di Pietro Francesco Maria De Sarlo
Dal punto di vista mediatico Putin ha perso la guerra prima di iniziarla. Quale essere umano parteggerebbe per Golia quando aggredisce Davide? Se però vogliamo costruire la pace dobbiamo capire anche le ragioni di Golia.
C’è chi, ricordando la profezia di Giulietto Chiesa del 2015, sostiene che questa guerra sia la conseguenza della espansione verso est della Nato. Paolo Mieli sostiene invece che la reazione di Putin sia stata tardiva, quindi inutile, poiché la Russia confina già con la Nato. Anzi, dice che se anche l’Ucraina facesse parte della Ue non saremmo in queste condizioni. Se così è dobbiamo però concludere che Putin sia pazzo. Ma questo pazzo ha in mano un arsenale fatto di bombe atomiche e quindi siamo spacciati. Le argomentazioni di Mieli lasciano inoltre senza risposta la comprensione del perché l’Europa, su forti pressioni della Germania, abbia sentito la necessità di allargarsi verso quei paesi che spesso definiamo con sprezzo sovranisti, vedi gruppo di Visegrad.
In ogni caso mi pare che se non si mette mano alle armi, rischiando la guerra nucleare, la sorte dell’Ucraina sia segnata. Quindi il gioco di mandare armi all’Ucraina e di accelerarne l’ingresso in Europa è come gettare inutilmente benzina sul fuoco. Un gioco cinico, disumano e fatto a scapito della stessa Ucraina con l’idea che prolungarne la resistenza metta in difficoltà Putin, peraltro già all’angolo. Dire poi che si deve difendere il diritto all’autodeterminazione dei popoli è una falsità. Da sempre ci sono limitazioni nei trattati internazionali. Cosa direbbero la Nato e gli Usa se il Venezuela decidesse di entrare nell’orbita russa? Nessuno ricorda Cuba e la Baia dei Porci?
Qual è quindi l’obiettivo che abbiamo noi europei? Una volta era la pace; e ora? Forse sbaglio ma la nostra dirigenza politica mi sembra orientata verso una politica di potenza, volta a ritagliarsi un ruolo preminente sullo scacchiere mondiale. Ma per essere alla pari di Usa, Russia e Cina occorre uscire dalla Nato, altrimenti si è semplicemente gli sherpa degli Usa. Ambizione legittima per il peso economico europeo, che però richiede un’organizzazione militare autonoma e un radicale cambio degli equilibri mondiali, oltre alla disponibilità di intervenire direttamente nei conflitti. Un’ambizione pericolosa e preoccupante, almeno per me.
Perché l’esercizio della democrazia interna all’Europa mostra ancora troppe lacune. Questa è ancora l’Europa delle nazioni e non quella di una unica comunità con pari diritti e doveri, dove i legittimi interessi vengono contemperati nei processi democratici. È l’Europa in cui la guida dell’economia è stata sottratta ai governi legittimamente eletti e lasciata in mano ad organismi sovranazionali come la Bce e il Mes, privi di controllo democratico e al di fuori della giurisdizione del Parlamento Europeo. Prima di pensare a un esercito unico occorre pensare a una riforma complessiva delle istituzioni europee, che coniughi la democrazia con la necessaria rapidità decisionale. Non è pensabile che l’uso della forza risieda in capo a un Alto Comando Europeo con le stesse autonomie di Bce e Mes.
Mi spiace ricordarlo sempre ma la Grecia è un punto di snodo non risolto per la democrazia e la fiducia nel reciproco rispetto tra i popoli. Quando al governo salì una forza politica come Syriza, che aveva nel proprio programma l’uscita dalla Nato e una visione non omogenea in economia al liberismo dominante, non c’è stata un’invasione con i carri armati ma l’effetto distruttivo delle misure imposte è stato devastante ed è stato un chiaro messaggio non solo alla Grecia, costretta a piegare la testa con qualcosa di peggiore a pesanti sanzioni economiche.
Spero tutto finisca presto, ma poi dobbiamo chiarirci e fare i conti con la nostra coscienza di europei. Bene accogliere gli ucraini, ma perché abbiamo girato il capo dall’altro lato per la Grecia e respingiamo chi fugge da altre guerre non meno devastanti in Africa o in Medio Oriente?