L’aggressione militare decisa da Putin ha rilanciato il dibattito sulla necessità di diversificare le fonti di energia del nostro paese, in una fase resa già incandescente dal caro energia e dalla proposta di inserire il gas metano e il nucleare nella tassonomia verde come fonti ambientalmente sostenibili. Cosa che non sono né il nucleare né il metano, essendo quest’ultimo di per sé un gas serra che si disperde in atmosfera da condutture e luoghi di estrazione.

Sul tema “No a nucleare e gas metano in tassonomia verde”, il 12 febbraio scorso ho condotto un ampio confronto online con esperti, associazioni ambientaliste ed esponenti di Europa Verde, durante il quale è stata ribadita all’unanimità l’opposizione alla modifica della tassonomia verde con l’inserimento di metano e nucleare tra le fonti green. Il nucleare? “Una scelta sbagliata”, ha detto il premio Nobel per la Fisica Giorgio Parisi nel corso dell’intervista che gli ho fatto. Lo stesso Parisi, nelle vesti di Presidente della Commissione di scienziati sul decomissioning, aveva definito il nucleare “una tecnologia più vecchia del transistor”.

Gli impianti nucleari attualmente in funzione, ha spiegato, sono vecchi di 30-40 anni e la modifica della tassonomia è un “regalo” alla Francia: sarà l’Europa a pagare i costi di ammodernamento delle centrali francesi, necessari per estendere la loro durata di vita. “Questa operazione non ha nulla a che fare con la lotta ai cambiamenti climatici”, ha affermato con nettezza Parisi, pur ribadendo che non è contrario alla ricerca sul nucleare pulito: “La ricerca fa sempre bene, ma bisogna dire chiaramente che il nucleare di nuova generazione al momento esiste solo sulla carta. Non ha alcun senso costruire oggi una centrale nucleare con le attuali tecnologie. I problemi che ci sono, a partire dalle scorie altamente radioattive, non sono mai stati risolti”.

Per il Nobel, l’Italia deve valorizzare i propri punti di forza, a cominciare dal Sole. “Bisogna investire con forza nel solare, portarlo nelle città, mettere pannelli sopra i condomini per produrre energia e consumarla sul posto, riducendo il carico sulla rete. Attualmente sono pochissimi gli impianti attivi sui condomini delle città italiane”. L’altro fronte è quello dell’efficienza energetica, con la riduzione degli sprechi tramite interventi sugli immobili: il cappotto termico riduce il consumo per il riscaldamento d’inverno e per il raffrescamento d’estate, ha puntualizzato.

Nel corso dell’incontro anch’io ho citato diverse criticità del nucleare e l’inadeguatezza di questa tecnologia a rispondere alla domanda di elettricità e alla lotta all’emergenza climatica con l’urgenza necessaria. Basti considerare la durata pluriennale dei cantieri per realizzare centrali nucleari, come testimoniano in Europa gli impianti di Flamanville (in costruzione in Francia da dieci anni con costi quadruplicati) e Olkiluoto (entrato in funzione in Finlandia il 21 dicembre scorso con dodici anni di ritardo e i costi triplicati). Senza considerare che il nucleare è una tecnologia competitiva solo perché finanziata dal pubblico, ma con costi esorbitanti, come si vede nel contratto tra Edf (l’Enel francese) e il governo inglese per il reattore Epr di Hinkley point, che stabilisce per 35 anni un prezzo del MWh prodotto superiore da cinque a dieci volte a quello del solare fotovoltaico.

Per questi motivi ogni euro investito nel gas e nel nucleare è oggettivamente denaro sottratto alla transizione ecologica e al processo di decarbonizzazione, di cui abbiamo bisogno per migliorare la qualità dell’aria che respiriamo, l’ambiente e sostenere il lavoro di qualità nelle filiere green, che già oggi sono la nuova frontiera industriale. In queste ore l’Ipcc – Intergovernamental panel on climate change, ovvero la task force di scienziati di 197 paesi che produce gli studi sui cambiamenti climatici per l’Onu, ha diffuso il secondo volume del rapporto su impatti, vulnerabilità e adattamento ai cambiamenti climatici, uno studio basato su evidenze, osservazioni e approfondimenti, dal quale emergono risultati ancora più allarmanti del precedente rapporto del 2014. Un altro segnale che non c’è tempo da perdere col nucleare. Parola di premio Nobel.

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