Sarà santo padre Tito Brandsma, il giornalista carmelitano antinazista ucciso nel campo di concentramento di Dachau. Lo ha deciso Papa Francesco nel concistoro convocato per il voto su tre cause di canonizzazione. Bergoglio ha annunciato anche la data della celebrazione durante la quale proclamerà dieci nuovi santi, tra cui padre Brandsma e Charles de Foucauld: il 15 maggio 2022. È significativo che la decisione di Francesco arrivi durante il conflitto in Ucraina dato che il sacerdote carmelitano è sempre stato definito “uomo della pace nell’Europa in guerra”. Nell’omelia della beatificazione, il 3 novembre 1985, san Giovanni Paolo II spiegò che proprio da una “profonda unione con Dio determinava nell’anima del padre Brandsma una costante vena di ottimismo, che gli attirava la simpatia di quanti avevano la ventura di conoscerlo, e che non lo abbandonò mai: lo accompagnò anche nell’inferno del lager nazista. Fino alla fine egli restò per gli altri prigionieri un motivo di sostegno e di speranza: per tutti aveva un sorriso, una parola di comprensione, un gesto di bontà. La stessa infermiera, che il 26 luglio del 1942 gli iniettò il veleno mortale, testimoniò più tardi di aver sempre vivo nella memoria il volto di quel sacerdote che ‘aveva compassione di me’”.
Tito Brandsma, al secolo Anno Sjoerd, nacque nei Paesi Bassi il 23 febbraio 1881. Entrato nei carmelitani di Boxmeer e compiuti gli studi di filosofia e di teologia, emise la professione religiosa e venne ordinato sacerdote il 17 giugno 1905. Venne inviato a Roma dove frequentò la facoltà di filosofia della Pontificia Università Gregoriana e seguì i corsi di sociologia presso l’Istituto Leoniano. Rientrato in Olanda, insegnò filosofia e matematica nello studentato carmelitano di Oss fino al 1923. Contemporaneamente coltivò la passione giornalistica pubblicando articoli su diversi periodici, di alcuni dei quali divenne caporedattore. Iniziò anche la pubblicazione in più volumi delle opere di santa Teresa in lingua olandese. Nel 1923 divenne professore di filosofia e storia della mistica nella neonata Università Cattolica di Nimega di cui successivamente venne eletto rettore. Nel 1935 il vescovo di Utrecht, monsignor Johannes De Jong, futuro cardinale, lo nominò assistente ecclesiastico dell’associazione dei giornalisti cattolici che raggruppava una trentina di testate. Con la tessera internazionale di giornalista viaggiò in Irlanda e negli Stati Uniti dove tenne conferenze sulla spiritualità e la tradizione carmelitana.
La sua missione mutò radicalmente dopo il 1933 con l’avvento di Adolf Hitler in Germania. Tra il 1938 e il 1939 padre Tito tenne dei corsi all’università sull’ideologia nazista, denunciandone a gran voce la distorsione ideologica e criticandone l’impostazione pagana e antiumana. Un impegno che lo vide in prima linea anche durante la Seconda guerra mondiale, accanto ai vescovi olandesi che, il 26 gennaio 1941, reagirono con fermezza contro i provvedimenti nazisti. “Ciò che si fa ora contro gli ebrei – scrisse il sacerdote – è un atto di vigliaccheria. I nemici e gli avversari di quel popolo sono davvero meschini se ritengono di dover agire in maniera così disumana, e se con questo pensano di manifestare o di aumentare la forza del popolo tedesco, ciò è l’illusione della debolezza”. All’inizio del 1942 padre Tito viaggiò in treno in tutta l’Olanda visitando le redazioni dei giornali cattolici per consegnare le indicazioni dell’episcopato e incoraggiare i direttori a resistere alle pressioni naziste. Il 19 gennaio, appena rientrato a Nimega, tenne l’ultima lezione all’università. Al rientro in convento venne arrestato e rinchiuso in una cella del carcere di Scheveningen. Durante la detenzione padre Tito si dedicò a scrivere la vita di santa Teresa e, in mancanza di carta, utilizzò il libro sulla vita di Gesù che aveva con sé scrivendo tra le righe. In quel periodo scrisse anche un diario intitolato La mia cella e la preghiera Davanti all’immagine di Gesù in cui espresse la propria desolazione.
Successivamente venne condotto nel campo penale di Amersfoort dove fu costretto a lavorare e a vivere in condizioni durissime. Venne poi trasferito nel campo di smistamento di Kleve, in Germania, e da qui condotto con un carro bestiame fino al campo di concentramento di Dachau dove arrivò il 19 giugno 1942. A causa dell’estremo indebolimento della sua salute, già precaria, venne internato nell’ospedale da campo, il Revier. Vi rimase fino al 26 luglio quando venne ucciso con un’iniezione di acido fenico. All’infermiera che gli somministrò il veleno, padre Tito regalò il rosario che un internato gli aveva fabbricato. La donna disse di non saper pregare e il sacerdote rispose: “Basta che dica Ave Maria”. In seguito la donna si convertì e testimoniò al processo di beatificazione raccontando le ultime ore di vita del carmelitano. Nel 1952 venne introdotta la causa. Wojtyla lo proclamò beato come martire della fede, mentre il 25 novembre 2021 Bergoglio ha riconosciuto il miracolo attribuito alla sua intercessione. Si tratta della guarigione scientificamente inspiegabile di un sacerdote carmelitano da melanoma metastatico ai linfonodi avvenuta nel 2004 a Palm Beach, in Florida. È grazie a questo miracolo che ora padre Tito sarà proclamato santo.