“Marcia per la Traiana. Tuteliamo la via Francigena”. Lo striscione esposto dai manifestanti che qualche giorno fa aprivano il corteo che ha marciato sull’Appia Traiana nel tratto che corre nelle campagne di Terlizzi, era inequivocabile. La Marcia organizzata da numerose associazioni locali, tra le quali “Via Francigena Appia Traiana” e “Amici della Francigena–Ruvo di Puglia”, dal circolo terlizzese di Legambiente, dalla Cgil Bari e dall’Enpa di Terlizzi. Che insieme ad alcuni consiglieri comunali di opposizione, hanno manifestato contro la centrale a biomasse in località “Strada comunale Monte Serino”. Centrale sulla quale si esprimerà l’Assessorato allo Sviluppo economico della Regione Puglia, “dopo aver acquisito l’Autorizzazione unica ambientale provinciale”, spiega a ilfattoquotidiano.it l’addetto stampa dell’Assessore regionale Delli Noci.

Ma intanto la centrale, “divide”. Da una parte i rappresentanti degli agricoltori, dall’altra gli ambientalisti e le comunità locali. In posizione intermedia il Comune, secondo il quale il progetto deve essere non “soltanto conforme a tutte le norme di legge in materia, ma collocarsi anche in maniera coerente con il contesto produttivo-economico che lo circonda e armoniosa con paesaggio intorno”. Circostanza che non sembra agevole si verifichi. Nonostante le rassicurazioni di Sorgenia Bio Power srl, che a giugno 2020 ha presentato istanza di Autorizzazione unica ambientale alla Sezione Infrastrutture Energetiche Digitali Servizio Energia e Fonti Alternative Rinnovabili della Regione Puglia per la realizzazione di un impianto di digestione anaerobica per la produzione di biometano liquido, nonché delle opere e infrastrutture connesse. Per una estensione complessiva di circa 46.900 metri quadrati. Insomma l’equivalente di sei campi di calcio. Posizionati in un’area a “vocazione agricola”, a breve distanza dal tracciato della via Appia Traiana, la strada che collegava Benevento e Brindisi, realizzata tra il 108 e il 110 d. C.

L’alimentazione dell’impianto? Sarà costituita principalmente da sansa vergine di olive, pollina e sottoprodotti derivanti dalla raccolta o lavorazione dei prodotti ortofrutticoli. Forse proprio per questo motivo Cia-Agricoltori Italiani area Levante e Op Oliveti Terra di Bari, la più importante organizzazione di produttori italiani che accoglie al suo interno anche la cooperativa Agricoltura Progresso di Terlizzi, si schierano a favore dell’impianto di biogas. “L’olivicoltura del Nord Barese” – scrivono – “ha bisogno di un impianto serio, rispettoso dell’ambiente e della salute dei cittadini, in grado di valorizzare gli scarti di lavorazione e chiudere la catena del valore, dando seguito al principio dell’economia circolare”. Agli agricoltori l’impianto piace. D’altra parte Sorgenia spiega che “lo spazio occupato è quello strettamente necessario all’installazione dei serbatoi di digestione e di processo delle biomasse”. Aggiungendo che “La realizzazione dell’impianto, che coerentemente con la sua vocazione è localizzato in area agricola, comporterà la rimozione di circa 400 olivi che verranno comunque sostituiti da nuovi alberi …”. Senza contare che “esso contribuirà, grazie alla produzione del digestato che verrà sparso in terra, a eliminare il rischio di impoverimento di circa 800 ettari di campagne circostanti che ospitano oltre 250.000 olivi”.

Certo è che la Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bari ha espresso le sue contrarietà. Inderogabili. “Questo ufficio esprime parere negativo. Si ritiene che non vi possano essere modifiche progettuali da apportare ai fini dell’assenso di questo Ufficio, a meno della delocalizzazione dell’intervento”, ha scritto l’organo periferico del Ministero della cultura in occasione della seconda conferenza dei servizi il 25 gennaio scorso. Parere, motivato. Con la notevole importanza archeologica, culturale e paesaggistica del contesto. Per la presenza, tra Terlizzi e Ruvo, del tratto della via Appia Traiana, “che risulta positivamente inserita all’interno del Progetto della Via Francigena del Sud, all’interno di un sentiero a percorrenza lenta di interesse storico, artistico e ambientale, nonché nelle vicinanze dell’insediamento religioso di Cesano”, hanno scritto in una nota del marzo 2021 alla Regione alcuni consiglieri comunali. Non é tutto. Il Piano Comunale dei Tratturi del Comune di Terlizzi, relativo al tratturello – via Traiana n. 94, inserisce il sito individuato per la localizzazione dell’intervento all’interno dell’area annessa al suolo tratturale.

“E’ da più di due anni che sosteniamo l’incompatibilità di quel sito con con l’insediamento produttivo Sorgenia”, ha scritto il 25 gennaio scorso Legambiente Terlizzi. Spiegando che si tratta di “un’area in cui studi recenti hanno rilevato una notevole e diffusa presenza antropica che nel tempo si è strutturata secondo modalità differenti in un arco cronologico molto ampio che va dall’età neolitica a quella medievale, sottolineando il notevole interesse dell’area dal punto di vista paesaggistico e culturale”. Motivazioni che le comunità locali condividono, pienamente. Come dimostra la partecipazione alla Marcia per la Traiana. E il Comune?

A gennaio 2020 l’Ufficio tecnico comunale respinge la Procedura abilitativa semplificata, preferita da Sorgenia, il cui iter avviato il 16 dicembre 2019, sarebbe scaduto dopo appena trenta giorni. A quel punto Sorgenia ripresenta il progetto per il quale richiede l’Autorizzazione Unica ambientale. Seguono proteste ed incontri sul territorio. Poche certezze e molti dubbi. Ma poi nel Consiglio del 24 gennaio scorso la Giunta sottolinea la necessità di considerare “sia le esigenze di tutela, conservazione e valorizzazione, anche a fini turistici, della qualità e dell’identità del patrimonio rurale diffuso …, sia le esigenze di miglioramento qualitativo e quantitativo, nonché di ottimizzazione dei cicli produttivi della filiera olivicola …, che impegna una parte consistente delle energie produttive cittadine e costituisce magna pars dell’economia locale”. Così la delibera fa riferimento a “La qualità e l’identità del patrimonio rurale diffuso” che vanno tutelate, conservate e valorizzate. Anche “attraverso l’inserimento in progetto di ulteriori elementi di mitigazione degli impatti visivi rispetto al territorio circostante …, nonché attraverso il rafforzamento delle precauzioni”. Chiunque prevarrà in questa disputa dovrà fare in qualche modo i conti con chi non avrà avuto la meglio. Che anche questa questione sia stata mal posta?

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