In principio c’era la teoria di Carlo Marx, secondo la quale la società è il terreno di scontro tra le classi sociali, portatrici di interessi contrapposti. La classe di Marx non è soltanto una categoria economica e lavorativa: i suoi membri devono condividere l’ideologia di classe e la solidarietà di classe. Marx credeva di aver individuato le cause del pensiero nelle condizioni materiali dell’esistenza; ovvero il proletario pensa come un proletario, il padrone come un padrone: “Il modo di produzione della vita materiale condiziona, in generale, il processo sociale, politico e spirituale della vita. Non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza.” L’obiettivo della rivoluzione marxista era la società di un’unica classe, nella quale la popolazione era completamente solidale e condivideva un’unica ideologia, superando così anche la necessità del confronto democratico. Lo strumento per cancellare la classe dei padroni era la nazionalizzazione di ogni impresa e industria, che trasformava ogni cittadino in un dipendente dello stato.
La parabola ideologica che allontanò il Pci dal marxismo ortodosso cominciò con Antonio Gramsci. Gramsci vide svolgersi la tragedia della Prima guerra mondiale e capì che contraddiceva la teoria di Marx. Infatti il proletariato delle singole nazioni, invece di fare causa comune contro le classi dominanti, ne accettava l’ideologia guerrafondaia e andava a farsi massacrare nelle trincee, massacrando al contempo il proletariato delle altre nazioni. Del resto, allora come oggi, l’atteggiamento dei più nei confronti dei migranti mostrava che la solidarietà del proletariato internazionale non esiste.
Il “consenso dei governati” e le fratture interne alla classe costituivano una disfatta logica del marxismo; per salvare la teoria, Gramsci formulò l’ipotesi che l’ideologia spontanea, di classe, del proletariato rimanga inespressa e non formalizzata per l’assenza nella classe degli intellettuali. In mancanza di una ideologia formale, il proletariato non può che adottare quella elaborata dagli intellettuali della classe dominante, egemone, anche se è contraria alla sua ideologia spontanea: “un gruppo sociale, che ha una sua propria concezione del mondo, sia pure embrionale, … ha per ragioni di sottomissione e subordinazione intellettuale preso una concezione non sua a prestito da un altro gruppo”. Il compito lasciato da Gramsci al Pci fu quello di rendere formale ed esplicita l’ideologia spontanea del proletariato: la lotta di classe si spostava dal terreno materiale a quello ideologico.
Gli allievi spirituali di Gramsci cercarono l’ideologia spontanea del proletariato: Silone, Calvino, Pasolini (insieme a molti altri grandi intellettuali, meno fortemente legati al Pci), con modalità diverse costruirono un neo-verismo che doveva formare la base dell’istituenda ideologia formale di classe. Tutti fallirono. Il caso di Italo Calvino è emblematico: Calvino raccolse le fiabe popolari italiane e anziché trovarvi la solidarietà di classe vi trovò l’ambizione a passare dalla categoria del proletariato a quella della nobiltà: tante Cenerentole e Cenerentoli. Del resto, lo stesso popolo comunista alle feste dell’Unità cantava Contessa, la canzone di Paolo Pietrangeli nella quale due nobili si scandalizzano dell’operaio che vuole il figlio dottore. L’ambizione che Pietrangeli attribuisce all’operaio è piccolo-borghese, non comunista: l’operaio non vuole la promozione sociale ed economica della sua classe, vuole che il figlio passi alla classe sociale superiore. Anche l’operaio di Pietrangeli è un Cenerentolo, per l’interposta persona del figlio. Silone fu lapidario: “lo stesso modo di vivere non determina più, nell’organizzazione operaia, un identico o affine modo di pensare. La coscienza di classe non è più un prodotto naturale della classe”.
Come Calvino e Silone, Pasolini, di cui ricorre il centenario della nascita, vide il fallimento dell’ipotesi marxista, anche nella sua versione gramsciana, e descrisse il problema con parole molto forti: “A me per esempio è successo di vedere la più simpatica gioventù d’Italia trasformarsi nella più odiosa. … Mi riferisco alla gioventù romana proletaria e sottoproletaria.” Il proletariato inurbato in mezzo al quale Pasolini reclutava gli attori dei suoi film, che inizialmente “viveva unicamente la propria cultura arcaica” in certa misura cedeva alle lusinghe del consumismo e virava ideologicamente verso la borghesia, se non addirittura verso il neo-fascismo, anziché verso il Pci. Pasolini incolpava la Dc di aver usato la televisione e la scuola per promuovere il suo modello di società borghese e consumistica, ma si rendeva conto che questo non assolveva il proletariato dalla colpa di essersi fatto irretire: “Se coloro che allora erano così e così, hanno potuto diventare ora così e così, vuol dire che lo erano già potenzialmente …”. A parte incolpare la Dc, Pasolini non poté elaborare un rimedio logico, perché l’ipotesi gramsciana dalla quale partiva era già il rimedio logico dell’errore di Marx. Come il marxismo aveva fallito sulla descrizione dello scontro materiale tra le classi, così il gramscismo falliva su quella dello scontro ideologico; altro terreno sul quale spostare lo scontro tra le classi non c’era.
Il Pci non fu in grado di utilizzare la lezione di questi grandi intellettuali e preferì espellerli o accettarne le dimissioni. Fu un grandissimo errore, che chiuse una stagione ideologicamente feconda. Il cambiamento di paradigma avvenne lo stesso, con l’abbandono del Pcus, ma in assenza di elaborazione teorica e soprattutto in sordina e nell’ambiguità, lasciando che i militanti credessero quello che volevano. Invece Pasolini, Calvino e Silone avevano indicato una strada, anche se non l’avevano percorsa: se le condizioni materiali dell’esistenza non determinano l’ideologia, questo non impedisce dfi sviluppare e promuovere una ideologia basata sulla solidarietà, e anzi riabilita il modello democratico, assente nei regimi comunisti classici. La nuova ideologia di sinistra non è più di classe, è di chi la adotta, e prevede la solidarietà, realizzata attraverso un’imposizione fiscale fortemente progressiva, ma non si spinge a chiedere l’abolizione delle categorie sociali. I conflitti sociali non contrappongono classi ma gruppi eterogenei per composizione lavorativa e capacità economica, uniti più da ragioni psicologiche e razionali che lavorative o di reddito: operai della stessa fabbrica possono militare in partiti opposti (fino a votare Bossi e Berlusconi). Intellettuali cercansi.
Le citazioni di Pasolini sono tratte dalla raccolta di articoli pubblicata da Einaudi col titolo Lettere Luterane; quella di Marx dalla Prefazione a Per la Critica dell’Economia Politica; quella di Gramsci dall’XI Quaderno del Carcere; quella di Silone dalla raccolta Uscita di Sicurezza.