Da molti anni si sapeva che l’ambiente fa parte dei valori costituzionali, ancorché non fosse espressamente evocato come valore dalla Costituzione, prima della attuale modifica, in quanto al tempo dell’Assemblea costituente (1946-1947) la questione ambientale era impercettibile.
La Corte costituzionale già nel 1987 chiarisce che “la protezione dell’ambiente è imposta anzitutto da precetti costituzionali che sono quelli dell’articolo 9 Cost. (tutela del paesaggio) e dell’articolo 32 Cost. (tutela della salute), per cui l’ambiente assurge a valore primario ed assoluto” (sentenze 210 e 641). L’assolutezza del valore era stata del resto nettamente segnata dalla stessa Corte, appena un anno prima (sent. 151 del 1986), per ‘l’ambiente-paesaggio’ (art. 9) nell’affermare che “la primarietà del valore paesaggistico impedisce di subordinare l’interesse estetico-culturale a qualsiasi altro, ivi compresi quelli economici, nelle valutazioni concernenti i reciproci rapporti”.
Perciò in caso di conflitto tra interessi, al fine di assumere la giusta decisione non può funzionare il criterio del bilanciamento tra interessi posti sullo stesso piano; deve funzionare invece il criterio della prevalenza dell’interesse sovraordinato (valore primario e assoluto).
Ma in anni recenti, rispetto all’ ‘ambiente-salute‘ (art. 32) la Corte costituzionale clamorosamente tradisce la sua stessa linea interpretativa con una sentenza (85 del 2013) che ha suscitato forti perplessità: sentenza in cui la Corte afferma che non è possibile collocare alcun diritto tutelato dalla Costituzione in una posizione di “prevalenza assoluta sugli altri”; neppure il diritto alla salute avrebbe “carattere preminente” rispetto agli altri diritti della persona, ancorché l’articolo 32 della Costituzione lo qualifichi “diritto fondamentale”.
Nel fare applicazione del criterio del bilanciamento, la Corte in concreto giudica ‘non illegittimo’ un decreto-legge del dicembre 2012, che aveva disposto la immediata riapertura degli impianti siderurgici di Taranto, in precedenza (luglio 2012) sequestrati dal giudice al fine di evitare il protrarsi e l’aggravarsi degli effetti (pesanti patologie e decessi) del reato di ‘disastro ambientale’. Tale disciplina è valutata dalla Corte come “ragionevole punto di equilibrio” tra valori o interessi in opposizione: la salute e la sua tutela da una parte, il lavoro, il mantenimento dei livelli occupazionali e una produzione “di interesse strategico nazionale” dall’altra. Sicché, attraverso il criterio del bilanciamento si giunge implicitamente ad accettare un certo incremento delle patologie (e pure dei decessi) causato dal grave inquinamento atmosferico che rimane con la decisione di mantenere in funzione gli impianti (a tutela del lavoro e della produzione) anche prima della loro messa in sicurezza (che allora venne prevista nell’arco di tre anni e che invece appare ancora incompiuta dopo circa dieci anni).
La pronuncia della Corte del 2013 è criticabile: non tiene nel dovuto conto un interesse costituzionale supremo. La tutela ‘dell’ambiente-salute’ è interesse che non può essere messo deliberatamente a rischio o a maggior rischio per non deprimere eccessivamente altri interessi: laddove sia praticabile una misura volta ad eliminare il rischio o a ridurre maggiormente la percentuale di rischio, la salute non può essere esposta optando per una diversa misura ‘meno precauzionale’. La decisione va assunta utilizzando il criterio della prevalenza (del primario interesse all’ambiente salubre su altri interessi eventualmente antagonisti); diverso dal criterio del bilanciamento tra interessi (posti sullo stesso piano), che consente di flettere ogni interesse (o diritto o valore) in opposizione, al fine di giungere ad un punto di equilibrio tra essi.
Se prima della legge costituzionale definitivamente approvata l’8 febbraio scorso, recante modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione, la collocazione dell’ambiente come valore costituzionale primario e assoluto era implicita, con l’eventualità di non essere pienamente compresa o di essere “dimenticata” (come sembra sia capitato alla stessa Corte costituzionale nel 2013), ora che il più alto grado del valore ambientale è “codificato” non sono più ammissibili tentennamenti, azioni dilatorie, pilateschi tavoli di lavoro. Le istituzioni agiscano coerentemente con i principi costituzionali che risultano ora più chiari: dai Sindaci al Parlamento; dai Presidenti di Regione al Governo; dalle Agenzie locali per la protezione ambientale, al Ministro dell’ambiente (pardon, della transizione ecologica come vuole la moda, purché la transizione sia breve perché il tempo è già scaduto).