit della ‘bionda’. I pm stanno studiando con attenzione foto e documenti trovati nella perquisizione. Tra pochi giorni interrogheranno l’indagata per capire dove era la sera del 27 luglio 1993. La prudenza della Procura è evidente anche dalle espressioni garantiste contenute nel comunicato diffuso stamattina: “Nell’ambito delle indagini sulle stragi terroristico eversive del biennio 1993-1994, condotte dalla Procura della Repubblica di Firenze, il ROS dei Carabinieri di Firenze ha eseguito in Lombardia un decreto di perquisizione, ispezione e sequestro nei confronti di una donna che si ipotizza essere coinvolta nell’esecuzione materiale, con funzioni di autista dell’auto imbottita di esplosivo, dell’attentato del 27 luglio 1993, compiuto in via Palestro a Milano in pregiudizio del Padiglione di Arte Contemporanea, in concorso con appartenenti a cosa nostra già condannati con sentenza passata in giudicato. Si segnala che l’atto è compiuto nel corso di indagini preliminari e che l’eventuale responsabilità dell’indagata necessità di un vaglio giurisdizionale”.
Sentito dal Fatto Quotidiano l’avvocato della signora Belotti, Emilio Tanfulla spiega: “La mia assistita è totalmente estranea ai fatti. Non possiamo rilasciare dichiarazioni alla stampa perché la mia cliente dovrà riferire all’autorità giudiziaria”.